Ieri sul Mattino di Napoli è apparso un articolo di Mauro Calise: “cosa serve ai sindaci del sud per la svolta”. La tesi di fondo è che, data la inadeguatezza tecnica delle Amministrazioni locali meridionali nella gestione dei flussi finanziari da Pnrr, sarebbe utile la creazione di un’agenzia “centrale” con una missione specifica e limitata che surroghi tale deficit progettuale e manageriale.
Si tratta di una questione importante, da sempre e in tutto il Mezzogiorno. Qualche tentativo per metterci una pezza, almeno in Campania, c’è stato. Penso a quando Stefano Caldoro, presidente della Regione, e Edo Cosenza, assessore regionale ai lavori pubblici, decisero di potenziare l’Arcadis – l’Agenzia regionale per la difesa suolo della quale chi scrive fu a suo tempo Commissario – approfittando delle importanti risorse tecniche ed amministrative di cui disponeva e affidandole la progettazione e gestione di numerosi grandi interventi. Funzionò discretamente per qualche anno, poi fece ombra a qualcuno sul territorio e De Luca la chiuse quasi all’inizio del suo primo mandato, pur tentando di creare una sorta di tecnostruttura che non ha avuto grande fortuna.
E’ un piccolo esempio delle potenzialità e dei pericoli insiti in un intervento dall’alto. Il Pnrr è in buona parte un elenco di titoli senza progetti e senza una seria analisi di fattibilità e addirittura di utilità. Manca una vera programmazione. Ci sono i tempi per farla, chiunque se ne occupi? Probabilmente no. Allora non resta che prendere quei titoli e sviluppare una progettazione che risponda alle regole del Pnrr, bandire quanto prima le gare e riservarsi in corso d’opera di adeguare gli interventi alle realtà e alle esigenze del territorio man mano che si evidenziano.
E qui nasce un problema, ovvero quello della idoneità di una struttura centrale provvisoria, paracommissariale, ad interpretare e soddisfare i reali bisogni del territorio e farsi largo tra quelli per così dire indotti, dai portatori di interessi o di voti o di quel che sia. E’ un rischio. Lasciare invece le cose come stanno è una certezza: che si combinerà poco o niente.
Potrebbe allora forse convenire pensare ancora più in grande, ad una sorta di nuova Cassa per il Mezzogiorno, una struttura non eterna ma di lungo periodo che interloquisca con gli Enti locali e sia dotata di sufficienti poteri autonomi. In Campania l’unica programmazione in materia di lavori pubblici è ancora quella della Cassa e tuttora ci si affanna a realizzare o adeguare le opere da questa previste.
Certo i tempi sono cambiati, non foss’altro perché oggi ci sono le Regioni e si punta tutto sull’autonomia (differenziata?) territoriale, ed è necessario ritarare con attenzione la strategia. Quindi bene, anzi benissimo il dibattito. Purché rapidissimo. Male, anzi malissimo, il piagnisteo continuo di alcuni sindaci. Non lo sapevano quando si sono candidati che non c’era un soldo per la gestione ordinaria dei Comuni e che il deficit di risorse umane era emergenziale?