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Pompei, nuove scoperte oltre gli Scavi fuori dagli Scavi

Riqualificazione archeologica dei centri urbani dell’ager pompeianus

by Federico L.I. FEDERICO
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Nella prima serata del 21 febbraio scorso, l’ANSA pubblicava questo comunicato:

Nella prossima settimana, mercoledì 26 febbraio alle ore 10:30, a Pompei presenteremo alla stampa i risultati degli ultimi scavi nell’area centrale della città, con una scoperta inattesa, un grande affresco, ovvero una ‘megalografia’, a tema dionisiaco”: lo ha annunciato oggi a Roma il ministro della Cultura Alessandro Giuli, in un incontro con la Stampa Estera.

Una scoperta importante che, secondo il ministro, “dimostra ancora una volta come a Pompei non si possa distinguere schematicamente tra arte, architettura, vita quotidiana, ritualità, è tutto un unico intreccio, un’unica vita pulsante che ci può insegnare tante cose ancora oggi e che merita tutti gli sforzi per la conservazione e per l’accessibilità di un patrimonio unico. Per questo – ha poi aggiunto Giuli – recentemente il governo ha stanziato ulteriori fondi per un importo complessivo di 33 milioni di euro per interventi strategici di scavo, manutenzione programmata e valorizzazione nella città antica e nel suo territorio”.

Mi verrebbe da scrivere: breve, succinto e compendioso. Come si diceva una volta per rimarcare l’importanza di una notizia data senza fronzoli o altre fumoserie in politichese.

Intanto quindi un “bravo” a Giuli glielo dedichiamo.

C’è poi da dire che, dalle numerose interviste concesse alla stampa dal Direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel sulla Grande Pompei – tema a lui caro e da lui ravvivato ed esteso al territorio vesuviano con la idea forza degli Scavi Fuori dagli Scavi – emergono chiaramente alcune sue considerazioni e proposte, estese al territorio vesuviano, che trovano questo giornale Gente e Territorio completamente d’accordo e, dunque, al suo fianco, pronti a sostenerne l’azione.

Ma prima di entrare nel merito delle questioni, voglio ricordare l’incipit di un articolo dell’amico di vecchia data Antonio De Simone, archeologo docente per decenni a Napoli presso l’Università Suor Orsola Benincasa, il quale mi ha sempre detto e ripetuto bonariamente di “trovarsi meglio” a discutere di idee e progetti sul patrimonio archeologico con un architetto come me, piuttosto che con un archeologo come tanti. Bontà sua, di cui non porto ulteriore responsabilità.

Il titolo dell’articolo di De Simone – apparso non pochi anni fa in un volume scritto a più mani da archeologi e architetti era: presenze archeologiche e riqualificazione dei centri urbani nell’area vesuviana. Nell’articolo – oltre che dare indicazioni metodologiche e operative sulla Archeologia Urbana – definiva l’unitarietà culturale del territorio vesuviano, con queste semplici ma chiare parole:

“Il territorio vesuviano, identificabile nella pianura e nel monte che la sovrasta e si affaccia al mare, rivela fin dall’antichità una fitta stratificazione generata da improvvisi e devastanti risvegli del vulcano in cui a momenti di aggregazione di culture si contrappongono fasi caratterizzate da realtà distinte e fortemente individuate. La pianura è, infatti, il luogo fisico di arrivo e di stanziamento di genti che, discese dai pendii del contermine appennino, si trasformano, a contatto con suoli fertili e clima adeguato, in sapienti agricoltori. Le pendici del vulcano, che i Romani trovarono già ben coltivate, attestano tale trasformazione.”

C’è da credere a tali affermazioni, essendo le radici di De Simone saldamente vesuviane e la sua esperienza di archeologia – non demaniale – a Somma Vesuviana come primo collaboratore italiano di Masanori Ayoagi, il grande Archeologo giapponese Premio PIAAM 2022 del Comune di Pompei, tra l’altro.

 

 

Ebbene l’Archeologia Urbana – come definizione di un modello di fare archeologia nelle città vive dell’area vesuviana – è divenuta nuovamente di attualità grazie a una serie consolidata e stratificata di dichiarazioni di Gabriel Zuchtriegel, come il suo azzeccato slogan per “Gli Scavi fuori dagli Scavi”, che ha trovato su queste colonne pieno apprezzamento per la visione allargata al territorio vesuviano. Esso dal Settecento (e forse ben da prima, come dimostrano studi e pubblicazioni recenti sempre più condivisi) costituiscono l’epicentro dell’Archeologia che va sotto il nome di Archeologia Vesuviana e/o Pompeianistica.

 

 

Aspettiamo quindi con impazienza Alessandro Giuli e la sua Conferenza Stampa della mattinata di mercoledì 26 Febbraio per vedere tracciata del Ministro in persona una possibile via di sviluppo turistico e culturale per la realtà vesuviana, estesa prioritariamente all’Ager Pompeianus e, dunque, alle realtà di Archeologia Urbana e Territoriale, non soltanto Romana, che lo punteggiano.

Così è anche per la Pompei nuova, quella Mariana, la quale racchiude, al di fuori dell’area demaniale tesori di archeologia “scoperti” e poi “ricoperti” colposamente, fin dall’Ottocento, all’insaputa di tutti, o quasi ma riportati in pubblicazioni scientifiche e, già nell’Ottocento, con cura puntigliosa, dal grande storico della Pompei moderna Ludovico Pepe.

A conferma di quanto scrivo, rimando il lettore ai notevolissimi ritrovamenti di epoca preromana in atto presso il parcheggio della Stazione EAV di Pompei Santuario, grazie ai lavori in corso per il Progetto EAV per Pompei.

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