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Viganò e l’eresia complottista

Un male sottile che si completa rifiutando la realtà

by Luca Rampazzo
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Sant’Uffizio

 

In un solo mese l’ex Monsignor Viganò è riuscito a farsi scomunicare due volte. Una, latae sententiae (ovvero si è messo fuori da solo dalla Chiesa e la Chiesa ne ha preso atto) dalla Chiesa Cattolica e l’altra, più soft, dalla Fraternità Sacerdotale Pio X (i Lefebvriani). La scomunica più sorprendente è certamente quest’ultima, perché si davano per scontate delle affinità elettive tra il Nunzio ribelle e i difensori della tradizione preconciliare. Tanto più che Viganò stesso aveva motivato il suo rifiuto di difendersi dalle accuse Vaticane con la contrarietà al Concilio Vaticano Secondo e “l’eresia modernista”.

Dichiarano infatti sul loro sito i membri della Fraternità.

C’è però un punto che lo differenzia significativamente dal fondatore della Fraternità San Pio X: mons. Viganò fa nel suo testo una chiara dichiarazione di sedevacantismo. In altre parole, secondo lui, papa Francesco non è papa.

Come lo spiega? A causa di un “difetto di consenso” del cardinale Jorge Bergoglio, al momento dell’accesso al potere supremo: considerando il papato come qualcosa di diverso da ciò che realmente è, l’eletto del 2013 ha accettato l’incarico pontificale senza consentirvi a pieno, e da questo errore è derivata la nullità della sua accettazione. Il suo pontificato sarebbe quindi quello di un figurante.

Né Mons. Lefebvre, né la Fraternità da lui fondata, hanno accettato di avventurarsi su questo terreno.”

Ecco, sotto il velluto curiale c’è lo stiletto della verità. Al di là delle opinioni su Bergoglio e sul suo Pontificato Mons. Viganò ha imboccato una via che non lo ha portato solo lontano dalla Chiesa. Ma pure dai suoi oppositori. Il complottismo è un male sottile, che inizia con istanze magari dure, ma quanto meno comprensibili. Si sviluppa perdendo aderenza alla realtà. E si completa rifiutando la realtà, in nome di un mondo occulto (nel senso di nascosto) di cui, grazie a conoscenze proibite scoperte grazie a profonda ricerca (perlopiù tramite meme online), si è venuti a conoscenza.

Questa cosa, che ci sembra molto contemporanea, ha un nome in realtà antico: gnosticismo. E quello che sta facendo Viganò è costruire una nuova iterazione di questo antico modo di vedere il mondo. Una iterazione che agli occhi dei Lefebvriani, che – qualsiasi cosa si pensi di loro – restano molto attaccati alla dottrina tradizionale, è inaccettabile. Perché la tradizione cattolica è, dall’origine, antignostica.

Cos’è successo, dunque, al compagno di Curia di Mons. Parolin, flagello dei nemici della Chiesa, ora scomunicato? Ha perso la strada e cominciato a identificare la Chiesa con se stesso. È un problema molto umano e dunque molto diffuso. A certi livelli, però, è molto poco tollerato. Con ragione, direi.

Viganò procede per la sua strada, la Chiesa per la propria. La frattura, d’altronde, esisteva già, è stata solo riconosciuta. Per quanto, probabilmente sbagliando, ci sia in chi scrive sempre un fondo di dubbio su come si concili questa giusta difesa della Verità con la Chiesa in uscita, la pastoralità e tutti gli altri frutti sinodali. Viene quasi, ancora una volta errando, da dire che più si è ideologicamente aperti, più si è pragmaticamente dogmatici.

Ma non volendo essere accusati di indietrismo non ci accoderemo a chi critica questo provvedimento. E resteremo silenti osservatori di una Chiesa che cambia.