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Oliviero Toscani, si spegne il suo obiettivo sul mondo

Mancherà la sua irriverente analisi delle cose

by Francesca Pica
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Ci lascia Oliviero Toscani, il grande fotografo si è spento all’età 82 anni. Soffriva da due anni di una malattia rara, di cui lui stesso aveva parlato in un’intervista la scorsa estate. Alla giornalista che ha chiesto: Le dispiace che sia andata così? Ha risposto: «Mi domando se non sarebbe stato meglio un problema di demenza, ma con un corpo sano. Sarebbe stato peggio per gli altri». Ecco la risposta di una mente che sa pensare: stava male e si preoccupava degli altri.

Questo era l’uomo. L’artista invece, è stato un fotografo irriverente, famoso per le sue campagne pubblicitarie fuori dagli schemi, che hanno rivoluzionato il mondo della moda e della comunicazione in oltre mezzo secolo di carriera. Quelle campagne ne hanno fatto uno dei fotografi più amati, osannati, contestati, odiati e discussi nel mondo della cultura, della fotografia e dell’arte in tutto il mondo.

La sua arte è stata riconosciuta ovunque, non un semplice fotografo ma un artista che ha saputo trasformare ogni scatto in un potente strumento di comunicazione. Le sue immagini, provocatorie e controversie, hanno sfidato le convenzioni sociali e costretto lo spettatore a confrontarsi con temi scomodi, dalla sessualità al razzismo, dalla sofferenza alla bellezza.

Migliaia di ritratti, milioni di immagini. Eppure, non voleva essere ricordato per nessuna in particolare, ma “per l’insieme, per l’impegno. Non è un’immagine che ti fa la storia, è una scelta etica, estetica, politica da fare con il proprio lavoro”. Quella scelta, rivoluzionaria e di libertà, è stata la scelta dei temi delle sue campagne fotografiche, ma anche dei suoi libri, delle riviste che ha diretto, delle donazioni che ha fatto.

Alzare controversie con il suo lavoro era inevitabile, dal momento che nella sua carriera ha scardinato tabù e pruderie, diventando il grande mago della comunicazione provocatoria. “Se sei libero fai paura. – diceva – la provocazione è intrinseca all’arte, se l’arte non provoca qualcosa non serve a niente”. La sua provocazione stimolava il dialogo, rompeva il silenzio su argomenti scabrosi e spingeva a una maggiore consapevolezza. Era davvero difficile restare indifferenti davanti alle sue immagini, che erano usate per la pubblicità, certo. Ma avevano il potere di raggiungere milioni di persone in un’epoca dove Internet era ancora di là da venire.

Molte generazioni sono cresciute in tema di diritti civili di sicuro con le manifestazioni e l’impegno politico, ma anche, e tanto, grazie alle pubblicità disturbanti di Toscani. Lui per primo ha portato all’attenzione generale l’omofobia, l’odio razziale, la liberazione sessuale, le diseguaglianze, perfino i delitti di mafia. La sua collaborazione con Benetton ha creato campagne pubblicitarie che hanno fatto scalpore, utilizzando immagini audaci per trattare questioni come l’AIDS, le guerre, la diversità culturale e l’ingiustizia sociale. In un mondo dove il marketing spesso ignora la sostanza per abbracciare la superficialità, Toscani ha scelto di mettere in primo piano la verità, anche quando questa è difficile da digerire. Per questo Oliviero Toscani ci mancherà. Mancherà la sua irriverente analisi delle cose.

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