La professione dell’attore si fa risalire convenzionalmente al 530 a. C. quando il greco Tespi, in occasione delle feste di Dioniso, salì su un palco e parlò come personaggio in una rappresentazione. Da quel momento fare l’attore significò dotarsi di una preparazione specialissima e lunghissima che portava a volte gli attori a diventare superiori allo stesso autore. Il successo di un dramma poteva dipendere più dalla bravura del protagonista che dalla capacità dell’autore, tanto è vero che spesso il poeta componeva a servizio dell’attore, per dargli modo di mostrare al meglio il suo virtuosismo. Numerose e varie dovevano essere le competenze di un vero artista.
Sia nelle tragedie che nelle commedie vi erano parti recitate e cantate. La presenza della maschera che privava l’attore dell’uso della mimica facciale gli imponeva grande studio della prossemica, della capacità cioè con un gesto di dare espressione alle battute. Mancando inoltre la figura del suggeritore fondamentale era la facoltà della memoria. La vastità del teatro all’aperto richiedeva potenza e chiarezza di voce. Godevano di grande stima: potevano muoversi liberamente tra stati in guerra, quasi che la cultura di cui erano rappresentanti, non potesse sopportare appartenenze. Erano esentati dal servizio militare. A volte erano ambasciatori, ne è un esempio Tessalo il famoso attore tragico prediletto da Alessandro Magno. Alcuni grandi protagonisti arrivarono anche a guadagnare cifre esorbitanti: l’attore tragico Polo fu retribuito una volta con un talento per il lavoro di due giorni, una cifra astronomica per i tempi.
Quante di queste connotazioni ritroviamo in Gigi Proietti? Tante, tutte. Grande preparazione e grande abilità nell’espressione del volto e del corpo, interprete sensibile, cantante, ballerino, intrattenitore. La sua voce ha accompagnato negli anni ’90 i nostri figli nella visione del film di animazione Disney Aladdin. La sua abilità canora, di creare vocalismi inaspettati, ironici e divertenti ricalcando nel doppiaggio la voce di un altro grande, Robin Williams che in America era stato la voce del genio, incantava i bambini ma coinvolgeva anche noi adulti.
Il successo del Maresciallo Rocca, iconica figura del panorama televisivo, andato in onda per circa dieci anni, si deve al suo fascino ed a quel plus che attribuiva al protagonista. Le storie erano al servizio del personaggio, forse gli autori erano al suo servizio, ma a noi bastava la presenza di Proietti con la sua ironia, con la quale sottolineava gli aspetti più paradossali del presente
Un esempio?
“Teatro popolare è uno slogan vuoto che ha senso solo se lo spazio diventa davvero popolare, se la gente avverte che stai lavorando in una certa direzione e non, pardon, per farti le pippe” (G. Proietti).