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The Happy Prince. L’ultimo ritratto di Oscar Wilde

by Carla Lauro
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Regia di Rupert Everett con Rupert Everett, Colin Firth, Colin Morgan, Edwin Thomas, Emily Watson, Tom Wilkinson

Nella stanza di una modesta pensione di Parigi, minato nella salute e nell’animo, Oscar Wilde trascorre gli ultimi giorni della sua vita ricordando episodi del suo travagliato passato.

Dopo un periodo di grandi successi letterari e teatrali, processato per la sua esplicita omosessualità e condannato a due anni di lavori forzati, egli ritorna alla sua vita di sempre ripensando con malinconia alle passioni che l’hanno travolto e con tenerezza al suo incessante bisogno di amare incondizionatamente.

“Io devo amare ed essere amato, qualsiasi sia il prezzo da pagare” dirà ad un certo punto del film citando sé stesso, ed è proprio quello che ha sempre fatto, noncurante delle conseguenze di un amore tanto difficile da vivere alla luce del sole in una società pronta a idolatrarlo e a metterlo poi alla gogna senza alcuna remora.

The Happy Prince non si limita alla semplice esaltazione del genio letterario di Wilde “poeta del romantico e maestro della tragedia”, ma cerca di scavare ben oltre la figura comunemente acclamata ed universalmente conosciuta, facendo apprezzare ed approfondire l’animo di un uomo vero, povero ed indebolito, i cui sentimenti ed il cui amor proprio sono stati totalmente calpestati ma che non smetterà mai di vivere le sue emozioni nella totale libertà.

Egli non è un martire, infatti la pena se l’è in qualche modo consapevolmente autoinflitta “Io sono il mio Giuda” dirà, avrebbe potuto evitare l’inferno che ha vissuto ma è sempre voluto andare oltre le ipocrisie, vivendo appieno ed intensamente gli amori travolgenti della sua vita.

Dopo un fallimentare tentativo di ricostruire il rapporto con sua moglie e con i suoi figli, dai quali è stato allontanato per la sua trasgressiva condotta, torna ad unirsi al giovane Lord Douglas, soprannominato “Bosie” e precipita sempre più nel disastro totale, dopo un catartico viaggio nell’amata Napoli, splendida cornice di un amore ritrovato ma, nello stesso tempo, di un’amara consapevolezza di sconfitta.

Rupert Everett, regista, autore ed interprete del suo amato Oscar Wilde, fa respirare allo spettatore un clima asfissiante e torbido, concentrandosi sugli anni più cupi e meno prolifici della sua vita attraverso uno stile narrativo raffinato ma quasi claustrofobico, prediligendo spazi chiusi e angusti e adottando tagli di ripresa molto stretti.

La splendida fotografia di John Conroy, molto vicina allo stile di Visconti, disegna un ritratto inedito del lato più intimo di un genio che visse e morì per amore, un personaggio complesso e drammatico ma spesso ricco di sfumature ironiche ed autoironiche.

The Happy Prince, lo si capisce fin da subito, è un titolo paradossale, in contrasto col contenuto dell’opera. Il Principe Felice è, infatti, la fiaba che egli narrerà in diversi momenti del racconto, quella della statua di un principe felice che progressivamente decide di spogliarsi dei suoi orpelli per salvare dalla miseria i poveri del paese. La statua, ormai composta di solo piombo, verrà abbattuta insieme alla rondine che aveva distribuito la sua ricchezza a chi ne avesse bisogno.

Infondo egli è un po’ come quella statua. Spogliato di tutti i suoi averi, ridotto alla miseria eppure dall’animo generoso e colmo d’amore.

di Carla Lauro