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Roma, città multiculturale

by Ghisi Grütter
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A Roma esistono tanti luoghi nascosti che non sempre sono conosciuti dagli stessi abitanti né tantomeno noti ai turisti. Ad esempio, non tutti sanno che a Roma c’è una Chiesa di culto russo ortodosso a due passi da San Pietro. L’immagine del contrasto delle due cupole è straniante. Sembrerebbe un fotomontaggio!

La chiesa di Santa Caterina Martire – o Caterina d’Alessandria – è sede dell’omonima parrocchia dipendente dal patriarcato di Mosca. Essa si trova all’interno del parco di Villa Abamelek residenza dell’Ambasciatore della Federazione Russa a Roma, e vi si accede da Via del Lago Terrione, a un passo dalla Stazione di San Pietro.

Secondo la tradizione Caterina era una giovane nata da stirpe reale, dotata di un ingegno e di una bellezza così rara, che era considerata la più fortunata giovane di Alessandria d’Egitto. Fu istruita in tutte le scienze, ma soprattutto nella filosofia dai più celebri retori. Appena sentì parlare della religione di Cristo, comprese che questa era la sua vera dottrina, e l’avrebbe abbracciata subito, se alcuni legami non le avessero impedito il passo decisivo. Si fece battezzare, dedicandosi alla beneficenza ed alla istruzione dei pagani, cosa che giunse alle orecchie dello stesso imperatore Massimino, celebre per la sua violenza. Le chiese di abiurare la religione cristiana e la affidò a due filosofi pagani, ma lei riuscì a convertirli entrambi alla fede cristiana.

L’imperatore condannò i neo convertiti a morire sul rogo, e comandò che il corpo di Caterina fosse legato ad una ruota e che le fossero strappate le carni con uncini. Sembra che appena il suo corpo fu a contatto con lo strumento del martirio, questo si spezzò fragorosamente. L’imperatore ordinò che fosse decapitata e sembra che da quella ferita sgorgò latte, al posto del sangue. Ciò avvenne nel 305 e Caterina fu sepolta sul Monte Sinai dove poi fu costruito un Monastero, diventato bene dell’umanità per l’UNESCO.

 

 

Ma torniamo a Roma: sappiamo che nel 2000 era stato presentato al Comune il progetto della Chiesa di Santa Caterina Martire progettata da Andrej Obolenskij, direttore del Centro di costruzioni artistiche “Archkram” del Patriarcato di Mosca, alta 29 metri e con una superficie di 700 metri quadri circa. Sembra che la chiesa ortodossa abbia accettato il compromesso che le croci non si elevassero al di sopra della cupola di San Pietro. Questo spiegherebbe il fatto che al momento della costruzione la collina sulla quale è stata eretta la chiesa è stata scavata di quasi 10 metri, in modo da non sovrastare la cupola di San Pietro.

Nel 2001 la Giunta Regionale del Lazio ha approvato la legge secondo la quale per le sedi di rappresentanza diplomatica e consolare “è consentita in deroga la costruzione di edifici autonomi da destinare ad attività di culto per soddisfacimento delle esigenze della comunità”, e l’anno seguente è stata rilasciata la licenza edilizia. I lavori iniziarono nel 2003 e nel 2009 è stata inaugurata la nuova Chiesa russo ortodossa.

La costruzione di questo edificio di culto, proprio in centro a Roma, non è stata una cosa semplice come può sembrare anzi, in passato sono stati proposti tanti progetti da parte della chiesa ortodossa russa mai andati in porto, il primo dei quali ai tempi di Pietro il Grande. Il papato è stato per secoli reticente a concedere spazio per la costruzione di luoghi di culto non cattolici a Roma, ma alla fine le cupolette dorate hanno preso vita nell’ex terreno dalla famiglia Ricasoli lasciato all’Accademia Russa delle Scienze. In seguito nel 1946, il suolo e la villa di Abamelek divennero proprietà dell’Unione Sovietica che le impiegò da allora come residenza ufficiale del proprio ambasciatore e successivamente come spazio per proporre questo nuovo ambizioso progetto: la Chiesa di Santa Caterina.

 

 

Le scale che conducono all’entrata sono maestose così come le famose cupole tonde che caratterizzano le chiese dell’est. I colori sono molto intensi: un bianco, un celeste/verde e il colore dorato: dipinti eleganti, statue dorate iconiche, mosaici bizantini e il tetto color acqua marina.

Una Chiesa ortodossa antica e famosa a Roma è quella bellissima di San Teodoro di Amasea al Palatino (via San Teodoro è considerata una delle strade più belle di Roma) del VI secolo, ottenuta riutilizzando un tempio circolare preesistente; fu ricostruita sotto Nicolò V ma il titulus S. Theodori fu ristabilito nel 1959 da Papa Giovanni XXIII, mentre fu Papa Giovanni Paolo II che concesse l’uso della chiesa al Patriarca ecumenico di Costantinopoli e alla comunità greco-ortodossa nel 2004.

