Il 23 ottobre 2020 Gianni Rodari avrebbe compiuto cento anni. Eppure ci sembra così moderno, attuale, intramontabile. Abbiamo tutti amato le sue storie. Abbiamo letto ai nostri figli le sue favole, ma nel leggerle abbiamo sempre trovato un sottotesto. Ben oltre il racconto, ogni storia ha avuto per noi adulti un significato più profondo, collegato e riferito all’attualità. Insomma, che Rodari non sia un autore per bambini lo abbiamo sempre intuito. Certo, se decontestualizziamo le sue filastrocche diventa facile considerarlo uno scrittore per l’infanzia, un po’ come la Zietta Liù delle nostre antologie delle elementari. Di questo modo superficiale e facile di etichettarlo era consapevole lo stesso autore che in una lettera denuncia a G. Einaudi diceva: Benché famoso agli antipodi, e rinominato tra i kirghisi e kabardini del Caucaso, che cos’ero io nella repubblica delle lettere italiane se non un intruso, un clandestino, uno che l’ultimo mozzo d’equipaggio avrebbe potuto afferrare per un orecchio e gettare nell’oceano, sottovento perché le mie scarpe non gli ricadessero sul naso?
E’ il destino che tocca, purtroppo, a chi cerca, sperimentando nuovi orizzonti, un linguaggio diverso, un approccio alla materia narrativa che possa rivolgersi ad un pubblico diversificato. E’ l’anatema dei critici paludati che hanno bollato come autori minori nelle classificazioni letterarie ad esempio Fedro. Quando si comincia lo studio del latino la favoletta di Fedro lupus et agnus consente un approccio immediato ad una lingua che sembra simile all’italiano. In realtà per Fedro è una scelta di chiarezza espressiva connesso al genere fabula da lui scelto e da cui egli dichiara di aspettarsi, peraltro, una gloria duratura. Oggi Fedro rientra nello studio della letteratura latina. Rodari quest’anno finalmente rientra nella collana Mondadori i Meridiani, la biblioteca ideale di opere complete di grandi classici italiani e stranieri con accurati apparati critici. Il Meridiano dedicato a Rodari consta di 1.800 pagine, a cura di Daniela Marcheschi. Rodari ha avuto oggi la sua consacrazione ufficiale nella nostra cultura, sempre lenta a recepire le novità.
E’ quindi da superare la dicotomia Rodari scrittore per bambini/Rodari autore per adulti. Il gioco sta nel proporre una forma di conoscenza del reale, a vari livelli di pubblico, attraverso un linguaggio simbolico e surreale. Rodari osava interconnessioni cosmiche – ed insieme comiche, come Calvino – e non si spaventava dell’illogicità, soprattutto perché si era scelto come interlocutori non i cattedratici come Grammaticus e Blomberg, ma le menti bambine come Giovannino Perdigiorno ed Alice Cascherina, libere dalle pericolose “patologie dell’epistemologia”. Le fiabe, diceva Rodari […] sono alleate dell’utopia, non della conservazione.” (M. Grazia Ferraris).
In un momento storico così difficile in cui la paura è il sentimento che regna sovrano, chiudiamo con una filastrocca del Maestro che mi sembra un buon antidoto per questi tempi difficili.
Se io avessi una botteguccia, fatta di una sola stanza, vorrei mettermi a vendere, sai cosa? La speranza. “Speranza a buon mercato!” Per un soldo ne darei, ad un solo cliente, quanto basta per sei. E alla povera gente, che non ha da campare, darei tutta la mia speranza, senza fargliela pagare