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Parigi 2024, quando il pugilato fa a pugni con la politica

Una inutile polemica olimpica rischia di annebbiare le imprese degli sportivi italiani

by Pietro Spirito
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Siamo riusciti a politicizzare le Olimpiadi di Parigi. E a far dimenticare che disponiamo di una nazionale di atleti di assoluto valore, che per il momento, dopo la prima settimana di gare, piazza l’Italia all’ottavo posto nel medagliere mondiale, precedendo di gran lunga nazioni come la Germania.

Invece di lasciare spazio alla gloria ed alle imprese delle nostre medaglie, abbiamo tenuto banco con la ormai consueta polemica gender, che costituisce, per la destra di governo, un vero e proprio incubo che turba le notti afose di agosto, oppure un potente distrattore di massa, capace di attivare vere e proprie Olimpiadi della chiacchiera.

Tutto è cominciato con l’incontro di pugilato tra la casertana Angela Carini contro l’algerina Imane Khelif. L’incontro era già stato preceduto da una scia di polemiche. Le decisioni contrastate della federazione mondiale di pugilato che, nella fase di avvicinamento all’Olimpiade, prima avevano squalificato l’atleta algerina per eccesso di testosterone e poi l’avevano riammessa, erano premessa per discussioni.

Dopo quarantasei secondi dall’avvio dell’incontro, l’atleta azzurra, che aveva intanto incassato un paio di pugni duri, si è avvicinata all’angolo ed ha deciso di ritirarsi. Ho visto il combattimento in diretta e, in base alle prime dichiarazioni di Angela Carini, mi sono formato il convincimento che tutto il clamore mediatico aveva provocato una tensione emotiva che non era stata superata da Angela, molto colpita anche dalla morte del padre al quale volveva dedicare un successo.

Insomma, sul momento, le mie simpatie sono andate ad una atleta che si era fatta condizionare dalle polemiche mediatiche e non era riuscita a giocarsi le sue carte sportive. Poi, con il passare delle ore, mi si è presentato un quadro progressivamente diverso. I politici della destra sono intervenuti, a piedi uniti e con inusitata durezza, sulla discriminazione inaccettabile che ha posto a confronto una donna con una persona dotata di caratteristiche mascoline. Ma dove era tutta questa folla di dotti disquisitori sui parametri sportivi che discriminano i sessi quando venivano assunte le decisioni che hanno ammesso l’atleta algerina alla manifestazione olimpica?

Forse vale la pena di ricordare tutte le polemiche che hanno accompagnato le prestazioni sportive delle atlete dell’Est per interi decenni, con risultati strabilianti dal punto di vista dei risultati cronometrici nel nuoto e in atletica, oppure nelle specialità della lotta. Nessuno muoveva paglia, però, perché al doping sessuale orientale corrispondeva il doping sintetico degli atleti occidentali.

Non sono convinto che sia cambiato molto da allora, come dimostra quello che è accaduto negli ultimi decenni nel ciclismo. Di doping nessuno ha parlato, l’attenzione si è spostata sul terreno del discrimine sessuale. Poiché nessuno dei politici intervenuti è un endocrinologo, possiamo archiviare senza alcun danno parole espresse in libertà.

Come sempre accade nelle polemiche italiane, guardiamo il dito e non vediamo la luna indicata dal dito stesso. Facciamo polemiche adatte e disegnate su misura del palcoscenico politico italiano, invece di provare a capire in modo più specifico come sta cambiano lo sport negli ultimi anni.

Onestamente pensare che il doping si sia eclissato per miracolo è una affermazione destituita di fondamento rispetto alla realtà. Resta solo lo sciacallaggio dei nostri politici. Questa acre percezione è resa più intensa quando poi la federazione internazionale di boxe decide di premiare Angela Carini per un ammontare equivalente alla campionessa olimpica di categoria. La pugile italiana ha deciso di rifiutare il generoso premio in denaro e ha fatto un passo indietro rispetto alla dichiarazione di ritirarsi dall’attività sportiva.

Ma la sensazione di strumentalizzazione si è consolidata quando è cominciata a diffondersi, a cura di Don Patriciello, la notizia che ad Angela sarebbe riservato un lavoro pubblico a Caivano, nel Parco Verde, il fiore all’occhiello del Governo Meloni. Scherziamo? Quelli che erano dubbi cominciano a diventare certezze.

Il merito della vicenda sportiva non interessa proprio a nessuno. L’obiettivo è solo quello di costruire una narrazione propagandistica per mettere in difficoltà gli antagonisti politici e per marcare una storia che intende ancora una volta segnare presunti modelli valoriali che, grattati appena sotto la coltre del racconto, sanno di campana stonata e rotta.

Patrizio Oliva, campione olimpico di boxe, ha dichiarato che “in questo momento l’unica persona che mi fa tenerezza è proprio l’algerina, perché è stata sbattuta su tutti i giornali. Chi la chiama trans, chi la chiama gay, chi la chiama uomo”. Sport e politica costituiscono un pericoloso corto circuito, spesso utilizzato a piene mani per coltivare il consenso. Lo hanno fatto soprattutto le dittature, ma anche le democrazie non sono immuni da questa tentazione. Speriamo di poterci tornare ad occupare di atleti, di competizioni, di risultati, Anche perché ce ne sono, nonostante le polemiche di genere.