Varie altre sono le chiese ortodosse in Roma. Solo per nominarne alcune: la Chiesa Ortodossa Georgiana al rione Monti, San Nicola in via Palestro, la Chiesa Ortodossa Italiana Autocefala in vicolo del Farinone, San Salvatore in Campo nel rione Regola della comunità ortodossa eritrea e Sant’Andrea Apostolo in via Sardegna, la Basilica di Santa Sofia (ucraina) in via Boccea 478 di chiara ispirazione bizantina, progettata da Svjatoslav Hordynsky.

 

 

Peccato che nella costruzione ex novo di S. Caterina martire non si sia sfruttata l’occasione per organizzare un Concorso Internazionale di idee né che si abbia mediato tra la tradizione e la modernità, cosa che, invece, fu sperimentata in occasione del progetto della Moschea di Roma (1984/1995) ad opera di Paolo Portoghesi e dell’architetto iracheno Sami Mousawi: dalla tipologia persiana alle moschee ottomane, dagli archi intrecciati caratteristici della Spagna medievale alle piccole cupole ispirate al barocco occidentale di Borromini. Secondo Portoghesi, una caratteristica essenziale dell’architettura islamica è di aver prodotto linguaggi molto diversi tra di loro. Per questo motivo, il progetto ha cercato ispirazione nella storia e nella tradizione locale, come ad esempio l’uso del travertino e del cotto e per un motivo analogo, l’edificio ha preso spunto da più di un modello di moschea.

 

In questo articolo non vorrei affrontare il tema delle Sinagoghe perché il discorso meriterebbe una trattazione a sé; a Roma c’è stato uno de ghetti più antichi in assoluto (secondo solo a Venezia). Posso solo ricordare che mentre la Chiesa è un luogo “sacro” la sinagoga non lo è di per sé, tanto è vero che è l’azione che vi si svolge – la lettura della Torah con un minimo dieci uomini – che rende sinagoga un qualsiasi spazio anche aperto.

Cionondimeno a Roma abbiamo dei resti di sinagoghe molto antiche a Roma, una si trova in vicolo dell’Atleta in Trastevere così ci ricorda che quella zona, i giardini di Augusto, era la prima area dell’insediamento ebraico, detta giudecca, fino al 1555, quando fu istituito il Ghetto sulla riva sinistra del Tevere. Ma abbiamo anche i resti della Sinagoga di Ostia antica dove mi è capitato di partecipare vari anni fa ad uno splendido matrimonio religioso ebraico (caso inusuale) in mezzo a un tramonto strepitoso. La sinagoga di Ostia Antica è la più antica sede di culto ebraico in Europa occidentale e una dei più antichi luoghi di culto e della diaspora ebraica, posteriore alla sinagoga di Delo e a quella di Bova Marina. Risalente al I secolo d.C., pare che la sinagoga sia rimasta in uso fino al IV secolo, periodo dell’abbandono di Ostia Antica.

Secondo molti autori, e non a caso, la cultura ebraica è più legata al fattore tempo che a quello dello spazio. L’ipotesi che la dimensione del “viaggio” sia la più consona alla cultura ebraica trova i suoi fondamenti in una serie di asserzioni di studiosi che si sono occupati di questo tema.

Pensiamo anche alla Pesah che è una festività che ripercorre “il viaggio”, l’esodo degli ebrei dall’Egitto. Ciò sembrerebbe contrastare una ricerca che tende a reperire tracce di architettura e di “insediamenti” riconoscibili come judaici, ma tale contraddizione, se letta in chiave moderna, è solo apparente. La condizione di eterno spostamento, è stata considerata da molti di essi come intrinseca al pensiero filosofico ebraico; a mio avviso, non altera l’importanza di ciò che Abraham Joshua Heschel (“Il Sabato”, Rusconi ed., 1972) afferma: «La Bibbia si interessa più del tempo che dello spazio. Essa vede il mondo nella dimensione del tempo, e dedica maggiore attenzione alle generazioni, agli eventi, che ai paesi, alle cose; si interessa più alla storia che alla geografia. Per comprendere l’insegnamento della Bibbia, bisogna accettarne la premessa che il tempo ha per la vita un significato pari a quello dello spazio; che il tempo ha un significato e una sovranità propri».

 

Foto, dall’alto:

  • Chiesa di Santa Caterina Martire d’Alessandria a Roma
  • Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai, Egitto, foto di Berthold Werner del 2010
  • Basilica (Ucraina) di Santa Sofia in via Boccea 478
  • Moschea Internazionale di Roma
  • Sinagoga in vicolo dell’Atleta, Trastevere
  • I resti dell’antica Sinagoga di Ostia antica