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Rigenerazione urbana e sistemi complessi

Il caso di Amburgo, City am Wasser

by Rossana Galdini
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Foto di Nicoletta Cerreti

 

Quella che segue è una sintesi dell’intervento della professoressa Rossana Galdini, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma, al convegno organizzato a Napoli lo scorso 24 settembre dal titolo “Napoli: come affrontare un sistema complesso. Dai trasporti alla rigenerazione urbana”.

 

I percorsi di riqualificazione, di promozione dell’immagine, di ridefinizione delle nuove opportunità di sviluppo in atto in molte città europee e, in particolare nella città di Amburgo, su cui questo scritto focalizza l’attenzione, offrono interessanti spunti di riflessione, non solo riferiti al contesto specifico, ma anche a temi ed ambiti più generali. Queste esperienze pongono l’attenzione sul ruolo centrale assunto dalle città nel promuovere processi economicamente, socialmente e culturalmente sostenibili. Evidenziano, inoltre, come accanto ai tradizionali processi di pianificazione territoriale, si affermino nuovi paradigmi che si confrontano con la multidimensionalità e la complessità dell’urbano.

Nel tentativo di orientarsi nel labirinto della complessità, i teorici dei sistemi complessi suggeriscono due strategie principali. La prima è data dall’esigenza di dare rilievo all’osservazione diretta del reale. Ciò comporta la sperimentazione di azioni, metodi e strumenti che guardano a ciò che avviene nella realtà urbana contemporanea per dare un contributo alla ridefinizione di opportunità e problemi. La seconda richiede di ampliare le possibilità di interazione e partecipazione degli attori sociali per osservare meglio il presente e prefigurare il futuro attraverso l’apprendimento reciproco.

Numerose città in Europa hanno riutilizzato le ex aree industriali, commerciali o le aree portuali dismesse attraverso un approccio creativo capace di promuovere un processo capace di agire simultaneamente sugli aspetti materiali e immateriali, sul paesaggio urbano e sull’identità, sulle risorse culturali, sull’economia sull’ambiente.

In questo contesto si collocano i processi di rigenerazione urbana. Da oltre un cinquantennio il tema è ampiamente discusso e dibattuto, dopo essere stato spesso confuso con il termine di riqualificazione. E’ ormai un principio acquisito che processi di rigenerazione urbana non possono attenersi solo allo studio dello spazio fisico o degli strumenti che concorrono alla sua trasformazione: in primo piano è la cultura della città, il “senso del sociale”, una nuova complessa ed estremamente variabile domanda di città.

Un’attenta analisi di esperienze realizzate in Europa evidenzia potenzialità e limiti di questi processi che in alcuni casi hanno conseguito esiti particolarmente postivi. Barcellona, Bilbao, o le città della Ruhr hanno dimostrato, attraverso processi integrati di rigenerazione urbana la loro capacità di modificare il loro modello di sviluppo e di ricollocarsi sugli scenari della competitività nazionale e internazionale. In altri casi gli interventi sono stati sovradimensionati, hanno dato vita a strutture inutilizzate, successivamente abbandonate. Tutto ciò non ha determinato processi di sviluppo, ha alimentato, al contrario, senso di sfiducia, disaffezione, a volte anche abbandono. Il quadro delle recenti esperienze realizzate in Europa evidenzia come un meccanismo dinamico come quello urbano abbia bisogno di interventi appunto rivolti a una dimensione fisica, ma anche una dimensione economica, una dimensione soprattutto sociale.

Un ruolo centrale infatti è dato dai processi di coesione sociale, di coinvolgimento collettivo. Questo al fine di ottenere delle politiche efficaci, efficienti e soprattutto di ottenere il consenso dei cittadini. Riguardo ai processi di rigenerazione urbana si è diffusa, anche grazie ai programmi europei, l’idea di una human city e, con essa, azioni non solo place-oriented, ma anche people-centred.

E’ il caso di Amburgo dove è in atto il più esteso processo di rigenerazione urbana a grande scala in Europa, un caso di riuso delle aree portuali dismesse. Amburgo è una città con un passato illustre di libera città della Lega anseatica, uno snodo centrale nei traffici tra il mar del Nord e il Baltico. In questo contesto la genesi del progetto è legata ad eventi tragici che hanno cancellato parte della sua storia come la distruzione de suo centro storico durante la Seconda guerra mondiale o alla sua immagine di città portuale prima fiorente poi in declino, e alla presenza di strutture portuali divenute nel tempo obsolete e poco competitive. Negli anni 2000 il Senato di Amburgo firma il master plan, affidato poi all’olandese Christian Sey, dando inizio al più ampio importante progetto di riconversione urbana attualmente in Europa.

