Già Natale, il tempo vola! Le città sfavillano di luci ed eccoci qui, travolti dalle ultime vorticose settimane dell’anno e tra tutto quello a cui dobbiamo pensare ci sono anche gli auguri, sostanza immancabile delle festività natalizie. Credenti o agnostici, fedeli o indifferenti all’augurio non rinuncia nessuno, perché è un rituale antico, qualcosa di intoccabile che distingue un tempo, lo accresce di materia emozionale e, dal momento che è condiviso, consolida le relazioni sociali, ponendole in una storia ciclica, che ritorna e che ha un significato, quale che sia.
Quanto siamo affezionati al Buon Natale si capisce anche dal polverone che si ripresenta ogni anno quando il galateo del politicamente corretto consiglia di augurare asettiche “buone feste” per rispettare anche le altre confessioni religiose. Invece, a dispetto di ogni linea guida sull’inclusione, il Buon Natale è inscalfibile, perché non è solo dei cristiani, ma è la storia della nostra civiltà.
Il rito degli auguri di fine anno è ben più antico della cristianità, deriva infatti dall’antica festività romana dei Saturnali, che cadeva tra il 17 e il 23 dicembre. Anche allora ci si scambiavano auguri e regali e si celebravano feste e sacrifici offerti a Saturno, divinità che regolava a suo capriccio i raccolti e l’abbondanza generale. È difficile per noi immaginare l’angoscia che doveva generare negli antichi la natura spoglia, il gelo dell’inverno, la carestia e la mancanza di luce. Gli auguri, le feste e i sacrifici erano il modo di placare il dio per assicurarsi raccolti abbondanti e scongiurare le paure sulla propria sorte.
Oggi l’inverno e il buio non minacciano più la nostra sopravvivenza, ma sentiamo ancora il bisogno di farci gli auguri nel momento in cui un giro della vita finisce e sta per cominciarne un altro. Però non tutti vivono gli auguri nello stesso modo: per qualcuno gli auguri di Natale sono un piacere a cui dedicare tempo e cura, scegliendo le parole più adatte a comunicare affetto e vicinanza. Per altri è un obbligo legato alle circostanze e alla buona creanza che assolvono sì, ma solo per non risultare diversi e indifferenti.
Per altri ancora è una gran seccatura, soprattutto per quelli che amano come il fumo negli occhi, il rimbalzo di video e meme natalizi da un telefono all’altro. Certo che gli smartphone hanno cambiato i costumi, ma intasare la memoria degli apparecchi di tutta la lista contatti della rubrica con messaggi inoltrati migliaia di volte, non è il modo più sentito di augurare “Buon Natale”.
E allora? Inutile dire che gli auguri di insuperata eleganza sono quelli scritti a mano con la stilografica, su un biglietto raffinato, senza troppi luccichii o immagini cheap messo in una busta, affrancata e spedita via posta (intendendo quella portata a casa dal postino!). Ma questo è un vezzo che pochi ancora si concedono.
Per tutti gli altri, quelli che non riescono a far finta che internet non esista, è opportuno puntare sulla personalizzazione. Sì, dunque, al messaggio su WhatsApp ma che sia su misura: basta un semplice nome, un “Buon Natale Franco”, per far sentire a chi lo riceve la partecipazione emotiva e affettuosa di chi lo manda e testimonia che si sta pensando proprio a lui.
Per quanto riguarda il contenuto cosa scrivere? Possibilmente parole sentite e non banali, ma se proprio non si riescono a trovare, meglio affidarsi alle formule classiche o agli autori illustri. In fondo, è meglio una frase fatta che una frase brutta.