C’è chi vestiva e viveva così da sempre, indossando solo capi di qualità dal taglio impeccabile di quelli che passano inosservati ai più. Chi proprio non riusciva a soffrire loghi e marchi attaccati ai propri abiti anche prima di vedere tutte le stagioni di “Succession”, la serie Tv più influente e riuscita degli ultimi anni. Probabilmente strabuzzerebbero gli occhi nel sapere che sono interpreti della tendenza del momento: il quiet luxury, un lusso tranquillo e silenzioso, fatto di capi dal valore non urlato quanto sussurrato, dove solo chi indossa sa cosa indossa. Tutto il mondo della moda, ognuno a suo modo, sembra andare con decisione verso un ritorno al classicismo, alla durabilità delle creazioni, a quell’eleganza distinta di una volta.
È evidente che nell’idea di quiet luxury non ci sia niente di nuovo o sorprendente, eppure questa estetica pare aver cambiato il modo in cui il pubblico guarda ai vestiti. Sarà per quel senso di esclusività del lusso, così difficile da raggiungere se non si ha la forza finanziaria per acquistare i giusti capi di abbigliamento. Perché è inutile farsi illusioni, il trend fa sembrare semplice e accessibile un guardaroba che in realtà non lo è affatto. Non basta un cappottino beige e pantaloni dritti comprati da Zara per sentirsi come Gwyneth Paltrow lo scorso marzo, quando durante la sua settimana in un’aula di tribunale dello Utah, ha sfoggiato maglioni pregiati e stivali di cuoio così silenziosamente lussuosi da confermarla testimonial perfetta del quiet luxury, nonché della ricca borghesia newyorkese.
Ma non solo negli Stati Uniti, la tendenza al lusso discreto avanza anche da noi. È bastato dare un’occhiata alle sfilate dello scorso settembre a Milano e al debutto in passerella del nuovo direttore creativo di Gucci, per accorgersi del ritorno al rigore e alla semplicità. Il nuovo Gucci ha entusiasmato tanti e deluso altrettanti che si aspettavano chissà cosa dopo lo spettacolo senza precedenti che per sette anni Alessandro Michele ha messo in scena per la maison fiorentina. Amato alla follia o detestato senza riserve, Alessandro Michele è stato più artista che stilista, più filosofo che designer, più attivista che venditore. Conosciuto da tutti anche da chi di moda non si occupa, perché il suo punto di vista così personale e visionario ha lasciato un segno nell’universo della moda e del costume, tanto che possiamo davvero affermare, oggi, che esistono un prima e un dopo Alessandro Michele.
Il dopo Michele è stato affidato a Sabato De Sarno, stilista napoletano classe 1983; il suo lavoro non deve essere stato semplice: reinterpretare un brand che ha una storia così importante alle spalle non è cosa da poco. Il nuovo direttore creativo ha messo un punto ed è ripartito, inseguendo una strada di solidità e anche di elegante compostezza e rassicurante portabilità degli abiti, di quiet luxury, appunto.
Com’è facile intuire, l’esordio dello stilista napoletano da Gucci, ha suscitato reazioni contrastanti, alcuni hanno salutato il ritorno del buon gusto dopo anni chiassosi e confusi, altri hanno visto solo l’esaltazione di uno stile banale, per di più venduto a prezzi spropositati. Il punto adesso è chiedersi se l’alta moda sia il luogo della creatività artistica, un laboratorio per pensare, sentire e rappresentare il mondo contemporaneo in modo anche provocatorio e dissacrante. Oppure un catalogo del vestire classico dove vedere e riveder sfilare cardigan di cachemire, giacche di tweed e tailleur impeccabili. Tutti capi prestigiosi e rassicuranti che fa piacere appendere negli armadi, ma che hanno già detto tutto quello che avevano da dire. Invece, le sfilate eccentriche, visionarie, dove sfilano capi non facili da indossare ma capaci di stupire, irritare a volte, sono una manna per chi ama osservare il costume contemporaneo. Ed è di quelli che parleremo.