Si è svolta venerdì scorso a Taranto l’assemblea generale della Federazione degli agenti marittimi. Porto Italia nel mondo che cambia, il titolo. Provocatorio nelle intenzioni. E infatti il presidente Santi ha sviluppato alcune forti considerazioni.
Affermazione sempre più convinta dell’India come riferimento del commercio e dell’economia mondiale. Declino difficilmente arrestabile della Cina, ancorché tutt’oggi presente indirettamente anche in quei paesi asiatici che sembrano averle eroso parte di quote produttive (India, Arabia Saudita, Israele, Sud Europa).
Italia molto meno dipendente, ad esempio rispetto alla Germania, dai superpoteri internazionali.
I porti e i traffici marittimi rappresentano il più importante asset del sistema Paese.
L’Italia ha oggi bisogno di scegliere autonomamente quale formula di politica portuale perseguire (specie in un Mediterraneo che la può vedere protagonista) senza inseguire schemi che vanno bene per i paesi del Nord Europa o per la Spagna, ma che non sarebbero adeguati al livello di sfida che l’Italia ha le potenzialità di vincere.
Ergo, Porto Italia. Una portualità diffusa lungo tutte le coste italiane, diretta da una cabina di regia nazionale pubblico-privata: visione unitaria e centrale, controllo statale della risorsa demaniale e delle scelte strategiche. Quindi: maggiore collaborazione tra pubblico e privato a livello di investimenti strategici (nel perimetro dello strumento concessorio); regia nazionale in seno al MIT che diventi cabina di regia operativa per le AdSP eliminando sovrapposizioni di competenze (ART, AGCM, ANAC, MIT) e garantendo percorsi normativi standard.