L’Autore è Direttore Generale di Arpa Campania.
La recente presentazione del Rapporto annuale di Legambiente 2024 a Salerno costituisce occasione per una riflessione aggiornata ed organica – oltre la mera illustrazione dei dati – sull’andamento nella produzione dei rifiuti e della raccolta differenziata in Campania negli ultimi anni, nella cornice delle innovazioni del quadro normativo di settore, della evoluzione delle frazioni merceologiche e dell’avanzamento delle imprese, dell’impiantistica e delle infrastrutture di supporto anche nella prospettiva di implementazione dell’economia circolare.
Arpa Campania, gestisce la Sezione regionale del Catasto rifiuti, ed opera innanzitutto il monitoraggio e l’elaborazione dei dati che – dopo una fase iniziale sviluppata in cartaceo, con inevitabili criticità – avviene da tempo in modalità digitale in maniera puntuale e tempestiva, attraverso l’utilizzo dell’applicativo web O.R.So, con la possibilità di produrre una dettagliata reportistica in modo da monitorare sia le criticità che i miglioramenti nell’impegnativo percorso verso gli obiettivi di riciclo e sostenibilità definiti dai Piani regionali di settore.
Come evidenziano i tecnici preposti di Arpac, Grosso Veneruso e De Palma, in uno ai colleghi regionali D’Onofrio e D’Alterio, nel nostro monitoraggio digitalizzato “il processo di certificazione è l’unico in Italia che prevede un incrocio dei dati per tutti rifiuti, tra quanto dichiarato dai Comuni e quanto dichiarato dagli impianti di destinazione, applicando quello che è il principio di tracciabilità dei rifiuti” (alla base del sistema SISTRI e per il prossimo anno del nuovo RENTRI).
Si muove dalla constatazione positiva di come sia, da tempo e definitivamente, superata la situazione emergenziale che devastò la Campania per un tempo lunghissimo – dal 1994 sino al 2010 tra vertenze e commissariamenti – con il progressivo consolidamento di un decisivo salto in avanti della media regionale di raccolta differenziata dall’11% del 2003 al 57% del 2023, tuttavia ancora insufficiente.
“La grande alleanza dal basso” – come la definisce la presidente di Legambiente Imparato – stretta nel tempo tra Enti e comunità locali, le innumerevoli campagne formative, informative e di sensibilizzazione, lo sviluppo della rete imprenditoriale dei consorzi di filiera, il costante impegno organizzativo e gestionale di moltissimi comuni e soggetti gestori hanno reso possibile e poi consolidato un notevolissimo recupero nell’andamento della differenziata, che costituisce non solo un obbligo normativo ma anche una delle principali direttrici per realizzare il nuovo modello dell’economia circolare.
Nella produzione di rifiuti urbani in Campania, dal 2011 al 2022 vi è stata una certa stabilità mentre nel 2023 con 2.587 tonnellate di rifiuti prodotti si registra un trend di decrescita rispetto all’anno precedente.
I dati relativi alla differenziata in Campania registrano, dopo la maggiore crescita del periodo 2007/2016, un più lento ma costante incremento negli ultimi sette anni, che vede la Campania ora attestata alla percentuale del 56,6%, notevolissima rispetto al punto di partenza ma comunque inferiore al parametro di legge. Si osserva poi una forte e consolidata disomogeneità di distribuzione del dato medio come spalmato sul territorio regionale, tra gli ATO virtuosi del Sannio (72,8%), di Salerno (67,5) – seguiti da Avellino (62,2) e Napoli 3 (60,7) – rispetto ai dati piuttosto negativi di Napoli 1, 2 e Caserta, ambiti per i quali si impone la necessità di un netto e tempestivo miglioramento.
Tra i capoluoghi provinciali risalta l’ottima performance di Salerno (74%), seguita da Benevento (64,9) ed Avellino (63,3), con Caserta corrispondente alla media regionale (55,6%) e in netto svantaggio la città di Napoli (41,9), evidentemente determinato dalle strutturali criticità di un grande capoluogo, che però nell’ultimo biennio ha avviato un percorso di crescita significativa e promettente.
Tuttavia, con la deresponsabilizzante stagione dell’emergenza ormai alle spalle, non si può dormire sugli allori dei buoni recuperi conseguiti ma è doveroso ragionare su quanto ancora ci sia da realizzare in Campania, sia per l’obiettivo di mantenimento della discreta performance raggiunta che, soprattutto, per superare la situazione più recente di quasi stallo nell’ulteriore incremento.
Risulta ancora troppo elevato il numero di Comuni “non ricicloni” – che non riescono cioè a conseguire l’obbligo ed obiettivo minimo di differenziata – ma bisogna puntare anche sulla diffusione del più ampio concetto di comuni “rifiuti free“, ossia quelli che non solo realizzano adeguata raccolta differenziata ma soprattutto un decremento nella produzione di indifferenziato, poi conferito al termovalorizzatore di Acerra.
Inoltre, si registra un graduale incremento delle quantità di frazioni merceologiche raccolte e conferite con buone pratiche di filiera – come carta, plastica metallo e vetro – che costituisce un sicuro segnale positivo tuttavia non sempre proporzionalmente corrispondente alla diminuzione quantitativa della frazione secca prodotta. In altri termini se si è sviluppata nelle case private maggiore capacità di differenziare – anche per più diffusa cultura civica – e poi valorizzare gli scarti, non vi è però anche adeguata prevenzione e riduzione della quantità di residuo indifferenziato.
Un elemento fondamentale per la chiusura virtuosa del ciclo in autosufficienza regionale è costituito dalla realizzazione e completamento delle infrastrutture di supporto, dei centri di trasferenza e di raccolta, della impiantistica intermedia di compostaggio per il trattamento della frazione organica, con tredici impianti e massicci investimenti già previsti.
Bisogna realizzare responsabilmente sui territori – condividendosi l’analisi di Legambiente – impianti industriali di riciclo e digestori anaerobici, in grado di trasformare gli scarti alimentari, agricoli e zootecnici in biometano ed ammendante naturale per l’agricoltura.
In definitiva la condizione della differenziata in Campania è radicalmente progredita rispetto al disastroso punto di partenza – anche per l’impegno complessivo degli enti territoriali, della Regione, delle iniziative imprenditoriali di settore e, soprattutto, di una cittadinanza più formata e consapevole – ma urgono ancora importanti e decisivi tasselli per completare un mosaico davvero virtuoso, all’insegna dei nuovi principi di sostenibilità ambientale ed economia circolare.