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Sorprese e conferme delle elezioni romane

by Alessandro Bianchi
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Dall’esito delle recenti elezioni amministrative a Roma emergono alcune sorprese, una conferma e una novità interessante, per cui anche se non sono ancora disponibili studi dettagliati sui flussi elettorali credo sia possibile fare alcune prime considerazioni in merito a questi diversi aspetti.

Per quanto riguarda le sorprese la prima è stata il calo dei votanti, certo non del tutto inatteso ma che ha assunto una dimensione impressionante: una percentuale pari al 48,54% – 8,67 punti in meno delle elezioni del 2016 – significa che 1.145.268 cittadini romani (206.759 più del 2016) hanno deciso di non andare a votare.

E’ inevitabile chiedersi a che cosa è dovuto questo fenomeno che se nulla toglie alla legittimità del Sindaco eletto, certamente ne sminuisce la caratura.

Azzardo una risposta che va oltre quella più diffusa, vale a dire il giudizio negativo nei confronti dei partiti e del loro modo di gestire la cosa pubblica, perché credo si tratti di qualcosa di più. Sembra esserci un distacco dall’utilità stessa del voto inteso come meccanismo tramite cui delegare ad una Istituzione il compito di soddisfare le aspettative economiche, sociali, culturali e via dicendo di chi vota. Una possibile ipotesi è che queste aspettative vengono affidate ad altre istanze – associazioni, sindacati, ordini professionali, lobby, singole persone – che sembrano rispondere meglio delle Istituzioni preposte, in questo caso il Comune di Roma.

Se questa ipotesi fosse vera, la perdita di credibilità sarebbe non solo dei partiti ma dell’Istituzione, il che è certamente cosa assai più grave.

La seconda sorpresa riguarda la consistente perdita di consensi da parte del M5S che nel primo turno delle elezioni del 2016 aveva ottenuto 420.435 voti (rispetto ai 461.190 della Raggi) mentre nel 2021 è sceso a 111.624 (rispetto ai 211.816 della Raggi), vale a dire una perdita di 308.811 voti imputabile solo in misura ridotta alla presenza di liste civiche, che complessivamente hanno raccolto 67.914 voti.

Ancora più impressionante è il risultato nei Municipi, dove il M5S ha perso tutti i 13 in cui aveva la maggioranza e il Presidente, sicché oggi la situazione è che il PD ha la maggioranza in 14 dei 15 Municipi, mentre uno è andato alla destra.

Un simile esito stravolge il quadro del governo cittadino anche al di là del cambiamento del Sindaco, perché configura la completa esclusione dall’azione di governo di una forza politica che fino a ieri ne aveva il monopolio.

Per questo aspetto credo che la causa vada ricercata al di là del generale calo di consenso politico del M5S, perché riguarda il modo in cui è stata governata la città nelle sue diramazioni locali quali sono i Municipi, che a Roma hanno una dimensione demografica che va da 130.000 a 300.00 abitanti, vale a dire vere e proprie città.

La terza sorpresa riguarda il voto nelle zone periferiche – San Basilio, Tor Bella Monaca e Ostia in particolare – dove l’Amministrazione Raggi aveva lavorato con maggiore intensità per cui si prevedevano consensi molto alti. E’ avvenuto esattamente il contrario sia per la coalizione che per il M5S, con un calo di voti di tale consistenza da costituire una delle principali cause della sconfitta elettorale.

Da notare che a Tor Bella Monaca, l’unico Municipio in cui è andato al ballottaggio, il M5S ha perso con la destra.

In questo caso la riflessione va fatta per valutare se gli interventi eseguiti sono stati adeguati alle aspettative di miglioramento della qualità della vita degli abitanti, che in quelle zone è particolarmente bassa, perché l’esito elettorale sembra dire il contrario.

La conferma riguarda il fatto che a Roma la destra ha sempre la maggioranza relativa – una maggioranza che può oscillare tra il 35-40% a seconda dei candidati – ma ai ballottaggi non riesce ad andare oltre. Non lo avrebbe fatto neppure con un candidato molto più forte come poteva essere la Meloni, perché se le forze di centro-sinistra si coalizzano sono comunque maggioranza e non è improbabile che se fossero andate unite avrebbero vinto già al primo turno.

Dunque Roma è una città in cui prevalgono i valori e le politiche di centro-sinistra, ma con una consistente presenza di una destra che, peraltro, mostra caratteri accentuatamente regressivi.

Allora la considerazione che mi sento di fare è che il nuovo Sindaco e la sua maggioranza dovrebbero governare non solo rispondendo ai ceti medio-alti che li hanno votati, ma prestando grande attenzione a quelle fasce di cittadini che vivono in prevalenza nelle zone periferiche, hanno esigenze e aspettative del tutto diverse e hanno votato quella destra.

Infine la novità positiva, rappresentata dal fatto che alle elezioni si sono presentate due liste di ispirazione ecologista – “Sinistra Civica Ecologista” nella coalizione di Gualtieri e “Roma Ecologista” in quella della Raggi – il che da la misura dell’attenzione per quelli che nei prossimi anni saranno tra i problemi centrali da affrontare nelle grandi città: gli effetti dei cambiamenti climatici, la riconversione energetica, l’abbattimento dell’inquinamento.

RomaEcologista” – la lista che ho avuto il privilegio di guidare – ha ottenuto un ottimo risultato con 10.000 voti pari a 1,02%, ma la coalizione della Raggi nella quale si è presentata non è andata altrettanto bene per cui non ha ottenuto un consigliere. Ma il progetto ecodigitale su cui si è fondata resta saldamente presente sia a Roma, anche in virtù dell’intesa di collaborazione con “Sinistra Civica Ecologista”, sia in un più ampio orizzonte nazionale con l’obiettivo di rendere sempre più pervasiva la visione di un Green New Deal Globale proposta da Jeremy Rifkin, che va trasferita in tempi brevi – dell’ordine di 5-10 anni – in scelte politiche e in azioni di governo.

La conclusione che sull’intera vicenda posso trarre dalla mia personale esperienza è che l’Amministrazione guidata dalla Raggi ha ben operato sul terreno della legalità e della trasparenza negli appalti, nell’opera di risanamento dei bilanci e nella messa in cantiere di molti interventi sulla città costruita, i cui effetti si vedranno nei mesi a venire.

Il motivo per cui questo lavoro non si è tradotto in consenso credo vada attribuito certamente a carenze che ci sono state nella gestione di alcuni problemi cruciali – una per tutte non essere venuti a capo della questione rifiuti – ma anche al contrasto frontale posto in essere nei confronti della Raggi da una imponente macchina mediatica che spesso ha anche sconfinato dal terreno delle valutazioni politiche.

E su questo punto ritengo sia quanto mai opportuno fare una seria riflessione anche nel prosieguo.