Segniamoceli questi giorni, sta finalmente nascendo lo scenario politico proprio di questo secolo, o se si vuole della prima metà di questo secolo.
Proviamo una periodizzazione:
- 1989, cade il muro di Berlino e finisce la guerra fredda; inizia la lunga transizione dal Novecento al Duemila.
- 1990-94, finita la guerra fredda va in crisi la Prima Repubblica, Tangentopoli.
- Berlusconi in campo, bipolarismo tra destra e sinistra aggregate in due poli alternativi, non c’è spazio per il centro. Seconda Repubblica.
- 2008, crollo in borsa della Lehman Brothers, la grande crisi economica dell’Occidente, si blocca l’ascensore sociale dei ceti medi, per molti di essi comincia la discesa. Le ideologie del Novecento non riescono ad offrire la chiave per leggere gli eventi. Resistono nelle menti, ma viene progressivamente meno la loro capacità di dare un senso alla vita delle persone.
- 2009-2018, sullo sfondo della globalizzazione emergono i populismi, i fondamentalismi ed i sovranismi. Sotto traccia si fa strada un nuovo bipolarismo, quello tra europeisti e sovranisti, ma non è ancora maturo, balbetta. Gli europeisti di destra non hanno la forza di staccarsi dai sovranisti dello stesso campo; quelli di sinistra, in generale europeisti, aborriscono da un abbraccio con gli europeisti provenienti dalla destra. I loro rispettivi elettorati non capirebbero. Nella confusione e tra le incertezze della vecchia politica sorge un nuovo soggetto politico, il M5S. E’ populista nei contenuti, innovativo quanto alla comunicazione, velleitario, anti-istituzionale. Nel 2013 si afferma come terzo polo, nel 2018 è il primo partito e va al governo.
- 2018-2020, sotto la vigilanza e la tutela del Quirinale si alternano due maggioranze, entrambe presiedute dall’avv. Giuseppe Conte, indicato dal M5S e bene accetto a Mattarella. La prima, coerentemente sovranista, si frantuma nelle ambizioni dei parvenu del potere; affronta la Commissione Europea e perde lo scontro. La seconda, più vicina al vecchio centro sinistra, ricuce con l’Europa ma vive di stenti e di decisioni perennemente rinviate. L’Italia avverte le incertezze del governo e in piccola parte se ne avvantaggia, in gran parte ne soffre.
- 2021, governo Draghi. Stavolta ci stanno tutti, perché tutti hanno bisogno di ricollocarsi nel nuovo scenario internazionale. Per la prima volta dal 1946, quando destra e sinistra condivisero la responsabilità del governo, i due poli contrapposti – oggi gli europeisti e i sovranisti – concorrono nella stessa compagine governativa.
Se non si rompe la stecca, Draghi a fine settimana si insedierà a Palazzo Chigi. Potrebbe non restarvi oltre la primavera del 2022, pur se ha buone chance per arrivare al 2023, scadenza naturale della legislatura.
Tutto ora si gioca sulla gestione dei fondi del Recovery Fund, che sono addirittura superiori per dimensione a quelli del Piano Marshall del secondo dopoguerra. Ricorderete, tra il ‘46 ed il ‘47 Alcide De Gasperi guidò i due governi di unità nazionale di cui sopra. Essi andarono dai filo-atlantici della Destra liberale e della DC, ai filo-sovietici del PSIUP e del PCI. Durarono sei mesi ciascuno e non avrebbero potuto durare di più.
Nel ‘47 De Gasperi diede quindi vita al primo governo coerentemente filo-atlantico, quello che gestì il Piano Marshall. Non avrebbe potuto essere diversamente, volete che in piena guerra fredda gli USA., che ci inondavano di dollari dopo aver offerto la vita di centinaia di migliaia di giovani per liberarci dal fascismo, li avrebbero fatti gestire agli anti-atlantici? La DC gestì il Piano Marshal e la sua egemonia politica durò mezzo secolo.
Oggi chi gestirà il Recovery Fund conquisterà l’egemonia politica in Italia per lo meno per trent’anni, salvo gli imprevisti della storia. Ovvio che tutti ci vogliano mettere le mani. Volete voi che l’Unione Europea metta questi 210 miliardi di euro nelle mani degli anti-europei?
Ecco, in linea di massima Mario Draghi a marzo 2022 sarà Presidente della Repubblica. Di qui al voto per il Quirinale sotto le sue ali, nel milieu governativo, troverà fisionomia il Partito Europeista Italiano, che gestirà il Recovery Fund e guiderà la nuova Italia per un paio di generazioni.
All’opposizione resteranno i nostalgici delle ideologie di inizio secolo, quella nazionalista, la populista e quella della resistente, tardo-novecentesca, sinistra classista. Costoro ogni tanto avranno qualche sussulto elettorale e spereranno in una nuova Lehman Brothers, o in una ripresa del terrorismo islamico, o in una qualche dinamica geo-politica internazionale che metta in crisi l’Europa e li rimetta in gioco.
Senza eventi straordinari resteranno però ai margini, non prenderanno palla e si limiteranno a criticare i presidenti, gli allenatori e i giocatori di un campionato che saranno costretti a vedere dalla tv.