I capi di gabinetto e del legislativo, i loro articolati uffici, gli staff ed i team di diretta collaborazione con i vertici politici oggi costituiscono – nei ministeri come nelle amministrazioni più importanti- delle vere e proprie strutture di “stato maggiore”, dotate di notevole rilievo sostanziale, che rappresentano robuste intercapedini tra i livelli politici e quelli amministrativo-burocratici. Gli uffici di gabinetto si pongono come essenziali cinghie di trasmissione tra la funzione di governo e quella di esecuzione amministrativa, assumendo la originale natura di una sorta di “terzo genere” bifronte, apparati alquanto indefinibili sospesi tra politica ed amministrazione.
La storia delle strutture di gabinetto nell’alta amministrazione italiana si articola in una serie di tappe puntiformi e non è stata finora adeguatamente esplorata dalla ricerca storiografica, salvo pregevoli eccezioni. Una prima evoluzione significativa, dopo il passaggio della direzione del governo dalla Destra alla Sinistra storica nel 1876, si registrò quando il presidente del Consiglio Francesco Crispi abolì nel 1888 la figura allora preminente dei segretari generali dei ministeri, derivante dall’ordinamento cavouriano e destinata a riemergere all’attualità negli abituali corsi e ricorsi storici dell’amministrazione italiana. Essi furono sostituiti dal ruolo politico dei sottosegretari, cui si aggiunsero – con una lenta e progressiva espansione di compiti – i segretari particolari dei ministri, collocati nei “gabinetti”, e cioè i camerini o piccole camere attigue alla stanza del ministro, da cui deriva la denominazione convenzionale di gabinettisti attribuita ai loro dirigenti.
Dalla riforma crispina iniziò lentamente a configurarsi nei ministeri la figura dei capi di gabinetto con crescente rilievo, sia pure esordendo con compiti e personale limitatissimi.
Sul piano lessicale il termine “gabinetto” (dal francese cabinet, diminutivo di cabine) – con cui nella vulgata si intende un locale igienico – è una stanza o salottino destinata al lavoro ed a colloqui discrezionali e riservati, nella residenza di alte personalità, ed anticamente indicava il consiglio privato del sovrano (gabinetto del principe), composto dai ministri della Real Casa. Oggi il sostantivo indica nel significato prevalente l’ufficio dei collaboratori di un ministro o, in senso più ampio e generale, la compagine ministeriale nel suo insieme, cioè il governo, oltre ad usi secondari e settoriali dello stesso termine (ad esempio gabinetto radiologico, fotografico, gabinetto fisico, di lettura, ecc.).
In origine i Capi gabinetto erano assistenti e collaboratori dei ministri – alla stregua di segretari particolari – di non alto livello, alla testa di piccole strutture con un manipolo di persone alle loro dipendenze, di provenienza interna alla stessa amministrazione, che hanno tuttavia conosciuto nel tempo un processo di lenta ma costante crescita sino alla ipertrofica configurazione attuale.
Già dieci anni dopo la riforma di Crispi, nel 1898, il giurista Cesare Rosmini scriveva: “I gabinetti poi si sono moltiplicati in una serie di camere e cameroni ed il segretario particolare ha preso il titolo di capo di gabinetto”, forse transitando per la denominazione intermedia di “segretario di gabinetto”, con una dozzina di addetti alle sue dirette dipendenze (Anonimo, a cura di Salvaggiulo, “Io sono il potere. Confessioni di un capo di gabinetto”, Milano, 2020).
All’inizio quindi i Gabinetti ministeriali erano uffici di ridotte dimensioni, costituiti da poche unità di personale interno con qualifica non elevata, con il compito di assistere e coadiuvare il Ministro nelle pratiche minute, curandone la corrispondenza, tenendo l’agenda degli impegni e degli appuntamenti, organizzando la rassegna stampa, raccogliendo le circolari e le relazioni al Parlamento, assistendolo nella cura dei rapporti con il collegio elettorale.
Nel corso dei decenni, dall’età giolittiana al fascismo – ma soprattutto dal secondo dopoguerra in poi- gli uffici di staff si sono notevolmente strutturati ed incrementati di organico, fino a raggiungere nei ministeri più importanti la consistenza di alcune centinaia di unità, con personale di grado sempre più elevato, anche di provenienza esterna, fino ad occupare interi piani dell’edificio ministeriale. Ma, soprattutto, i Gabinetti ministeriali nel corso del tempo sono fortemente cresciuti di peso ed autorevolezza, spesso diretti da consiglieri di Stato o figure di rango equivalente (avvocati dello Stato, consiglieri della Corte dei Conti, prefetti, ecc.) – che ne sono diventati via via la componente più importante – affiancati da uffici legislativi, anch’essi ampliati nella struttura e con la stessa tipologia di composizione, che operano talvolta con il supporto di consiglieri giuridici di provenienza esterna.
(continua)