Pare che non ci siano mai state idee poche ma confuse come alla vigilia di questa tornata elettorale, l’astensionismo atteso infatti è alto.
A grandi linee, lo sappiamo tutti, gli schieramenti sono tre e sappiamo anche che nessuno, con ogni probabilità, raggiungerà il 40% dei voti necessario per avere la maggioranza assoluta in Parlamento, per cui si andrà presumibilmente ad un governo di larghe intese. Colpa della legge elettorale, dell’offerta politica o dell’orientamento proprio dell’elettorato italiano, poco importa.
Anzi, non è detto che ci sia colpa. In Germania, dove hanno il proporzionale con lo sbarramento al 4%, i popolari sono costretti all’alleanza con i socialdemocratici ormai da anni e funziona. La nostra Prima Repubblica, tra pentapartiti, correnti interne rissose e governi che cambiavano continuamente, era un esempio di sostanziale stabilità politica e di chiarezza di valori fondanti. Persino Berlinguer fece il compromesso storico.
Non si può né governare né legiferare senza compromessi (o accordi, intese, alleanze, patti, chiamateli come volete), non si può gestire neanche un’azienda, un condominio, una famiglia (per fortuna). D’altronde, anche le alleanze preelettorali sono appunto alleanze, spesso franate, a sinistra come a destra, sotto il loro stesso peso. All’interno degli stessi partiti ci sono le posizioni più diverse.
Il problema non sta nel compromesso in sé, ma nella sua forza, in quello che rappresenta, nel patto sociale che lo sostiene. La politica è sovrastruttura. Se porta a sintesi le istanze sociali, svolge il suo ruolo e dà il suo contributo. Certo, non quello di risolvere le contraddizioni interne al sistema capitalistico, ma chi lo chiede più?
Si tratta, oggi, di governare le nuove dinamiche produttive e le conseguenti diseguaglianze, intercettando la timida ripresa economica che si prospetta e distribuendo il più equamente possibile il reddito.
Le ricette offerte sono tutte, quale più quale meno, sostanzialmente liberiste con una spolverata di social populismo (ossimoro?). Tutti si sono spostati al centro.
Tutti vogliono un’Europa diversa, ridurre le tasse, assicurare una qualche forma di reddito di cittadinanza, riformare il sistema pensionistico, governare il fenomeno dell’immigrazione, garantire la sicurezza, sviluppare l’innovazione tecnologica, produrre nuovo lavoro, investire sul territorio, combattere gli sprechi, la burocrazia, la corruzione, la mafia e via dicendo. Nessuno dice credibilmente come, ma le diverse sensibilità si colgono.
Allora votiamo senza patemi e con il cuore per il partito che sentiamo più vicino, affinché pesi il più possibile nella trattativa post voto, e auguriamoci che questa dia vita ad un governo solido e per bene, ma soprattutto il più rappresentativo possibile.
E se alla fine dovessimo ritrovarci all’opposizione, faremo opposizione.
di Flavio Cioffi