È una domenica piena di interrogativi ed incertezze. La crisi ucraina sta in un crinale sospeso tra la pace e l’allargamento del conflitto. L’offensiva russa non ha probabilmente raggiunto gli obiettivi che si era data, vale a dire il crollo repentino della resistenza militare e civile. Nonostante un poderoso dispiegamento di truppe e di bombardamenti, l’Ucraina non è stata piegata dall’esercito russo.
E allora due fatti emergono oggi nella loro piena contraddittorietà: da un lato si svolgeranno domani colloqui tra le delegazioni dei due Paesi in conflitto, mentre dall’altro Vladimir Putin ha dato l’ordine, in diretta televisiva, di mettere in stato di massima allerta le forze di deterrenza, anche nucleare.
Queste evoluzioni vanno messe in correlazione con le reazioni che sono state messe in campo dai Paesi della Unione Europea: i cieli di tutta Europa sono stati chiusi ai velivoli russi, mentre Francia, Italia e Germania hanno dichiarato che forniranno armi all’esercito ucraino.
Ursula von der Leyen ha inoltre dichiarato che queste forniture di armamenti saranno finanziate con risorse comunitarie: si tratta di una novità assoluta per l’Unione Europea, ed è un primo passo verso la costituzione di un meccanismo comune di difesa europea.
Siamo così sospesi tra una possibile trattativa di pace ed una recrudescenza del conflitto. Zelenski ha dichiarato che non crede molto nella serietà di questa negoziazione, ma ha dichiarato che la delegazione ucraina tenterà di trattare seriamente, partendo da un punto irrinunciabile, vale a dire l’integrità del territorio nazionale.
Sul fronte interno russo, si moltiplicano intanto le manifestazioni di pace, a Mosca come a Pietroburgo. In migliaia si contano gli arresti, ma non si ferma il fiume in piena di una opinione pubblica russa che non capisce le ragioni di questo conflitto.
In Europa le manifestazioni per la pace raggiungono numeri ed intensità particolarmente rilevanti: a Berlino sono scesi oggi in piazza più di mezzo milione di cittadini.
Intanto, più di 300.000 ucraini hanno trovato rifugio sino ad oggi nei Paesi europei confinanti: in Polonia, Ungheria a Romania. Anche in questo caso la presidente della Commissione Europea ha dichiarato che non mancheranno le risorse finanziarie per sostenere gli Stati europei che accoglieranno i profughi di guerra.
La settimana prossima sarà dunque decisiva per le sorti dell’Ucraina, ma anche per il destino della guerra e della pace in Europa e nel mondo. Servirà non abbassare la guardia nei confronti dell’arroganza di Putin. Solo la forza delle reazioni internazionali potrà convincerlo a sedersi con serietà al tavolo delle trattative.