Con l’approvazione (472 voti a favore 126 contrari e 83 astenuti) da parte del Parlamento europeo della risoluzione sul diritto alla disconnessione, si è aperto all’intervento della Commissione per una legge specifica che disciplini il right to disconnect. L’eurodeputato maltese Alex Agius Saliba, promotore della proposta, ha sottolineato la necessità di far rientrare il diritto alla disconnessione tra i diritti fondamentali. L’aumento del lavoro agile (il ricorso allo smart working) palesa la necessità d’integrare le tutele dei lavoratori già previste.
Al di là dell’usuale senso del termine, per disconnessione in tal caso s’intende il mancato esercizio di attività o comunicazioni lavorative per mezzo di strumenti digitali, direttamente o indirettamente, al di fuori dell’orario di lavoro. Per “orario di lavoro” (articolo 2, punto 1, direttiva 2003/88/CE) s’intende qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali. La stessa direttiva deroga alla contrattazione collettiva e accordi conclusi tra le parti sociali in ciascuno Stato membro.
Saliba solleva proprio il fatto che la disconnessione viene disciplinata solo in alcuni Sati: “attualmente non esiste una normativa specifica dell’Unione sul diritto dei lavoratori alla disconnessione dagli strumenti digitali”.
In Italia la L. 81/2017 promuove il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti … L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. Il CCNL comparto istruzione e ricerca rinvia alla contrattazione collettiva, a livello di istituzione scolastica ed educativa, i criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio, al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare (diritto alla disconnessione).
Tenuto conto del cambiamento delle modalità lavorative, con i relativi pro e contro, occorre essere “preparati” secondo Saliba. Nel testo approvato dal parlamento europeo si sottolinea che “la digitalizzazione e l’utilizzo adeguato degli strumenti digitali hanno portato numerosi vantaggi e benefici economici e sociali ai datori di lavoro e ai lavoratori, come una flessibilità e un’autonomia maggiori, la possibilità di migliorare l’equilibrio tra vita professionale e vita privata e la riduzione dei tempi di spostamento, ma che hanno causato anche degli svantaggi comportanti sfide etiche, legali e connesse all’occupazione, quali l’intensificazione del lavoro e l’estensione dell’orario di lavoro, rendendo così meno netti i confini tra attività lavorativa e vita privata”. Quindi, prosegue Saliba, “la digitalizzazione è importante, è stata fondamentale nel 2020 per salvare posti di lavoro, ma dobbiamo fare qualcosa per risolvere gli aspetti negativi”.
Secondo Eurofound (la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro), durante il confinamento si è registrato un aumento sostanziale nell’uso degli strumenti digitali a scopi lavorativi. Ben il 27 % degli intervistati in telelavoro avrebbe dichiarato di aver lavorato nel proprio tempo libero per soddisfare le esigenze lavorative. Inoltre, quasi il 30 % di tali telelavoratori dichiara di lavorare nel tempo libero tutti i giorni o più volte alla settimana, a fronte del 5% di coloro che lavorano in ufficio. I telelavoratori hanno poi maggiori probabilità di lavorare con orari irregolari e il numero di persone che lavorano da casa con orari prolungati, o che non sono in grado di trarre beneficio dalle ore non lavorative, è in aumento. Tutto ciò comporta disturbi del sonno, stress, affaticamento degli occhi, stanchezza, ansia e disturbi muscolo-scheletrici.