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Scrivete Giorgia! Se una donna del popolo non ha cognome

by Francesca Pica
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“Scrivete Giorgia”. La notizia non è l’annuncio della candidatura alle Europee di giugno, ma la scelta di accorciare le distanze con il “suo” popolo. Non Giorgia Meloni sulla scheda, solo Giorgia. «Sono stata derisa per anni per le mie radici popolari, mi hanno chiamata ‘pesciarola’, ‘borgatara’, perché loro sono colti. Ma quello che non hanno mai capito è che io sono e sarò sempre fiera di essere una persona del popolo». Non ci spiega perché quel nome, Giorgia, dovrebbe farci intendere che è una donna del popolo. Inoltre, chi dice che una donna del popolo debba essere chiamata per nome? Ma Giorgia Meloni non è, come dice lei, donna del popolo. E’ la presidente del Consiglio dei ministri: il marketing elettorale di questa destra è una cosa, la realtà delle istituzioni è un’altra.

La mossa sfrutta un cavillo previsto dalla legge. Un escamotage di gusto populista, buono per mettere al sicuro la popolarità della premier ma anche per aumentare il marchio leaderistico del partito. Ma è anche una mossa che vuole avvicinare. Vuole rendere, almeno nella percezione, più facile il voto, vuole suscitare negli elettori la sensazione di esser chiamati a far parte di una cerchia di persone conosciute. È come un’amica a cui dare del tu, una con cui poter parlare alla pari. Lei stessa a Pescara ha detto: «la cosa che personalmente mi rende più fiera di questi giorni è che la maggior parte dei cittadini che si rivolge a me, mi chiama ancora semplicemente Giorgia».

Ovvio che il colpo di teatro della presidente del Consiglio, pensato nell’ottica di comunicare la sua “vicinanza” agli elettori, ha suscitato qualche perplessità anche se la pratica è nota da tempo ed è stata usata più volte anche in passato. L’esempio più noto è quello del fondatore e leader del Partito Radicale, che sulla scheda elettorale compariva come “Giacinto Pannella detto Marco”. Più di recente, nell’elezione che lo ha incoronato sindaco di Milano, Sala ha usato sulla scheda “Giuseppe Sala detto Beppe”. Però se, come in questo caso, il nome è già Giorgia Meloni, quel “detta Giorgia” appare un po’ forzato.

Se poi l’intento è chiaramente quello di rinunciare all’elezione, questa personalizzazione sulla scheda elettorale riduce il voto europeo del 8 e 9 giugno ad un referendum sull’azione di governo o sulla premier stessa, in una sfida lanciata ad avversari e ad alleati. Ma questo significa ridurre l’Unione Europea e l’enorme lavoro che si va a svolgere lì a una banale questione d’immagine.