L’unico, vero, sconfitto del Super Tuesday è Mike Bloomberg. La cometa destinata a distruggere ogni pregiudizio sulla politica americana. Il primo dei quali è che il consenso si possa semplicemente comprare. La sua performance (700 milioni di investimento complessivo per vincere solo nelle Isole Samoa) entrerà nella storia. Non si possono prendere ricette di successo di altri e cucirsele addosso sperando che bastino i soldi a tenere su tutto. Certo, senza soldi non si cantano messe, questo è vero. E lo sanno bene gli altri due sconfitti, i quali però, furbamente, al Super Tuesday non si sono presentati.
Buttigieg, rivelazione nelle singolarmente sfortunate primarie in Iowa (di cui a tutt’oggi sappiamo il risultato solo per approssimazione), è caduto in South Carolina, sulle note di Dixieland. Il Sud, il vecchio Sud. Il pio, nero, Clintoniano Sud gli ha spiegato una verità ineluttabile. I Clinton vincono anche, e soprattutto, quando non corrono. E fanno perdere tutti quelli che si illudono di poterli battere. La sola eccezione è stato Obama. Il Sindaco della Pavia d’America, South Bend, non era l’eccezione giusta. I suoi voti però non sono stati dispersi. Come quelli di Amy Klobuchar. Sono tutti confluiti nello stesso, placido bacino.
Chiamateli mainstream, chiamateli establishment, i democratici di Biden sono quello che il partito è stato dopo Carter. Ricco, bianco, sindacalizzato, amante dei neri finché restano nei loro programmi per poveri, a favore delle pari opportunità in casa d’altri ed amanti dei ruoli tradizionali in casa propria. Gentiluomini del Sud, aperti ai diritti civili e contrari all’intrusione degli Yankee in casa propria. Amanti dell’ambiente, ma anche degli steel workers, i nostri metalmeccanici. Lo zio Joe (Biden) è questa storia qua. Un uomo solido, tutto d’un pezzo.
Niente affatto sofisticato, è la forza tranquilla, per rubare una pagina dal libro di Mitterand, che vuole riportare in America più tasse, più redistribuzione, meno guerre commerciali. Più pace sociale sussidiata. Senza rivoluzioni o grilli per la testa. Confini aperti o semiaperti. Con queste idee si pensava non andasse da nessuna parte, ma Uncle Joe se ne è amabilmente infischiato ed ha assistito al ritiro ed all’endorsement, al sostegno, di tre rivali diretti su tre.
Il super Tuesday lo ha vinto Uncle Joe, ma la California l’ha vinta il vecchio Sanders. Trovandosi, comunque, secondo. La mappa è implacabile. A parte casa sua ed il vicino di orticello, lui è l’Ovest degli Stati Uniti. Gli infiniti generi sessuali. I progressive. I ragazzi con i safe spaces, gli spazi in cui sono vietati argomenti controversi. Gli studenti del college che vogliono l’università statale e gratuita. Idem per la sanità. Il lavoro statale. Un’America che non chiede la benedizione di Dio. Un’America così amica delle minoranze da essere essa stessa minoritaria. Così, il Vecchio Sanders, che era in testa, ora si trova secondo.
Siamo di nuovo al 2016. Sanders, all’assalto dell’establishment del partito, che perde perché ha spaventato tutti. Dopotutto Bernie non è un democratico, non si è mai iscritto al partito. È un socialista. Sanders che vince nei Campus. Sanders che perde in tutto il Sud e vince tra i Latinos. E, in ultima analisi, perde. E se ne va portandosi via il pallone. Facendo vincere Trump, negando i suoi voti prima a Hillary ed ora ad Uncle Joe. No, le primarie non sono finite qui. Ma il succo sembra questo.
Il problema di Sanders è il suo obiettivo: la riscrittura degli Stati Uniti, a partire dal loro DNA. E, colpo peggiore, non ha ancora ottenuto il ritiro di Elizabeth Warren, Pocahontas per gli amici di Trump. Lei è terza e sta bene dove sta. Questo lo mette dietro di più di un centinaio di delegati. No, Bernie non ha avuto un bel martedì sera. Ma è andato sempre meglio di Mini Mike Bloomberg, lui non ha buttato montagne di soldi per vincere nelle Samoa.
Insomma, i Bernie Bros hanno perso. Uncle Joe ha vinto. E con lui ha trionfato l’apparato del partito, che ha strangolato economicamente Buttigieg (dopo la South Carolina ha finito i soldi) e Amy Klobuchar (idem). Sarà di nuovo Hillary contro Trump, con un nuovo interprete Dem e tutti i vecchi problemi dello scontro, già visti. Ma va bene così alla base Dem. Dopotutto, il 2016 non lo hanno mai davvero metabolizzato e vogliono la rivincita. E la rivincita si fa solo ad una condizione: che il campo sia lo stesso.