Presentato al Festival del Cinema di Venezia, fuori concorso, “Una storia senza nome” è un film di Roberto Andò che vede fra i suoi protagonisti Micaela Ramazzotti, Alessandro Gassman e Laura Morante.
La storia senza nome di cui si parla è quella scritta da una timida e goffa quarantenne: Valeria Tramonti. Nessuno sa che Valeria (Micaela Ramazzotti), segretaria di un produttore cinematografico, redige, ormai da anni, i soggetti per lo sceneggiatore Pes (Alessandro Gassman), di cui è segretamente innamorata.
Questa volta, però, la trama non è frutto della sua fervida immaginazione ma le è stata suggerita da un anziano sconosciuto incontrato per puro caso al mercato.
Ma siamo sicuri che sia tutto casuale?
Quest’uomo misterioso le chiede di utilizzare il suo irresistibile soggetto, a patto che lei si celi, ancora una volta, dietro l’identità dello sceneggiatore per cui lavora.
Nulla di nuovo, quindi, per Valeria. Ma come fa questo strano signore a fidarsi ciecamente di lei? Chi gli dice che la vulnerabile segretaria non utilizzerà la nuova trama per emergere, finalmente, come autrice? E, soprattutto, qual è il motivo di tanta segretezza?
Ben presto scopriremo che la trama del soggetto è legata al furto della “Natività”, tela di Caravaggio sottratta dalla mafia nel 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo e mai ritrovata. C’è chi dice che l’opera si sarebbe deteriorata proprio durante il furto, qualcun altro sostiene che sarebbe stata sepolta nelle campagne di Palermo, altri credono che sia finita nelle mani di un boss ed usata come scendiletto o addirittura mangiata dai maiali. Alcuni pentiti sostennero che il Caravaggio fosse stato usato come merce di scambio nella trattativa Stato-mafia, ma del quadro, ad oggi, non vi è traccia.
Il piccolo particolare che, ingenuamente, Valeria ha ignorato è che tra i finanziatori del film c’è un affiliato a cosa nostra.
La commedia è a tratti buffa e di dichiarato gusto retrò ed i colpi di scena rivelano personaggi dalla doppia faccia e leggere pennellate in stile felliniano.
Durante la piacevole visione della pellicola, si percepisce leggerezza, nonostante si tratti di un misterioso giallo accattivante, che tiene con il fiato sospeso fino ai titoli di coda. L’attenzione del pubblico viene, a tratti, messa alla prova da un costante flusso di dati e da una nutrita presenza di personaggi secondari coinvolti direttamente o indirettamente nel furto. L’evoluzione del personaggio affidato a Micaela Ramazzotti sostiene, però, il film grazie alla capacità della protagonista di lasciarsi alle spalle un ruolo inizialmente stereotipato, facendo emergere un fascino e un carisma che in passato non sempre sono stati usati a dovere dai registi con cui l’attrice ha lavorato.
Andò sfrutta bene la bravura degli interpreti riuscendo a divertire lo spettatore, con la giusta dose di citazioni tratte dal mondo del cinema e permettendo proprio alle star di ironizzare sul proprio settore professionale in modo leggero e sarcastico.
Una storia senza nome è un film degno di nota, irresistibile e senz’altro da vedere.
di Carla Lauro