Far ripartire la scuola a settembre sarà un’impresa audace. Troppe critiche e tanti slogan che in questo periodo fanno male alla nostro sistema scolastico.
Ascoltare e mettere in pratica non è facile, il più delle volte ci si perde dietro a esperimenti o decisioni arbitrarie che mettono profondamente in crisi la nostra educazione. Sì, perché prima della parola istruzione, viene educazione: da educere, tirare fuori ciò che è dentro, qualità interiori, per la produzione di profondi cambiamenti. Nell’antichità classica il tema dell’educazione si fonda sull’etica e sulla politica . La filosofia di Socrate tende all’ironia, nell’interrogarsi e nel fingere di non sapere. Socrate interroga,stimola con le domande, al fine di spingere la fanciulla e/o il fanciullo a darsele da sé. Platone invece considera l’educazione uno strumento che serve al cittadino per fargli risaltare la naturale predisposizione all’interno della società ed essere capace di comunicare e di pensare.
Purtroppo oggi si assiste ad una mancanza di stimoli pedagogici, un’educazione imposta e non uno strumento adeguato ad esprimersi. Invece di preoccuparsi dell’ apprendimento delle nozioni programmate, di andare incontro alle reali esigenze delle bambine e dei bambini, delle studentesse e degli studenti, si dibatte ancora sulla didattica in presenza o a distanza, sulle ore, sulla forma e non sulla sostanza pedagogica, che è venuta a mancare. Stiamo assistendo ad un appiattimento della cultura, che non migliora la nostra società , infatti il “sapere” e la ” conoscenza” rendono l’essere umano libero e capace di analisi critica.
Ciò premesso, è il concetto stesso di educazione che pone la ragazza e il ragazzo al centro della propria formazione, presupponendo un rapporto in presenza al fine di favorirne gli aspetti attitudinali, mentali ed affettivi.
Peraltro la modalità “blended learning” per le nostre studentesse e per i nostri studenti deve servire a favorire un’interazione efficace fra loro e le/i docenti. Bisogna assolutamente evitare apprendimenti parcellizzati e prevedere interventi interdisciplinari tra varie lezioni, curando come dice Bruner l’aspetto narrativo. Oggi c’è bisogno di Educare alla cittadinanza attiva, che per Morin significa “l’apprendere a vivere” in una società caratterizzata da una profonda crisi economica senza dover correre il rischio, per dirla come Fabbroni, di rendere le studentesse e gli studenti prigionieri “degli alfabeti elettronici”.
Pertanto la cultura umanistica e la cultura scientifica devono essere complementari, ma prima di questo le alunne e gli alunni devono abituarsi alla ricerca, all’indagine e al metodo, ad un uso critico della rete, attraverso le varie strategie che le/gli insegnanti devono avergli saputo trasmettere. A questi livelli la didattica a distanza diviene uno strumento utile per la discussione di tematiche e per l’acquisizione di nuove conoscenze.
A tal proposito non va sottovalutata un’impostazione pedagogica in presenza fondata sull’aspetto affettivo, emotivo dell’allieva e dell’allievo, dei loro differenti ritmi di sviluppo. Il lavoro di gruppo, l’interscambio di conoscenze, la cooperazione in campo formativo, l’educazione empatica sono indispensabili nel processo insegnamento-apprendimento.
Purtroppo i livelli di istruzione nel nostro Paese, secondo i dati OCSE PISA non sono confortanti, perché le nostre studentesse e i nostri studenti sono collocati agli ultimi posti nella comprensione del testo, ciò sta a significare che l’insegnamento non è stato efficace. Da più parti si sente l’esigenza di rinnovare la didattica, integrando vari approcci metodologici, scontrandosi con una lezione frontale, che ha valore di esistere per la trasmissione dei contenuti, in quanto avere una competenza solida presuppone una conoscenza approfondita delle varie discipline.
Urge in questo momento la necessità di risollevare il nostro sistema scolastico e permettere alle ragazze e ai ragazzi al compimento dei loro studi di operare una scelta universitaria consapevole, ma soprattutto indirizzarli nel lavoro da svolgere.
Ci stiamo preoccupando di allenare le nostre allieve e i nostri allievi ai test standardizzati e stiamo perdendo di vista i compiti essenziali della Scuola.