Cospira di Patrizio Esposito, Cronopio, Rasoi, 2022 fa parte della terna di narrativa che concorre al Premio Napoli 2023.
L’autore dal 1982 coordina le attività editoriali de L’Alfabeto urbano e nel 1984 ha iniziato a fotografare in America Latina. Tra il 1994 e il 1996 ha curato l’immagine grafica del Festival del teatro di Santarcangelo (con Leo de Berardinis) e del Festival di Volterra. Ha collaborato con Antonio Neiwiller, Thierry Salmon, Teatri Uniti, Gamberetti Editrice, il Centro studi Franco Fortini di Siena. Con il fotografo Adel Altai e l’associazione “Un Ponte per” ha promosso la Biblioteca della Fotografia di Baghdad, in seguito distrutta dai bombardamenti Usa del 2003. Dal 1999, assieme a Fabrizia Ramondino e Fatima Mahfoud, lavora al progetto “Necessità dei volti” per la visione in Europa dell’archivio fotografico custodito dai sahrawi nel deserto algerino dell’Hammada. Con Stefano Chiarini è stato promotore degli “Annual courses of video and digital photography”, dal 2006 al 2010, nel campo profughi palestinese di Mar Elias, a Beirut. (https://defigura.wordpress.com/gli-artisti)
L’intensa attività svolta in luoghi di guerra ma anche in situazioni di profondo dolore e lacerazione, come il manicomio Leonardo Bianchi, è la chiave di volta per poter leggere questo testo. Non è, a mio avviso, narrativa nel senso stretto del termine, non racconta una storia ma tante, spiegazioni, ampie didascalie, riflessioni sulle fotografie scattate sul campo. Tante foto tante storie, tante letture. E’ un occhio diverso quello che guarda le realtà disastrate che si presentano. E’ l’occhio del testimone che guarda e fotografa ma che poi sullo scatto riflette e connette realtà apparentemente distanti. Quali foto scegliere dall’infinito repertorio dell’autore? Teatri di guerra come il Libano, teatri di sofferenza e miseria umana, teatri naturali specie lì dove la mano dell’uomo è intervenuta per distruggere. Il dolore dell’esistere che accomuna uomini e animali, esseri animati ed inanimati è un spesso il male di vivere ho incontrato di montaliana memoria. Questa impostazione fotografica consente all’autore di farci incontrare popoli insorti, pazzi, autori teatrali…
E forse questo è il senso del titolo respirare insieme dal verbo latino conspirare, che rinvia all’idea di un soffio, un animus che tutto pervade ed alimenta. Ma vi potrebbe essere anche un’altra spiegazione. Cospirare nel senso di mettersi insieme per abbattere il potere definito. In entrambe le ipotesi il verbo invita, sollecita, stimola il lettore ad andare oltre lo sguardo e leggere i segni nascosti delle cose.
Di non facile ed immediata lettura, segmentato e frammentario nella struttura volutamente scabra e poco disponibile verso il lettore, il testo presenta un ampio capitolo che è forse il cuore di tutto: l’ospedale psichiatrico Bianchi di Napoli con il suo carico di dolori, silenzi, sofferenze, il luogo che non ha guarito alcunché, che ha archiviato il suo nulla dichiarandolo medicina e pietà .
Anche la lingua si apre a tutta una serie di suggestioni, dialetto, suoni, espressioni gergali nella profonda tensione di dire ciò che la lingua ufficiale nella sua rigidità non è capace di esprimere.
Essendo una lettrice tradizionale, propensa a ritrovarmi nel recinto della tradizione letteraria, ho avuto difficoltà a ritrovare il filo e non sempre ho apprezzato questa dispersione testuale. Ma forse l’intento dell’autore è proprio di far smarrire il lettore nel labirinto delle storie come in un castello dei destini incrociati.