I vincitori della 41^ edizione del Premio Pavese sono: Michele Cortelazzo (saggistica); Dacia Maraini (narrativa); Silvia Pareschi (traduzione); Martin Rueff (poesia); Antonio Sellerio (editoria).
La cerimonia si svolgerà a Santo Stefano Belbo in due momenti, domenica 8 settembre (saggistica, narrativa, traduzione, editoria) e venerdì 13 settembre (poesia). Premiati e giurati converseranno attorno ai temi di rispettiva competenza. “Intento del Premio è riconoscere quelle personalità che, in linea con l’attitudine pavesiana, si sono distinte nel corso degli anni per dedizione, meticolosità, innovazione nei rispettivi ambiti di attività (…) Durante la cerimonia verrà lanciata l’edizione 2024 del Premio Pavese Scuole, rivolto a studenti e studentesse della scuola secondaria di secondo grado, chiamati a confrontarsi con i temi pavesiani attraverso un’interpretazione in chiave personale delle sue opere”.
LE MOTIVAZIONI
Michele A. Cortelazzo, LA LINGUA DELLA NEOPOLITICA Come parlano i leader, Roma, Treccani, 2024.
Il libro di Michele Cortelazzo si propone come una rassegna sistematica del linguaggio dei politici di oggi: ecco la “neopolitica” del titolo. Cortelazzo, grande esperto di questa materia, su cui lavora da anni, ragiona sulle parole che i politici usano, sui loro neologismi, sul loro modo di rivolgersi ai cittadini. Un leader si rivela anche e soprattutto per il modo di parlare, per il modo di comunicare, e per questo va giudicato. Il saggio di Cortelazzo è un contributo serio, scientificamente inappuntabile, ma allo stesso tempo di piacevolissima e scorrevole lettura: l’autore scorre dati ed esempi, ma poi ci fa riflettere sulla lingua e sui valori della nostra democrazia. Si tratta di un libro profondamente educativo e spietatamente critico, mai fazioso o di parte. Troviamo l’intelligenza del linguista, che giudica sulla base di elementi oggettivi, riconoscendo le due fasi storiche che hanno caratterizzato la lingua della politica nella Repubblica italiana: nel passato, il “politichese”, difficile e distante dalla vita quotidiana della gente; più di recente, l’irruzione del “gentese”, un linguaggio pronto a rispecchiare il linguaggio comune, facendone uso spesso nelle forme più rozze. Cortelazzo descrive con vivacità e intelligenza questo sviluppo del linguaggio della “neopolitica”, e allo stesso tempo si interroga sul futuro. L’assegnazione del premio al libro ne premia la qualità, ma vuole essere anche un modo per suggerirne la lettura a politici e amministratori, per segnalarlo alla loro attenzione. Da una presa di coscienza linguistica della classe dirigente potremmo trarre giovamento tutti noi, cittadini dell’Italia di oggi e di domani.
Dacia Maraini.
Riceve il Premio Pavese 2024 per la Narrativa Dacia Maraini per il suo lungo e appassionato impegno sui più diversi fronti della cultura italiana (dal romanzo, al racconto, al teatro, alla saggistica, al documentario e alla sceneggiatura). Dacia Maraini è un’autrice poliedrica, attenta ai cambiamenti della società italiana, e in particolare al ruolo in essa ricoperto delle donne. Ha dato voce a tante figure indimenticabili che, sulla scia delle pavesiane “donne sole”, hanno acceso una luce mai scontata o banale sulla condizione femminile nel corso della storia. Marianna Ucria, Chiara di Assisi, più recentemente Ipazia sono alcune delle donne da lei elette a modello esemplare di una vicenda di esclusione capace di farsi portatrice di valori di innovazione e rinnovamento: la scrittura di Maraini, viva, potente, piena di energia traccia di queste donne dei ritratti di grande impatto e attualità. Inoltre il suo impegno per i giovani, la passione con cui li sprona al superare la loro linea d’ombra ne fa una delle eredi del “fanciullo divino” pavesiano: anche i suoi personaggi sono figure inarrese, fiduciose del potere dell’utopia, e insieme tormentate e contraddittorie.
