Luciano Canfora, nel suo ultimo libro “La democrazia dei Signori”, mette in evidenza che l’istituto della Presidenza della Repubblica è diventato il grimaldello per costruire l’eccezionalismo italiano, maturato nelle esperienze dei governi di Ciampi, Monti e Draghi. I Governi del Presidente hanno costituito la formula flessibile che ha consentito all’Italia di affrontare crisi drammatiche attraverso il formale rispetto degli equilibri costituzionali, in un contesto di eccezionalità che oggettivamente spostava l’asse dal Parlamento al Governo attraverso la garanzia assicurata dal ruolo del Capo dello Stato.
Come nella Prima Repubblica il fattore K consentiva di assicurare coesione nazionale pur escludendo dal governo nazionale un terzo del consenso popolare espresso dai comunisti, recuperandoli nel governo dei territori, così oggi abbiamo affrontato il fattore C (crisi delle istituzioni) assegnando al Presidente della Repubblica il potere di fare quella sintesi che i partiti non sono più in grado di esprimere nelle fasi difficili della transizione economica e sociale a cavallo tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo.
Tra qualche giorno comincia la votazione per l’elezione del Capo dello Stato. Proprio per le ragioni che abbiamo detto, questo passaggio conterà molto per la nostra storia dei prossimi anni. Proprio i partiti che stanno in grande crisi, e che dovranno ancora ricorrere al Presidente della Repubblica per affrontare i nodi che non sapranno sciogliere, sono chiamati a svolgere un ruolo decisivo in questo passaggio.
E’ una sciarada che presenta molti punti interrogativi. Partiamo però da un punto. Non è un caso che Giorgio Napolitano sia stato rieletto e che molti considerino un secondo mandato per Sergio Mattarella la soluzione migliore. Nella crisi delle forze politiche il Presidente uscente appare essere una garanzia di continuità. Nel terremoto delle incertezze istituzionali la continuità della figura al vertice della Repubblica comincia ad essere percepita come un collante ad alta presa.
Intanto sono già iniziate le danze tra i partiti per cercare di posizionare i candidati sui blocchi di partenza. Storicamente al traguardo non è mai arrivato nessuno dei favoriti nella lista originaria. Si gioca quindi più a pronunziare nomi per bruciarne le potenzialità di successo che non a presentare le reali intenzioni e le candidature davvero considerate vincenti. L’elezione del Presidente della Repubblica ha cambiato segno negli ultimi decenni. Mentre precipitava l’autorevolezza delle altre istituzioni repubblicane, di converso cresceva il consenso della pubblica opinione verso il Capo dello Stato.
Proprio per questa evoluzione, tale passaggio diventa ancor di più delicato. Sta cambiando l’assetto del sistema istituzionale, pur se le istituzioni non sono riuscite a cambiare. C’è un personalismo che vale sempre di più, anche a prescindere dagli equilibri che sono sanciti dalla Costituzione. Proprio perché l’interprete di ogni istituzione diventa rilevante anche più delle caratteristiche che deve incarnare, la scelta del Capo dello Stato assume un valore ancora maggiore perché si tratta di selezionare chi deve incarnare i valori della carta costituzionale.
Da Sandro Pertini in poi è stato esattamente così. L’asticella delle aspettative si è alzata continuamente, sino ad arrivare a Sergio Matterella, che ha registrato nelle ultime settimane continue attestazioni di stima in tutti i settori della società italiana. Ora i grandi elettori si trovano di fronte alla grande responsabilità di non tradire le aspettative dei cittadini. Sarà un passaggio che determinerà la stagione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Il prossimo Presidente sarà il testimone di una ripresa, di uno scatto di orgoglio, o di una decadenza, di un finale declino del nostro Paese. Forse, proprio da questo passaggio, potremo misurare lo stato dell’intelligenza dei partiti. Avremo bisogno anche di una loro rivitalizzazione per rimettere in piedi l’Italia. Ora la parola passa ai Grandi Elettori. Saranno loro tutti gli uomini del Presidente.