Gli obiettivi del progetto sono comuni ai numerosi processi messi in campo da altre città importanti portuali come Barcellona o Genova che hanno puntato sulla rivalutazione degli aspetti materiali e immateriali. Innanzitutto il progetto ha inteso ristabilire il rapporto della città con il mare, con il suo genius loci. L’idea da cui ha origine il progetto è quella di riscoprire l’identità di Amburgo come città portuale, promuovere il suo rinnovamento culturale, evidenziando una tendenza comune a molti progetti contemporanei: un particolare interesse verso la dimensione sociale degli interventi. Dal punto di vista degli interventi strutturali, il progetto ha previsto la creazione di un centro urbano di qualità, funzionalmente complesso, radicato nel territorio (Fratini, 2014; Arena, 2017). Il progetto Hafen-City, ha posto al centro il porto come punto cruciale di un processo caratterizzato da una prevalente gestione pubblica, ma anche da forme di partenariato pubblico privato. La mixitè sociale e funzionale, le azioni orientate alla sostenibilità, il forte potere attrattivo nei confronti della classe creativa, l’attenzione alla dimensione sociale degli interventi caratterizzano questo ambizioso esempio di sviluppo urbano in cui i bisogni locali si integrano ai requisiti globali.

Dopo circa un ventennio è possibile valutare gli esiti di un processo ancora in corso che ha subito nel tempo anche delle variazioni di percorso ma che è sempre stato caratterizzato oltre che dalla flessibilità procedurale anche da una ampia partecipazione e un diffuso consenso. Per quanto riguarda gli esiti spaziali raggiunti finora, la superficie edificata ha registrato un aumento del 30% rispetto all’esistente, sono stati al contempo previsti ampi spazi aperti: un sistema di parchi, di aree verdi e le di aree pubbliche ad altezze diverse, fino a 8 metri dal livello del mare che facilitano l’accesso degli abitanti verso l‘acqua ma costituiscono anche sistemi di protezione verso i frequenti allagamenti. Un’attenzione particolare è stata rivolta anche alla qualità architettonica, al tema della mobilità attraverso la creazione di nuove infrastrutture e percorsi pedonali, ponti e corridoi che facilitano lo spostamento dei pedoni. Hafen City è un processo con un elevato livello di innovazione a tutti i livelli in cui un’ampia area della città tenta di integrare il tessuto e la scala dimensionale della città storica con la varietà delle funzioni dei territori contemporanei. La rigenerazione in atto ha previsto strategie di riuso, un notevole esempio è il caso di Speicherstadt i vecchi magazzini portuali, eredità di un passato industriale in stile neogotico reinventati nella loro funzione di spazi espositivi e luoghi della cultura, che connettono il passato con il futuro attraverso la valorizzazione degli spazi esistenti.

Speicherstadt è ormai parte del patrimonio Unesco. Il progetto in atto nella città di Amburgo non è tuttavia esente da critiche. I suoi detrattori puntano i riflettori sui costi dell’intervento: ad esempio la Elbphilharmonie firmata da Herzog & De Meuron, il megaproject divenuto il landmark della città di Amburgo, una vela di cristallo che si erge sugli antichi magazzini industriali. Un progetto culturale con un forte impatto sullo skyline della città costato 800milioni di euro. La straordinaria Philharmonie non è, tuttavia, l’unico esempio di architettura di autore: gli ambientalisti usano un neologismo, Architekturzoo, per descrivere gli effetti negativi di un paesaggio popolato da creazioni architettoniche che si susseguono come in uno zoo immaginario. La dimensione estetica, l’innovazione, l’efficienza sembrano tradursi in queste visioni critiche in uno straordinario intervento di rigenerazione urbana che, tuttavia, rischia di essere elitario e poco inclusivo per chi non può accedere ad abitazioni e servizi con costi elevati. Nel presente, gli interrogativi riguardano gli esiti complessivi del progetto, le sue possibili connessioni con altri quartieri della città e il tentativo di raggiungere una più elevata qualità urbana. Il progetto Hafen City ancora in progress, sarà completato entro il 2030 rappresenta una straordinaria opportunità di riuso di un’ex area industriale. Il carattere integrato degli interventi classifica questa esperienza come un esempio di rigenerazione urbana e di innovazione sociale.

Come molti casi in Europa dimostrano, la sfida di questi processi è data dalla difficoltà di contrastare le diseguaglianze, il divario socio-economico con i quartieri marginali, il pericolo di esclusione, i fenomeni di gentrification. In questa direzione, Amburgo ha più volte apportato delle modifiche al suo masterplan, utilizzando strumenti, adattivi e sperimentali in cui i territori dismessi sono diventati risorse da valorizzare dopo un opportuno programma di riqualificazione e un efficace processo di empowerment delle comunità residenti. Il caso di Amburgo City am Wasser, conferma come il termine rigenerazione urbana sia sempre più spesso riferito ad un complesso processo capace di produrre effetti socio-spaziali contestuali, ma soprattutto duraturi nel tempo.