È ormai trascorso più di un mese da quando la didattica a distanza, denominata DAD, ha fatto il proprio ingresso nella maggior parte delle case degli italiani. Sono difatti circa 9 milioni gli studenti nel nostro Paese, un numero che, aggregato a quello relativo i genitori, raggiunge quasi la metà della popolazione. Da un giorno all’altro, una famiglia su due si è ritrovata a dover fronteggiare la più grande sfida degli ultimi decenni: perpetrare e garantire, di concerto con le istituzioni scolastiche, il diritto allo studio, sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 34.
Nelle ultime settimane, il Ministero dell’Istruzione ha indirizzato alla comunità scolastica una serie di istruzioni operative riguardanti la DAD e lo Smart Working. I due termini sono abbastanza comparabili. Per distinguerli, si considera la didattica a distanza in riferimento al lavoro in modalità sincrona (lezioni web-video in diretta online) e a-sincrona (registrazioni a fini educativi, verifiche scritte da assegnare) dei Docenti, con gli studenti ognuno nella propria abitazione. Mentre il lavoro agile si attribuisce perlopiù alla possibilità di lavorare da casa, piuttosto che in ufficio, per il personale ausiliario tecnico e amministrativo (ATA) e i dirigenti scolastici.
Da un punto di vista normativo non c’è ancora una legge o un articolo del contratto collettivo nazionale che disciplina le modalità di esecuzione o l’obbligatorietà dell’insegnamento a distanza. Ci sono state ordinanze e circolari ministeriali ma esse non costituiscono atti aventi forza di legge. Non certo per tal motivo, però, la scuola si è fermata, anzi. L’orgoglio di appartenenza alla categoria scolastica e il senso etico di garantire il diritto allo studio agli studenti l’hanno fatta da padrone. Anche per questa ragione, qualche giorno fa, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dichiarava: “Riconoscenza della Repubblica agli insegnanti che mantengono il dialogo con i loro studenti”.
Prima del Coronavirus, nella stragrande maggioranza delle istituzioni scolastiche, gli unici strumenti che rimandavano alla DAD erano il registro elettronico, utilizzato in tutte le scuole dal 2012 in poi, e alcune piattaforme digitali impiegate in modalità a-sincrona. Oggi, termini come G-Suite, Classroom, Zoom, Meet, Edmodo, Weschool, Moodle sono repentinamente divenuti familiari per genitori – scusate il gioco di parole -, studenti e per tutti quei docenti che poco padroneggiavano la tecnologia digitale. Si tratta di strumenti gratuiti, disponibili sui siti web e sulle applicazioni nel cellulare. La grossa novità dei giorni nostri, per cause di forza maggiore, è la diffusione capillare, in ogni ordine e grado di scuola, della realizzazione delle lezioni alla classe in modalità simultanea. Prima dell’emergenza solo pochi casi sperimentali di DAD. Pensiamo ad esempio ad alcune tipologie di disabilità che costringono, per lunghi periodi, determinati alunni a rimanere nel proprio domicilio o in ricovero ospedaliero.
In tal senso, la tecnologia digitale sta realizzando qualcosa che fino a circa quindici anni fa non era praticamente immaginabile. Pensiamo semplicemente alle prime web chiamate di Skype e allo stupore che ognuno di noi aveva nel vedere il proprio interlocutore dall’altra parte dello schermo. Poter interagire con lui non soltanto tramite fredde diciture ma attraverso il volto umano. Ecco, oggi è possibile realizzare videochiamate che coinvolgono diverse decine di persone contemporaneamente. Nel nostro caso il docente, prima di iniziare la propria lezione in webcam, invia a tutti i suoi alunni una e-mail o un sms contente il link di accesso ad essa.
Naturalmente non è tutto oro quel che luccica. Sono numerose le difficoltà dell’insegnamento a distanza: alcune famiglie non dispongono di uno smartphone adeguato, tablet, pc, di una buona connessione wi-fi. Il pericolo è quello di avere una vera e propria dispersione scolastico-virtuale. Per cercare di ovviare a questa complicazione lo Stato, con il decreto-legge del 17 Marzo 2020, ha stanziato (art. 120) risorse per 85 milioni di euro da destinare alla DAD. Questi soldi confluiranno nelle casse delle singole istituzioni scolastiche. Saranno i dirigenti scolastici (alcuni si sono già adoperati) a gestirli ed impegnarli per l’acquisto di dispositivi digitali da disporre in comodato d’uso gratuito per quelle famiglie meno abbienti che ne facciano richiesta.
Fino a qualche tempo fa la didattica a distanza sembrava una chimera poco raggiungibile ed applicabile. Ma dopo questa emergenza da COVID-19, abbiamo ulteriormente imparato che il più delle volte, quando non c’è il tempo materiale di trovare scusanti o blaterare, siamo in grado di dare il meglio di noi. Alcuni per sopravvivenza, altri, spero la maggioranza, per senso morale.