Come quasi tutti i settori produttivi del nostro Paese, anche quello delle costruzioni poggia essenzialmente sulle piccole imprese, una miriade di aziende che devono quotidianamente combattere con la farraginosità delle norme e la concorrenza, spesso predatoria, delle grandi compagnie. Per farlo, hanno bisogno di mettersi insieme, di fare massa critica. Lo strumento dei consorzi stabili si è dimostrato il più idoneo, al punto da spingerli a riunirsi in associazioni di categoria per portare avanti le istanze del settore. Con questo obiettivo è nato l’UCSI – Unione Consorzi Stabili Italiani che ha recentemente portato a casa un bel risultato con il famoso decreto Sblocca Cantieri. Ne parliamo con il suo Presidente, Franco Vorro.
Pare che l’UCSI sia riuscita a sventare un tentativo di attacco all’autonomia dei Consorzi stabili.
E’ vero. Come associazione di categoria abbiamo ottenuto un riconoscimento significativo. Infatti, era stata proposta una norma che prevedeva l’obbligo da parte dei consorziati di concedere ogni volta l’avvalimento al Consorzio per consentirgli di partecipare alle gare. Laddove è invece automatico che i Consorzi si avvalgano dei requisiti dei soci. Sarebbe stata la fine dei Consorzi. Noi abbiamo tenuto un’audizione in Senato, ottava Commissione lavori pubblici, e siamo riusciti a spiegare, con successo, la situazione paradossale che si sarebbe creata. Anzi, la disposizione poi approvata recepisce in gran parte la nostra proposta.
Ma perché e chi aveva avanzato la norma anti consorzi?
Vede, oggi i Consorzi stabili rappresentano almeno il 70%, se non l’80%, dei concorrenti alle gare e la loro presenza sul mercato continua a crescere. È inevitabile che il sistema delle grandi imprese cerchi di difendersi. Noi raggruppiamo molte realtà imprenditoriali all’interno di una struttura organizzativa e tecnica, piena di esperienze, assai più ricca e competitiva. Inoltre, riusciamo ad offrire all’Ente appaltante un sistema di garanzie più efficace. Il Consorzio controlla l’appalto, vigila sul socio che lo esegue e lo aiuta.
Quindi non semplice somma di requisiti, ma reale sinergia.
Proprio così, noi ci aiutiamo l’uno con l’altro. Direi di più. Oggi che la crisi del settore determina il continuo ricorso al concordato da parte delle grandi imprese, il Consorzio stabile rappresenta uno strumento all’avanguardia perché può sostituire l’azienda designata che si trova in difficoltà, rimanendo sempre titolare del contratto e garantendone in ogni caso la corretta esecuzione.
Non tutte le vostre richieste sono state però accolte.
Avevamo chiesto l’abolizione dell’avvalimento, era importantissimo e l’abbiamo ottenuta. Però la nostra formulazione era più esaustiva e infatti auspichiamo che, in sede di conversione, l’articolo 47 del codice degli appalti chiarisca che per i lavori e per i servizi di progettazione i consorzi stabili si qualificano mediante sommatoria dei requisiti delle consorziate. Avevamo avanzato anche una proposta relativa ai lavori di restauro. I Consorzi stabili per partecipare alle gare devono designare un socio che abbia la categoria specifica. Ma se il consorziato ha già la categoria, il ruolo del Consorzio viene meno. Eppure, i Consorzi stabili non solo hanno i requisiti ma anche la necessaria direzione tecnica per ogni tipo di restauro. Non a caso hanno eseguito gli importanti lavori della Reggia di Caserta, della Grande Brera di Milano, degli Scavi di Pompei ecc. Cercheremo di vincere anche questa battaglia.
Quante imprese aderiscono ai Consorzi stabili?
Abbiamo fatto una stima di circa 300 Consorzi stabili. Se ipotizziamo una media di 10 aziende a Consorzio arriviamo a 3.000, ma è una previsione molto cautelativa. Sono già numeri importanti, ma i Consorzi stanno crescendo e ne stanno nascendo di nuovi. Le piccole imprese, perché vogliono crescere, magari non hanno i requisiti e il Consorzio glieli dà. Le medie, perché tendono ad essere più autonome e cercano di non costituire associazioni temporanee ma di ottenere l’intero appalto facendosi designare dal Consorzio. Anche le grandi imprese hanno bisogno del Consorzio, perché in questi anni le loro cifre d’affari si sono fortemente ridimensionate. Invece le piccole stanno crescendo, perché grazie ai Consorzi stabili acquisiscono appalti ai quali, da sole, non avrebbero potuto partecipare.
Qual è la politica dell’UCSI per promuovere i Consorzi stabili?
Questo è un tema fondamentale. I Consorzi devono essere sempre difesi dai continui attacchi che ricevono. Per riuscirci, vanno sensibilizzati ad unirsi in associazioni di categoria che ne difendano gli interessi, in un’ottica solidale, per essere più forti ai tavoli di confronto istituzionali. Con il Governo, il Parlamento, l’ANAC, ecc. In questo quadro diventa decisivo il radicamento territoriale. Noi stiamo istituendo Direttivi regionali, per conoscere meglio il territorio e farci conoscere dal territorio. Inoltre, stiamo organizzando assemblee itineranti con cadenza trimestrale. Il 24 maggio saremo a Brindisi, poi ci sposteremo in Sicilia. Un ulteriore obiettivo che UCSI si prefigge è quello di creare un codice etico dei Consorzi stabili che detti il giusto comportamento nei confronti della Pubblica Amministrazione. Deve partire dalle Prefetture. Miriamo, cioè, a stipulare con le Prefetture un protocollo di legalità come primo passo per arrivare al codice etico. Questo comporterà che i Consorzi stabili dovranno dotarsi anche di una struttura di legalità. Si potrebbe pure prevedere la nascita di un sistema di rating di legalità, fermo restando quello predisposto dall’Autorità garante, per classificare come associazione di categoria i Consorzi. Sarebbe un ulteriore strumento qualificante.