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Ricordi di Valeria Sampaolo e Caterina Cicirelli

by Federico L.I. FEDERICO
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Un giornale non è certo luogo di necrologi, ma questa estate lunga e breve, tormentata da notizie sul clima impazzito e sulla invasione delle specie aliene nell’intera area del Mediterraneo, compreso l’ormai noto Granchio blu nei mari e nei fiumi del nostro Belpaese, è stata caratterizzata da tre grosse perdite di protagoniste al femminile del mondo campano dell’Archeologia. Prima ci ha lasciati improvvisamente ‘Nella’ Castiglione Morelli, che definimmo la Signora lieve dell’Archeologia, avendola conosciuta di persona.

Adesso, in quest’ultimo fine settimana – davvero doloroso per chi scrive – ci hanno lasciati altre due Archeologhe, la napoletana Valeria Sampaolo e la sorrentina Caterina Cicirelli, protagoniste un po’ più giovani di ‘Nella’. Entrambe hanno affiancato e intersecato l’attività professionale di chi scrive, sia quale architetto “ab imis” prestato all’archeologia, sia come funzionario che come libero professionista, sempre con esiti felici e condivisi da loro due, anche se faticosamente in qualche caso. Ma soprattutto sempre amicalmente. Mi è sembrato doveroso ricordarle entrambe, strappate insieme, prematuramente, a una senescenza appena iniziata.

Entrambe, Valeria e Caterina, erano arrivate in Soprintendenza tra le prime nuove leve dell’Archeologia della gestione di Fausto Zevi, grande protagonista a Napoli e in Campania di anni fecondi per l’Archeologia – tra la fine dei Settanta e gli inizi dgli Ottanta del Novecento – trovando in me come architetto, un interlocutore “altro” ma sempre disponibile alla collaborazione.

Entrambe hanno esercitato la propria lunga  e lodevole attività di funzionarie della allora Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, seguendone le sorti delle varie trasformazioni a Napoli, a Pompei e a Caserta, innescate da gemmazioni successive di un Ministero che moltiplicava i suoi Uffici periferici per i disegni egemonici romani. Appare chiaro sempre più, infatti, che risultano del tutto avulsi dalle reali necessità del governo di un territorio ad altissima “densità” archeologica.

Di Valeria Sampaolo e Caterina Cicirelli chi scrive ha ricordi vividi e cordiali di giovani archeologhe prima e di esperte funzionarie dopo, sostanziatisi poi in confronti costruttivi che si rinnovarono nonostante la mia veste di professionista “esterno”.

Eccoli, li sottopongo al lettore a braccio, così come mi emergono…

Pacata, lucida ed equilibrata Valeria. Capace di districarsi con grande autonomia di pensiero anche in situazioni complesse quali furono la sua lunga Direzione del Museo Archeologico Nazionale, allora non ancora noto come MANN, ma sempre al primo posto nel cuore dei Napoletani. Con grande equilibrio e sorprendente capacita Valeria poi diresse ad interim da Supplente la stessa Soprintendenza Archeologica di Napoli, subentrando a Stefano De Caro, il Soprintendente “vesuviano” per eccellenza, chiamato ad alti incarichi romani per le sue indiscutibili e grandi doti dirigenziali.

A Valeria Sampaolo – tornata nei ranghi di funzionario, in un Ministero che mostrò nell’occasione di essere sordo e ingrato – toccò di governare l’area Casertana, con epicentro a S. Maria Capua Vetere, da dove diede lezioni di stile ed efficianza, ammodernandone gli Uffici e dando vita e lustro all’area urbana della Piazza antistante l’Anfiteatro Campano, occasione in cui collaborammo pienamente e felicemente.

 

 

Caterina Cicirelli era diversa. Molto diversa da Valeria Sampaolo, sebbene infiammata dalla stessa dedizione alla Archeologia, vista come missione, oltre che professione.

Raramente serena e rilassata (lo era, però, quando si scioglieva in amichevoli report familiari di figlia sola con una madre anziana e amatissima), freneticamente attiva, coinvolgeva i suoi collaboratori nelle sue “campagne” di contrasto alle pubbliche amministrazioni locali. Soprattutto quelle che avevano la ventura di incontrarla sul proprio cammino, spesso obliquo, quando non ambiguo, perché teso a risultati contrastanti con gli interessi dell’Archeologia, che Caterina Cicirelli anteponeva a tutto.

Fu quindi una sorta di archeologa “Jolly” operante efficacemente a salvaguardia del territorio su diverse aree archeologiche di grande interesse, tra cui la sua prediletta area sorrentina, dove innescò i primissimi contatti per la acquisizione a Piano di Sorrento della Villa Fondi de Sangro, l’attuale notissimo Museo Archeologico Territoriale della Penisola Sorrentina Georges Vallet.

Verso la fine della carriera di funzionario della Soprintendenza Archeologica di Pompei, intanto divenuto Parco Archeologico, “la Cicirelli” ebbe l’occasione della sua “vita da mediano” dell’Archeologia quando – affiancata dalla archeologa preistorica “esterna” Claude Livadie e da chi scrive come architetto “esterno” – si rese autrice dello scavo archeologico preistorico più importante del Meridione d’Italia, forse d’Italia, tout court: quello di Lòngola  a Poggiomarino.

Quello Scavo – indotto da un fortuito ritrovamento e difficile perché effettuato in piena falda freatica – sfuggendo all’abbandono ricorrente dei siti scavati, fortunatamente è stato seguito dalla sistemazione a Parco Archeofluviale Naturalistico. Ed è visitabile, ubicato sulle rive di un fiume Sarno ancora… trasparente in quel tratto. Incredibilmente…

L’articolo si chiude qui, con il ricordo di queste due archeologhe “napoletane”.

Ma è stato un atto doveroso e gradito da chi lo ha scritto.