L’Unione Europea ha tre anni di tempo. Per consolidare la propria coesione e candidarsi ad un ruolo di co-protagonista nel contesto della globalizzazione, ovvero per tornare alla grigia istituzione burocratica invisa alle sue stesse genti che ben ricordiamo.
Tre anni sono quelli che ci separano dal gennaio ‘25, quando alla Casa Bianca si insedierà il Presidente che risulterà eletto dalle elezioni federali del novembre ‘24. La totalità degli specialisti pronostica un ritorno di Trump alla Casa Bianca, o di qualcuno sulla sua falsariga. Ovviamente mancano tre anni e tutto può ancora cambiare, ma ad oggi le previsioni sono queste. Ricordiamoli allora, sia pure a veloci pennellate, gli anni della presidenza Trump visti dall’Europa.
In spregiudicata sintonia con Putin, gli USA. di Trump agirono con grande determinazione per dividere gli Stati dell’Unione tra di loro e ciascun Paese membro al suo interno. Milioni e milioni di dollari e di rubli furono riversati nelle casse di partiti sovranisti e di movimenti populisti (e nelle tasche personali di singoli leader politici…).
E poi, gli algoritmi propagatori di fake news, con la loro diabolica capacità persuasiva verso tanti strati della società europea; la sistematica delegittimazione dei leader europei ed europeisti, colpiti finanche con insinuazioni da buco della serratura sulla loro vita privata; e fermiamoci qui. E sì, perché il discorso diverrebbe lungo, includendovi il terrorismo islamico, l’enfatizzazione dei flussi migratori, dipinti come una minaccia epocale per l’Occidente, il sostegno ai Paesi di Visegrad, la Brexit e, più in generale, le numerose iniziative geopolitiche antieuropee. Negli anni di Trump solo la Cina – peraltro con strategie analoghe sia pure di segno opposto – pareva avere un qualche interesse a che l’UE restasse in piedi. Già, la Cina, è proprio il caso di ripeterci con Laocoonte: timeo Danaos, et dona ferentes…
L’Unione sembrava tramortita, in balia dei venti, non riusciva a trovare la forza per ritrovarsi e reagire, né poteva farsi forte di un convinto sentimento europeista nella popolazione. Il mondo sembrava andare in una direzione opposta ai suoi valori. Tutti i principali Stati della Terra, dalla Cina alla Russia, dagli USA. al Brasile, dall’India al Regno Unito erano governati a furor di popolo da leader sovranisti.
È arrivata poi la pandemia – a proposito: con essa la Cina c’entra qualcosa di più che per la mera circostanza che il virus sia stato rilevato per la prima volta a Wuhan? – e Trump, Bolsonaro e Boris Johnson l’hanno presa sottogamba. La gente non si è sentita più protetta dai leader populisti e dal loro tragico, sgangherato antiscientismo. Medici, epidemiologi, politici ‘responsabili’ sono tornati in auge nel cuore dei popoli, con l’esclusione di isteriche minoranze infuriate verso Dio, il tempo e il malgoverno, che non mancano mai.
La pandemia, dunque, ha deviato il corso della storia. Bisognerà ora vedere se, superato il contagio, la vicenda geopolitica riprenderà la strada pre-pandemica, col ritorno dei sovranismi e dei populismi, ovvero se il cambiamento sarà duraturo. Ad ottobre prossimo si voterà in Brasile ed a fine anno in Gran Bretagna, staremo a vedere. Intanto un anno fa l’elettorato statunitense ha rimosso Donald Trump dalla Casa Bianca. Anche le recenti vistose affermazioni dei leader socialisti in Cile e Portogallo confermano il rinnovato bisogno di Welfare, di competenza e di sicurezza.
Dunque, e per ora, populismo e sovranismi sono andati in crisi.
Per antitesi l’UE è letteralmente resuscitata. Sotto la guida dei triumviri Ursula von der Leyen, Charles Michel ed il compianto David Sassoli, l’Unione ha deliberato investimenti stratosferici, finalizzati a fronteggiare il virus e non solo. La pandemia è stata per essa l’occasione per mettere in campo il più rilevante piano di rilancio delle proprie politiche economiche, finanziarie e sociali della sua storia. Una provvidenziale trasfusione di sangue nel suo vecchio, inebetito corpo stremato.
Per parte sua, la presidenza USA. di Joe Biden, pur con le sue incertezze, ha impresso una svolta alla politica estera del colosso d’Oltre Atlantico. Gli USA oggi sembrano interessati ad un’Europa coesa ed autonoma, che sia in grado di contenere la Russia di Putin e le inquietudini del mondo arabo, e che abbia la forza per sottrarsi alle lusinghe cinesi.
In breve, ancora per tre anni, l’UE potrà godere di una relativa tranquillità.
Saranno anni cruciali, durante i quali l’UE avrà un solo, tassativo imperativo: consolidare strutturalmente la propria coesione e mettersi al riparo dalle fluttuazioni dell’elettorato statunitense. L’impetuoso fuoco populista che nel ‘17 ha portato Trump alla Presidenza non si è infatti spento. Tutt’altro, cova sotto la cenere. E non può mica arrivare sempre una pandemia a salvare l’Unione. Né c’è da augurarselo naturalmente.
L’Europa approfitti dunque di questi tre anni per blindare la propria coesione sociopolitica interna e per darsi una politica estera e militare comune. Sperando che ce la faccia!