S’infiamma nuovamente la decennale battaglia per Venezia che vede schierati su fronti contrapposti chi vuole preservare la laguna impedendo un certo tipo di traffico marittimo e chi vuole perpetuare la centenaria marineria da sempre connaturata con la Serenissima.
In mezzo il governo gialloverde che, dovendo fare una sintesi delle opposte promesse fatte in campagna elettorale dalla Lega e dai Cinque Stelle, di fatto scontenta tutti.
La confusione regna sovrana. Il comitato No Grandi Navi (comitato civico, associazione di cittadini, partito trasversale?) si sente addirittura tradito dai pentastellati che, dopo le roboanti promesse elettorali, cercando di fare qualche valutazione tecnico amministrativa più pertinente, temporeggiano. E quindi, manifestazione il 30 settembre scorso alle Zattere per manifestare contro “…un turismo diportistico diventato sempre più rapace e invasivo…”.
Qualche settimana dopo, la Federagenti, associazione di categoria delle agenzie marittime Italiane, ha tenuto a Roma, quasi a rimarcare l’aspetto nazionale e non localistico della vicenda, un’assemblea per fare il punto sulla portualità veneziana. Anzi una “non assemblea” come l’ha voluta battezzare provocatoriamente il presidente Gian Enzo Duci, per sottolineare come sia storicamente sbagliato concepire Venezia senza un porto.
Alla non assemblea hanno partecipato anche Confcommercio, Confindustria, Confetra, le due associazioni dell’armamento Assarmatori e Confitarma, Assoporti, ma anche le principali organizzazioni sindacali del trasporto, da Filt Cgil, a Uiltrasporti a Trasportounito. Riteniamo che si sia voluto dare un messaggio forte alla parte pragmatica e settentrionale della compagine di governo (la Lega?) dopo le esternazioni del Ministro dei beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, che sui social ha espresso una opinione di fatto contraria al transito delle grandi navi nella Laguna.
Intervenuto in conference call, il Viceministro alle infrastrutture e ai trasporti, Edoardo Rixi, è stato lapidario: “Venezia è e resta un porto; non è neanche lontanamente concepibile l’ipotesi di chiudere questo porto” e ha tagliato corto anche con le spinte di chi vorrebbe Venezia snaturata della sua funzione storica, ma anche economicamente essenziale.
Due visioni diametralmente opposte che, non trovando la necessaria sintesi (a proposito, ma non è il compito della politica mediare tra le diverse e legittime esigenze?), sono destinate a scontrarsi ancora per molto.
Non è facile trattare del porto di Venezia, la questione si presta a facili dicotomie.
Le posizioni, a leggere gli intenti dei due schieramenti, appaiono entrambe legittime e dotate di buon senso. Degne di un approfondimento obiettivo e scientifico al di sopra delle parti.
L’immaginario collettivo mondiale percepisce giustamente la città lagunare come un unicum storico artistico e ambientale di valore incommensurabile, dove il genio dell’uomo e la bellezza della natura si sono fusi felicemente.
Ma Venezia nasce come porto, deve la sua fortuna e la sua gloria nel mondo al fatto di essere stata la repubblica marinara forse più importante. Vera e propria porta di comunicazione e accesso per l’oriente. Non solo nel passato, ma anche oggi. Come è stato rimarcato nel corso della riunione del 4 dicembre, Venezia “…a livello internazionale, e specialmente da Cina e paesi del Sud Est asiatico, è considerato uno dei porti essenziali della via della seta e quindi per le economie che registrano i maggiori tassi di crescita del mondo … il 25% del Pil metropolitano di Venezia deriva dal porto; il porto è strategicamente determinante per una delle principali economie d’Europa, quella del Nord Est italiano; 18.500 persone lavorano nel porto e di porto; il porto di Venezia cresce del 6%, ma… è l’unico porto che non può dragare i suoi fondali e l’unico porto che con il Mose rischia di non avere accesso al mare…”
Venezia non esiste in natura, è stata edificata dagli uomini, anzi è stata uno dei frutti più grandi dell’opera dell’uomo e da 1.200 anni è un porto in cui solo l’opera dei mercanti ha consentito anche di edificare quei palazzi e quei ponti che ne fanno il gioiello mondiale che tutti sognano di visitare almeno una volta nella vita.
Ridurre la città, sta già avvenendo anzi forse è già avvenuto, ad una Disneyland del turismo planetario, ad una città senza abitanti e senza commerci e produzione, può essere incongruente proprio con la visione di chi si pone sul piano della tutela per così dire “pittoresca”. Una tutela cioè volta a salvaguardare l’immagine pittorica e romantica di un luogo che si è consolidata nel corso dei secoli. La tutela dovrebbe riguardare, se la si vuole coerente, anche quei meccanismi economici e sociali che generano una città. Negare la portualità veneziana significa separare il frutto dalla pianta che lo ha generato. L’Arsenale di Venezia nel Cinquecento era la più grande fabbrica del mondo, i veneziani hanno insegnato al mondo a costruire le navi, ha rimarcato Gian Enzo Duci.
Possibile che una questione così complessa e delicata debba essere trattata come un derby?
Un’approfondita valutazione ambientale, riconoscibile e non ideologica, va assolutamente fatta in merito: agli effetti idrodinamici provocati dal transito delle navi (che al loro passaggio dislocano migliaia di tonnellate d’acqua) su un tessuto urbano antico, fragile e delicato, e sull’ambiente lagunare; all’inquinamento atmosferico causato dal tenore di zolfo del carburante usato in navigazione; all’inquinamento elettromagnetico causato dai radar perennemente accesi; all’aumento del rischio incidenti.
Se vogliamo che Venezia rimanga Venezia, che continui ad essere oltre che una città d’arte anche un porto commerciale vivo e pulsante, dobbiamo svelare le dicotomie apparenti fuori da ogni logica di contrapposizione tipo Guelfi e Ghibellini. Dovremmo cioè ragionare serenamente tutti (Venezia è un patrimonio italiano e dell’umanità) sulla base di dati scientifici condivisi e non su un principio teorico astratto/religioso (navi si/navi no), ma praticamente su quali navi, con quale tecnologia, con quali emissioni, con quale impatto sul moto ondoso, possano passare per Venezia.