Oggi, 60 anni fa, moriva Togliatti. A 71 anni. Figura controversa, dilemmatica, divisiva. Alcune cose sono indubbie. Fondò un partito di massa. Ne salvò il nucleo nella bufera staliniana, palesando dissenso e insieme obbedienza fin dal IX plenum luglio 1928 della Internazionale comunista che decreta la svolta del social fascismo. Era buchariniano ma disse una volta a Rossanda che egli era pazzo perché lo andava proclamando il suo bucharinismo, non perché fosse sbagliato! Avvolse Gramsci in una bolla in carcere ben conoscendo il suo dissenso sia dai metodi di Stalin e Bucharin sia dalla linea del social fascismo. Che assimilava fascismo e socialdemocrazie. E’ falso che non lo abbia voluto far liberare, poiché ciò dipendeva dal duce e da Stalin che non volevano affatto, per convergenti e opposti motivi. Protesse il lascito di Gramsci impedendo che fosse consegnato agli archivi della Ic e lo rese fruibile poco a poco anche nelle parti più “pericolose”. Attuò infatti le sue linee generali, quelle dei Quaderni del carcere, e scelse perciò la via democratica dopo aver convinto anche Stalin della necessità dei fronti popolari, nonché quella di approfondire il fenomeno fascista come modernità reazionaria di massa. Basata sui ceti medi e la loro difesa e promozione. Come nelle famose lezioni sul fascismo pubblicate a Mosca nel 1935. Dunque Togliatti revisionista, democratico, comunista gradualista di destra, che sblocca con il governo Badoglio le divisioni anti fasciste. Una figura chiave della democrazia post fascista, promotore di cultura, cinema, editoria, arte benché lui stesso si definisse passatista e alieno e avverso alle avanguardie. Ma il neo realismo che lui amava era però avanguardia e lui teorizzò in difesa di Riso amaro di De Santis, che il cinema era una democrazia non edificante dell’immaginario di massa. Senza politicità dell’arte. Lasciò in morte dopo l’ictus a Yalta una sistematica critica dell’URSS e dello Stato partito, il Memoriale di Yalta, imperniata su pluralismo e garantismo. Sulla coesistenza dei sistemi. Sulla idea che la pace in era nucleare, era sovra ordinata alla lotta di classe. E scrisse nel 1963 che religione e identità dei popoli erano componenti non eliminabili della condizione umana, non già marxiste sovrastrutture. Fece del Pci una chiesa laica dove il dissenso era possibile purché non organizzato in correnti.
Poi c’è il lato fideistico di Togliatti: credeva nell’ URSS come bastione anti capitalista riformabile. Fu evasivo sul XX congresso. Non approvò la demolizione di Stalin né lo stile plateale di Kruscev benché le sue idee andassero in direzione analoga. Condannò la rivolta ungherese del 1956 e ne invocò la repressione. Anche se poi all’VIII congresso rilanciò il suo comunismo democratico fondato sulla idea che lo stalinismo non poteva essere una degenerazione, ma un “errore di sistema”. Connesso alla fusione partito Stato tipica dello stesso leninismo giacobino.
Muore Togliatti su questo grande crinale contraddittorio: critica del comunismo Lenin Staliniano a radice giacobina, e insieme difesa della fortezza sovietica comunque. E’ qui che gli storici e chi fu erede di quella stagione devono continuare a scavare. Per trarre un serio ed equanime bilancio di Togliatti e del togliattismo. E la domanda resta questa: avrebbe potuto Togliatti virare in senso post sovietico almeno come Nenni? E dislocare quella grande Chiesa di massa sulla via di un socialismo che abbandonasse la matrice asiatica dell’ottobre 1917? Avrebbe potuto farlo senza disgregarla e disperderla? Non è storia con i se. Ma la vera questione capitale che spiega anche la drammaticità e le convulsioni politiche del “nostro” 1989. Con il Pci in ritardo travolto dagli eventi e alfine sfociato in un partito, il Pd, ancora dalla incerta identità.
1 comment
Non sono d’accordo con l’ultima frase del testo, secondo cui il PD è un partito di incerta identità. Direi piuttosto che è una “cosa” il cui solo fine è la gestione del potere di alcuni che, in termini di cultura e motivazione politica, potrebbero tutt’al più fare i custodi di una vecchia sezione del Partito Comunista.
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