Che la Russia, o meglio, che Putin abbia perso la guerra in Ucraina ormai è convinzione diffusa. Aveva ordinato alle sue armate di valicare i confini e di invadere il territorio dell’Ucraina nella convinzione di mettere in atto una guerra lampo di pochi giorni, durante i quali avrebbe defenestrato dal governo l’odiato Zelens’kyj, per soppiantarlo col suo fidato fantoccio Janukovyč. Si aspettava anche un’accoglienza festosa da parte del popolo ucraino.
L’impatto con la realtà è stato devastante. A due settimane dall’invasione già le sue truppe furono costrette alla ritirata da Kiev, non senza aver prima perpetrato macelli inumani a Buča. L’autocrate si affrettò allora a dichiarare che in realtà l’obiettivo dell’operazione militare speciale non era mai stato Kiev, bensì le oblast dell’Est e lì concentrò le sue truppe. Anche qui però, passati sei mesi, l’armata russa è in rotta. Insomma, la guerra tradizionale sul campo, portata avanti in maniera spietata e senza distinzione tra bersagli militari e civili, Putin l’ha persa. In cuor suo deve sapere certamente che a febbraio è caduto in una trappola. I suoi servizi gli avevano assicurato che tutto era pronto, che gli stati maggiori dell’Ucraina si erano già venduti e che il popolo non aspettava altro che ricongiungersi alla santa madre russa. Era tutta una fantasia. Solo a Cherson i comandanti delle forze armate ucraine ed i governatori locali si consegnarono effettivamente fin dalle prime ore a Putin senza combattere. Per tutto il resto del Paese la classe dirigente militare e politica ucraina ha retto l’urto dello scontro con efficacia e coraggio. Di più, con eroismo.
Né la sua diplomazia aveva informato correttamente lo ‘zar’ delle possibili reazioni dell’UE e degli USA. Contrariamente alle sue aspettative l’Occidente – finora – ha reagito con inaspettate coesione e determinazione. Anche se – va precisato – l’ultima parola ancora non è detta, dobbiamo ancora vedere come reagirà l’Occidente alla prova delle privazioni del prossimo inverno, in quanti terranno la barra dritta. Per ora, però, il quadro è questo.
Non fosse stata inventata l’atomica, già le parti starebbero al tavolo negoziale per definire i termini della ritirata delle forze armate russe dall’Ucraina. Ma l’atomica c’è e Putin la possiede e, messo alle strette, minaccia di utilizzarla, magari nella versione meno devastante – le cosiddette bombe nucleari tattiche – che pur sempre armi di distruzione di massa sono.
Peraltro Putin oggi pare aver perso il controllo dei suoi e forse anche la testa, non c’è da scherzare. Da una belva feroce ferita ed impaurita ci si può aspettare di tutto. Speriamo che la fermezza con la quale Zelens’kyj e lo stesso Biden stanno rispondendo alle rabbiose minacce del Cremlino siano basate su informazioni corrette e che abbiano sotto controllo la situazione. Su questo a quanti, come a chi scrive, mancano le informazioni puntuali, non resta che da confidare e pregare.
Mettiamo ora nel conto che la Russia non faccia ricorso alle armi atomiche; a breve dovrà aprirsi il tavolo negoziale in cui, c’è poco da girarci attorno, la Federazione Russa dovrà rinunciare alle autoproclamate annessioni in questi giorni. Quanto meno dovrà ristabilirsi lo status quo ante il 24 febbraio. Sotto questo profilo va segnalata l’iniziativa di Elon Musk, che ha suggerito alcuni punti per una eventuale pace. Ricordiamoli:
- “Rifare le elezioni delle regioni annesse sotto la supervisione delle Nazioni Unite. La Russia dovrà andarsene se questa sarà la volontà del popolo”;
- “Riconoscere formalmente la Crimea come parte della Russia, come lo è stata dal 1783 fino all’errore di Krusciov del 1956”
- “Assicurazione dell’approvvigionamento idrico in Crimea”;
- “L’Ucraina rimane neutrale”.
Elon Musk non è un quisque de populo, l’accesso alle immagini ed alle informazioni dei suoi satelliti, concesso finora solo agli Ucraini, è stato determinante per le sorti del conflitto. Ed il patron di Tesla non si è limitato a proporre un piano di pace, ha ricordato ai riluttanti Ucraini che l’accesso ai suoi satelliti non sarà per loro sempre gratuito né esclusivo: “I costi sostenuti da SpaceX per rendere funzionante e sostenere Starlink in Ucraina si aggirano finora sugli 80 milioni di dollari. Il nostro impegno per la Russia ammonta a zero dollari. Ovviamente, siamo a favore dell’Ucraina, ma cercare di riprendere la Crimea causerà un enorme numero di morti, il tentativo probabilmente fallirà e ci sarà il rischio di una guerra nucleare. Tutto questo sarebbe terribile per l’Ucraina e il mondo“.
Zelens’kyj non può fare orecchie da mercante alle sue parole, i satelliti di Musk sono importantissimi per la difesa ucraina. Ciononostante ha fatto immediatamente rispondere dal suo consigliere militare, Mykhailo Podolyak, che non se ne parla proprio, la pace sarà possibile solo se i Russi si ritireranno al di là dei confini riconosciuti dal diritto internazionale. Più diretta – ed irriconoscente – la replica dell’ambasciatore ucraino a Berlino, Andrij Melnyk: “La mia risposta molto diplomatica a Elon Musk è ‘fottiti’. L’unico risultato è che nessun ucraino comprerà mai le tue fottute Tesla. Buona fortuna“.
Insomma, qualcosa sul terreno diplomatico si sta muovendo. La Russia sembra ormai all’angolo ma, attenzione, la guerra ha rotto gli equilibri mondiali ed è già in atto l’effetto domino tipico di situazioni del genere. L’Azerbaigian ha rinnegato i protocolli di pace con l’Armenia del novembre scorso, garantiti dalla Russia, e ne ha invaso il territorio. Una volta realizzato che le minacce della Russia sono spuntate, i democratici della Bielorussia non ridiscenderanno in piazza contro Lukašėnka? E i Russeuropei di fede democratica non proveranno a cambiare gli equilibri di potere nella stessa Russia? E la Cecenia e la Georgia non tenteranno di riprendersi l’Abkazia e l’Ossezia? E la Moldavia non farà lo stesso con la Transnistria? In Siria, il cui precario equilibrio attuale si basa sulla presenza russa a sostegno di Assad, in Libia e nell’Africa sub-sahariana, dove la Russia si è insediata con forza cosa succederebbe se la Russia dovesse subire una disfatta umiliante?
Se l’evoluzione fosse questa, vedendo pregiudicati i suoi interessi nel mondo, assediata ai suoi confini e all’interno del suo Paese, si dovrebbe mettere nel conto che la Russia controbatterà con la forza della disperazione, Putin o non Putin al Cremlino. Non è più rinviabile una potente iniziativa diplomatica delle maggiori potenze planetarie per una pace onorevole, o quanto meno per una tregua immediata che fermi l’effetto domino. Magari durerebbe per pochi anni, ma di questi tempi pochi anni di pace non sono certo da buttare via. Intanto non ha mancato di intervenire nella querelle, alla sua singolare maniera, il bombarolo della Corea del Nord, Kim Jong Un. Lui solo al mondo ha riconosciuto la legittimità dei referendum e perciò dell’annessione delle quattro oblast ucraine alla Russia e, per metterci un punto esclamativo, ha appena sganciato un missile in territorio giapponese. Quando si dice una mina vagante!