Foto by Fondazione Umberto Veronesi
Dal 1° gennaio 2025 a Milano non si potrà più fumare all’aperto. Non solo alle fermate degli autobus o nei parchi, che ci sta. Ma neanche passeggiando per strada o seduti al tavolino del bar sul marciapiede dopo un caffè. Solo se ti mantieni ad almeno dieci metri dal prossimo tuo, e non è chiaro chi e come potrà misurare la distanza. Per fortuna (di chi scrive) si salvano le sigarette elettroniche, anche se non si capisce in base a quale valutazione sanitaria. Il tabacco riscaldato… boh.
Per carità, è giusto proteggere i non fumatori dalle molestie dei drogati da nicotina. E’ corretto che in una strada dove la gente si accalca non ci sia uno che ti fuma in faccia. Forse la misura può effettivamente anche avere una valenza di sensibilizzazione. E però…
A New York non si può fumare praticamente da nessuna parte. A Tokyo quasi. In giro per l’Europa vigono molti divieti analoghi, anche sulle spiagge. Un motivo ci sarà pure, la cosa avrà effettivamente un senso se il mondo civile va in quella direzione. E però…
L’Arpa Lombardia sostiene che il fumo causa il 7% delle emissioni di polveri sottili. Come abbiano fatto a stabilirlo con tanta precisione non so, ma se fosse anche solo l’1% sarebbe comunque giusto intervenire. E però…
Però la fermata dell’autobus, il parco giochi, lo stadio sono una cosa. I dehors, tutta un’altra.
Però né New York né Tokyo possono essere prese ad esempio per quanto riguarda la qualità dell’aria.
Però come si interviene concretamente per combattere il restante 93% delle polveri sottili?
Sembra quasi un modo per scaricare la colpa su di noi. Non c’entrano le fabbriche. Non c’entrano i produttori di tabacco. Non c’entra chi ci costringe a vivere accalcati uno sull’altro. Non è colpa loro che ci fanno i soldi, è colpa della povera gente. Come per i rifiuti che non vengono riciclati: non è colpa della mancanza degli impianti ma tua che consumi troppa plastica. Come per i mezzi pubblici che non funzionano: non sono io che non investo ma tu che non paghi il biglietto. Come per le alluvioni: non è un problema di mancata salvaguardia del territorio ma dell’uso che ne fa il singolo. Come per il Covid: non c’entra la medicina territoriale che non c’è ma è colpa di chi non indossa la mascherina.
Allora, forse, la limitazione della libertà personale andrebbe accompagnata da tutta una serie di misure da imporre al sistema produttivo e ai servizi pubblici. Così, forse, la gente sarebbe anche più pronta ad osservare i divieti imposti.
Ma non succederà. E allora? Allora teniamoci distinti e distanti quando fumiamo e stiamo più attenti a come votiamo.