Sul terzo mandato si stanno molto giocando partite interne ai partiti e tra gli stessi, sia di maggioranza che di opposizione. E in entrambi gli schieramenti il terzo mandato è legato ai nomi dei Presidenti di Regione in carica che concludono il secondo (e anche il terzo) mandato. Sembra una partita tutta interna e trasversale ai partiti. È così? Schermaglie che nei partiti fluidi di oggi assumono la dimensione di grandi problemi?
Schermaglie giunte tra l’altro sul tavolo del governo che ha rimesso alla Corte Costituzionale il parere sulla legge regionale campana, che ha recepito quella nazionale per il terzo mandato del Presidente De Luca. Occorre ricordare che il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, è già al suo terzo mandato e si appresta al quarto, e nulla finora era stato opposto da chiunque. Di recente sull’argomento sono intervenuti il Sindaco di Milano Sala e quello di Napoli, Manfredi (anche Presidente dell’ANCI, quindi le sue parole hanno un peso specifico significativo), aprendo alla suggestione di più mandati oltre il secondo, anche per i Sindaci.
È evidente che le schermaglie locali si intrecciano ad un più generale tema dello stato della democrazia, e non solo in Italia. Tra l’altro anche in Europa occidentale si manifesta una crescita di movimenti e partiti di orientamento autoritario e pericolosi per i sistemi democratici. Non è così semplice.
Nel recente convegno di Milano di “Comunità Democratica”, Francesco Russo ha citato un sondaggio italiano dal quale si evince che il 20% degli intervistati ha espresso maggior gradimento per regimi totalitari nel nostro paese. Un dato certamente inquietante.
Qualche tempo addietro una trasmissione televisiva di approfondimento su Rai 3 ha approcciato il tema dello stato della democrazia nell’Europa dei 27 e ne è venuto fuori un quadro a dir poco allarmante sulla direzione di marcia di paesi importanti dell’Unione. In particolare a rischio sembrano le democrazie dell’Est in cui serpeggiano autoritarismo, sovranismo, fascismo e persino rigurgiti di nazismo. Le tendenze che si manifestano nei paesi dell’Ovest europeo non sono tali da allarmare, ma sembrano orientarsi, come sta avvenendo in Italia con la questione terzo mandato (e del premierato), su modelli istituzionali che puntano sull’uomo forte al potere, dilatando i tempi di permanenza al comando e comprimendo il peso delle rappresentanze elettive, delle Assemblee, dello stesso elettorato.
In questo contesto io credo bisognerebbe inquadrare la storia tutta italiana del terzo mandato; e domandarsi dove va la nostra democrazia e in che rapporto si pone la democrazia rappresentativa con le spinte all’accentramento del potere in poche mani e per periodi sempre più lunghi.
C’è chi sostiene che sulla durata dei vertici istituzionali è bene che si pronunci direttamente il corpo elettorale, senza vincoli legislativi, e questo significherebbe implementare l’ispirazione democratica delle democrazie occidentali. È ben noto che i nostri modelli sono stati costruiti dai padri costituenti con regole e anticorpi che limitassero le possibilità di derive autoritarie e del costituirsi di potentati autoreferenziali. In Italia il limite di mandato in tutti questi anni ha significato anche questo: evitare il consolidarsi di intrecci di interessi escludenti i meccanismi di controllo e di ricambio. Tra i partiti e nei partiti più che giocare la partita dei personalismi sarebbe necessario aprire un grande dibattito su democrazia, rappresentatività, governo dei territori, e tutela dei valori che hanno fatto dei Paesi europei un modello unico di partecipazione e governabilità. E ancor più oggi, in particolare sul piano internazionale, occorre mantenere salda la barra della democrazia di rappresentanza in tutti i livelli in cui si articola lo Stato nazionale, proprio perché i segnali di un potere dispotico antidemocratico e pericoloso si stanno manifestando con evidenza e preoccupazione.
Fermenti antidemocratici si manifestano dentro e fuori l’Unione europea e altrettanto avviene negli stati extraeuropei, dove figure già bocciate dalla storia (si pensi a Trump negli Stati Uniti e a Putin nell’Unione sovietica) tornano alla ribalta. Il terzo mandato non mi pare una banalità legata alle diatribe locali e personali dei nostri partiti e di loro esponenti, ma andrebbe letta, la vicenda, in questo più ampio panorama di incertezza sui destini democratici dei nostri paesi. Il ricambio nelle leve di comando e il ricorso a sistemi elettorali plebiscitari (il premierato) sono elementi non marginali che raccontano dello stato di usura della nostra democrazia e degli strumenti per salvaguardarla.
Superata la contingenza, con l’aiuto della cultura istituzionale nazionale, un’attenta riflessione è necessaria per individuare gli anticorpi ad un lento scivolare verso forme di governo che poi comprimono il valore della rappresentanza e per recuperarne pienamente lo spirito costituzionale. Si è sempre sostenuto che la nostra Costituzione è la più bella e la più organica ad una democrazia sostanziale. Attenti a non svuotarla e a preservarne il grande valore che ha consentito all’Italia 80 anni di spirito di libertà e di civile convivenza, anche nei momenti più bui della nostra storia postbellica.