Silvia Pareschi
Silvia Pareschi è da tutti i punti di vista una delle migliori e più importanti traduttrici letterarie presenti oggi in Italia. In oltre 20 anni di attività ha tradotto dall’inglese più di settanta libri di autori e autrici di primissimo piano, da Le correzioni di Jonathan Franzen del 2002 a Addio alle armi di Ernest Hemingway in uscita nel 2025. Ma ciò che colpisce di Silvia Pareschi, oltre a questa notevole prolificità, è la qualità costante, anzi, crescente, del suo lavoro. Silvia Pareschi ha tutte le caratteristiche della grande traduttrice: competenza, curiosità, attenzione, immaginazione… ma due sono i termini che descrivono al meglio il suo stile: naturalezza e talento. Cesare Pavese diceva che “per tradurre bene, bisogna innamorarsi della materia verbale di un’opera, e sentirsela rinascere nella propria lingua con l’urgenza di una seconda creazione”. Il risultato è un’opera che ha l’immediatezza (da non confondersi con facilità) dell’originale; la condizione imprescindibile per raggiungerlo è il talento: quello che nessuno ti può insegnare, e che non puoi insegnare; quello che in traduzione significa sì istinto, ma anche paziente cura del testo, umile intelligenza dell’originale. Quell’ineffabile ma lampante talento che fa sì che le traduzioni di Silvia Pareschi siano non solo fluide come se fossero state scritte in italiano, non solo estremamente accurate, ma anche autentiche “seconde creazioni” dotate di una bellezza intrinseca, come diceva Pavese. E di questo la ringraziamo.
Martin Rueff
Distinzioni. Ha ricevuto il premio internazionale di poesia francofona Yvan-Goll e il premio Henri-Mondor dell’Académie française nel 2008 per l’opera Icare crie dans un ciel de craie. Riceve il Premio Pavese – Poesia 2024, per la raccolta – in lingua italiana – Verticale ponte. I poeti sconfinati, Bologna, Modo Infoshop, 2021. L’opera di Martin Rueff, poeta, traduttore, critico, si distingue per l’ampiezza degli orizzonti critici e la profondità della sua creazione. Egli pensa alle arti come al luogo stesso della “generosità”, della capacità di generare senso e vita: «Perché sia distrutta l’arte / bisognerebbe che lo sia / il cuore» e come ricettacolo dell’intimo: «Sono elegie queste / e versi dell’interno, / non del tumulto, / non del rumore». La sua poetica attinge ai classici e alle lingue che ha abitato, è senza confini e varca sempre il luogo, per dar dimora nell’infinito: «Area o ponte o tavola la poesia / è verticale di parole in equilibrio / sul pavimento da loro eretto / poeta small pontifex?»
Antonio Sellerio
Antonio Sellerio è riuscito in due compiti difficilissimi. Ha ereditato da entrambi i genitori, Enzo ed Elvira, e da Leonardo Sciascia una casa editrice raffinata e decentrata, quasi periferica. È riuscito a mantenerla in vita e a non disperderne l’aura inconfondibile, il che da solo è già un grande risultato. Nello stesso tempo, e in apparente contraddizione, è riuscito a cambiarla completamente e a darle un nuovo baricentro, il giallo italiano di qualità. Questa singolare congiunzione tra un genere popolarissimo, il giallo, e un modo di affrontarlo marcatamente letterario ha portato alla ribalta una serie di nuovi autori – su tutti Andrea Camilleri – che si sono guadagnati il favore di un pubblico sempre più vasto. Antonio Sellerio è così riuscito a quadrare il cerchio editoriale, ha congiunto una innegabile qualità a una larghissima udienza, impresa di per sé quasi impossibile. Oggi la Sellerio è una casa editrice ben piantata, solida, e nello stesso tempo sempre pronta a offrire ai suoi lettori quello di cui sono sempre in cerca: il fremito della sorpresa.