Dice un adagio popolare che solo chi non fa non sbaglia. Esistono, però, circostanze in cui vi è il forte dubbio che anche stare fermi sarebbe stato un errore. Le piste ciclabili appartengono a questa categoria. Farle o non farle non importa, in ogni caso per qualcuno sarà la scelta sbagliata. Fatta questa doverosa premessa, quello che sta avvenendo in via Venezia sfida le regole della fisica. E del codice della strada, stando all’opposizione. Di sicuro, trasformare l’entrata di Corso Buenos Aires in una strada a due sole corsie, senza protezioni fisiche sta sollevando non poche preoccupazioni. Che si possono dividere in tre categorie:
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Le piste ciclabili si notano poco. O quanto meno c’è il forte rischio che qualcuno le scambi per corsie un po’ strane. Stando al Giorno è successo la scorsa mattina. Non stentiamo a crederlo. È un problema solo iniziale, naturalmente, ma non riduce il rischio che qualche ciclista finisca male. Segnaliamo anche che la vicinanza di marciapiedi e posteggi segna anche il rischio di manovre evasive delle biciclette che le farebbero finire nel traffico. È una reazione spesso sottovalutata da chi non usa le due ruote spesso, ma le bici di città non hanno dei gran freni. Di solito, istintivamente, si è portati a schivare più che a inchiodare. Con tutti i rischi del caso.
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Le strisce pedonali per attraversare le piste ciclabili non funzionano molto. Per il motivo che dicevamo prima, frenare in bici non è la stessa cosa che farlo in macchina. Per questo è pericolosissimo usarle per collegare parcheggi ai marciapiedi: danno un falso senso di sicurezza ai pedoni e costituiscono un pericolo in più. Hanno il vantaggio di dire ai ciclisti a che altezza rischiano di finire in una portiera aperta senza guardare, ma non è molto probabile che questo salvi qualcuno.
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In un momento storico di sofferenza per i negozi, togliere linfa vitale (altrimenti nota) come traffico alla zona, significa uccidere il polmone di corso Buenos Aires. E, cosa ancora peggiore, strozzare anche viale Monza, con l’intero quartiere di NoLo. Per carità, non assisteremo ad una ecatombe solo per questo. Ma è sempre sale sulla ferita: disinfetta, ma non è piacevole.
Quello che sconcerta, però, è il silenzio degli ambientalisti. Forse questo tentativo è troppo anche per loro? Forse. O, più probabilmente, in un mondo di battaglie da combattere, questa non appariva la più probabile da vincere. D’altronde le critiche non sono davvero tenere e non vengono solo dai commercianti:
“Ci “regalerà’’ file interminabili di vetture e veicoli commerciali, una velocità del traffico tendente a zero e molte difficoltà per l’eliminazione della corsia più prossima alle aree di parcheggio. In questa situazione ogni piccolo incidente o difficoltà si tradurrà in una paralisi”, ha dichiarato Simonpaolo Buongiardino, presidente di Assomobilità.
“Sarebbe stato meglio rivolgersi prima alla polizia locale per avere un parere qualificato, invece di agire in modo così approssimativo”, dichiara Daniele Vincini, segretario del Sulpm
In conclusione, un’ultima riflessione: ci sono spazi di manovra per cambiare o rifare il progetto? Se questa domanda fosse stata fatta a Febbraio su qualsiasi altra modifica alla viabilità avrei detto di no. Questo Comune non cambia idea o strada. Ma oggi, oggi è tutto diverso. Forse potremmo vedere qualche limatura. Anche se è difficile prevedere in che direzione. Non si può toccare la pista ciclabile. Non si possono eliminare i parcheggi. Forse il nuovo marciapiede, quello delimitato dalle strisce bianche, potrebbe essere eliminato. Ma non creerebbe certo lo spazio per il raddoppio della corsia. Vedremo, ad ogni buon conto. Di certo una cosa è incontestabile: tra tutte le opere contestate degli ultimi due lustri (si pensi su tutte alla contestatissima pista ciclabile di viale Tunisia) questa è l’opera più orfana di tutte.