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Sangiuliano al recupero di Antonio Gramsci

by Bruno Gravagnuolo
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È del tutto legittima, a prima vista, l’operazione culturale di recupero di Antonio Gramsci come uno dei capisaldi della cosiddetta ‘ideologia italiana’, avviata dal ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. Manifestata a partire dalla richiesta alla clinica Quisisana – dove Gramsci morì il 27 aprile 1937 – di apporre al suo interno una targa commemorativa. Iniziativa non originale, poiché assunta anche dalla sinistra in passato e sempre respinta dalla direzione e dal proprietario Ciarrapico, ben noto ‘andreottiano’. Ora ci riprova il ministro, mentre anche la Giunta Gualtieri sta tentando di conseguire lo stesso risultato. Senza esito. Vedremo il seguito.

Senonché la mossa di Sangiuliano è più ambiziosa e mette capo ad una densa lettera al Corriere del 17 gennaio, che condensa un certo programma di risarcimento culturale teso a reinserire Gramsci nella identità italiana all’insegna dell’idea di popolo nazione e appunto della ideologia italiana. Come se fin qui Gramsci fosse stato un paria o un autore rimosso e rinnegato, oppure solo di parte e misconosciuto. E nel mirino c’è la sinistra implicitamente accusata di omissione.

Tuttavia la novità, per così dire, c’è: la destra vuol farsi paladina di un suo Gramsci e contenderlo a una sinistra che in effetti, da almeno un decennio, ne parla sempre meno. Avendo di fatto impoverito il suo arsenale e la sua di identità. In passato fin dalle tesi di Fiuggi del 1994, Gramsci era stato evocato a destra, ma oggi con FdI al governo c’è qualcosa di più plateale e insistente.

Cerchiamo di capire a cosa mira tutto questo tramestio culturale. Intanto la curvatura populista e nazionalista dell’operazione del ministro appare evidente. Gramsci non è, nelle parole di Sangiuliano, il filosofo delle classi subalterne e il nemico dell’ideologia populista italica. Ovvero: cesarismo, partiti personali, trasformismo d’assalto e sovversivismo dall’alto delle classi dirigenti, per mezzo di intellettuali radicali passati da sinistra a destra e nemici della democrazia. Al contrario! Egli diventa genius loci, chierico italico ribelle e nazionalista, espressione dello spirito del popolo.

Un romantico populista post e anti liberale, araldo di italianità nel solco dei grandi della patria, da Dante a Gentile. Insomma il testimone del Geist italiano, così come Fichte fu l’eroe del Geist tedesco o gli illuministi francesi del Geist francese e così via. Dunque Gramsci come ‘teorico del popolo’, come entità indistinta, che invera col suo protagonismo la modernità post liberale e conservatrice, al di là della separazione dei poteri e del conflitto sociale. Un profeta in altri termini della mobilitazione delle masse escluse dal liberalismo e inserite in un nuovo regime-movimento nazionale, teso a compiere i voti del Risorgimento incompleto. Una via questa in realtà già percorsa da Gioacchino Volpe storico nazional fascista, che vedeva nel fascismo un compimento popolare e mazziniano del moto risorgimentale, come del resto anche Giovanni Gentile.

Ovvio che per questa via vengono recisi i legami di Gramsci con il movimento operaio. Nonché svuotata la carica emancipativa del suo pensiero, teso non al trionfo di una astratta nazione, bensì alla liberazione dal dominio sul lavoro esercitato dai gruppi capitalistici italiani. Gruppi autarchici, protetti e coloniali e in ogni caso avventuristici e opportunisti all’ombra del fascismo. Costantemente denunciati da Gramsci nei Quaderni del Carcere.

Ciò che la destra vuol fare dunque – per via revisionista – è da un lato inserire il regime reazionario di massa nella modernità italiana. Dall’altro recuperare anche i suoi avversari più acerrimi, dentro una visione ecumenica e pontificale di pacificazione nazionale che elida ogni discontinuità. Come nel caso della Costituzione repubblicana, che non a caso esponenti culturali della destra attuale, come Massimo Magliaro in polemica con Bersani da Floris, hanno l’improntitudine di definire marcata da evidenti continuità con il corporativismo fascista!

Pertanto operazione nel suo insieme  ’gramsciana sul fascismo e sul pensatore sardo.  E che ambisce a recuperare all’Italia Gramsci per il tramite della destra dei Fratelli d’Italia. E per tale via giungere a inserire persino Gramsci tra i padri italiani della destra. Benché comunista e perseguitato dal fascismo. Quale misconosciuto eroe neo conservatore e nazional populista inconsapevole, travolto dalle tragedie del ‘900.

Qualcuno sorriderà dinanzi a tutta questa oltranza trasformista sul piano culturale. Eppure l’intento almeno in parte può avere successo: Gramsci che finisce nei nuovi manuali riscritti per conto di Valditara e Sangiuliano. Accanto a Verga e Pirandello e al destro Prezzolini. Avete visto? Diranno. Gramsci in fondo era dei nostri: un patriota. Ma prima della notte dove tutti i santini saranno eguali, nella notte della sinistra e della nostra storia, converrà fare una sola cosa. Riprendersi Gramsci e tornare a farne ciò che fu: un comunista Italiano filosofo e teorico delle classi subalterne. E del suo partito. E per questa via, e non altre, un eroe nazionale e un classico. Dal quale occorrerebbe ricominciare.