Sta per uscire nelle librerie il volume edito da Guida “Nulla sarà come prima?” con prefazione e cura di Piero Antonio Toma. Trentotto esperti si sono cimentati nel ragionamento sugli effetti della pandemia e sugli scenari che si apriranno a valle della sua conclusione.
La particolarità del volume sta nella estrema eterogeneità dei contributi, organizzati in dieci sezioni, che compongono un caleidoscopio di punti di vista: arte, musica e teatro, comunicazione, economia e trasporti, gastronomia, libri, sanità e salute, scienza, società e politica, sport e turismo, storia e filosofia.
È ovviamente impossibile dare conto di tutti i ragionamenti. Cerchiamo in questa recensione solo di offrire un aperitivo di spunti, che andranno poi delibati con la lettura.
Pina De Luca: La parola crisi ha origine greca, da Krino, e rinvia al gesto del distinguere, gesto con il quale, dopo che il grano era stato mietuto, si separava la granella del frumento dalla paglia e dalla pula.
Dinko Fabris: La proposta di rinascita del Teatro San Carlo, formulata prima della pandemia da Stefane Lissner, si basa su tre pilastri che possono tornare utili per la società post-pandemica: ricerca, didattica, solidarietà.
Massimo Capaccioli: Niente era mai riuscito a smorzare la voglia di firmamento. Eppure, la pandemia ha fermato per qualche tempo i telescopi giganti. Nell’orizzonte del prossimo futuro si segnalano due grandi investimenti per tornare a scrutare il nostro orizzonte: l’E-ELT, un telescopio europeo extralarge con uno specchio composito, fatto di quasi 1000 elementi riflettenti, con la dimensione di una grande piazza, e JWST della Nasa, con uno specchio dorato di 6 metri di diametro, collocato in un magico punto del cielo che lo manterrà allineato con Terra e Sole.
Derrick de Kerckhove: Nella triade semiotica del segno, qualsiasi affermazione può essere vera se i tre elementi che la compongono corrispondono: ogni segno ha bisogno di un significante supportato da un referente. È proprio quest’ultimo fattore che, con la pandemia, è venuto meno, a causa di emozioni, preconcetti o mancanza di competenza che sono emerse con il virus.
Il compianto Pietro Greco segnala che in tutti i dibattiti sulla pandemia non si è mai visto una giornalista o un giornalista scientifico, con l’eccezione di Roberta Villa e Barbara Gallavotti, in Italia la domanda socioeconomica di scienza è carente.
Edo Ronchi: La pandemia ha aumentato le preoccupazioni per la sicurezza, la qualità e la quantità di cibo. I nostri modelli di consumo dovranno in ogni caso cambiare perché, come hanno sottolineato le Nazioni Unite, al 2050 il mondo consumerebbe, proseguendo di questo passo, risorse pari a 3 volte il pianeta ogni anno.
Ennio Cascetta: Si è sottovalutato clamorosamente il ruolo che trasporti e logistica hanno avuto durante la crisi e che dovranno avere nelle successive per consentire ai cittadini di vivere meglio e alle imprese di lavorare e di rilanciarsi.
Luigi Carrino ci racconta l’avventura durata due mesi, all’inizio della pandemia, per progettare e produrre un nuovo ventilatore polmonare completamente italiano. Un team molto articolato di esperti si è impegnato per reperire tutti i componenti necessari per raggiungere lo scopo. Il risultato è stato conseguito proprio in Regione Campania, ed a questo prototipo è stato assegnato il nome di Hope.
Stefano Lucchini: La pandemia non ha smantellato la terrificante macchina burocratica che strangola lo Stato: a fine gennaio 2021 restavano da realizzare 548 decreti attuativi dei provvedimenti messi in campo per aiutare le categorie più colpite dalla pandemia.
Giovanni Ballarini: Nel 2019 il settore della ristorazione registrava la presenza di quasi 400.000 attività (un locale ogni 150 persone), con una bolla gastronomica che è stata resa ancora più evidente dalla pandemia.
Antonio Franchini: Il libro, durante la pandemia, si è dimostrato ancora una volta un prodotto fragile ma tenace, resiliente. I libri anticipano, sempre, prevedono molto meglio di come possiamo fare noi con i nostri strumenti di rilevazione: basta frugare tra le pagine.
Giulio Tarro ricorda che solo due decenni fa i coronavirus rappresentavano una famiglia virale di cui non valeva la pena di preoccuparsi. Nel 2002 la situazione è cambiata prima con la Sars, che ha colpito 8000 persone in zona provocando mortalità nel 10% dei casi, e poi a macchia di leopardo con la Mers, prima dell’apparizione nel 2019 del Covid-19. Ora, con lo sviluppo dei vaccini, si apre una nuova era per l’applicazione degli RNA messaggeri verso le malattie infettive, in particolare come piattaforma di risposta rapida indirizzata per le emergenze degli scoppi pandemici.
Don Francesco Soddu: La solidarietà e la condizione fondamentale per affrontare in modo costruttivo i problemi che la situazione attuale presenta. È il cemento del corpo con cui tutti viviamo, partecipando ad un destino comune.
Roberto Barzanti, nel suo ragionamento, coglie un punto di estrema attualità, in anticipo rispetto alle cronache di questi giorni: ci sarà una guerra dei vaccini al posto di uno scontro in armi? Sembra di cogliere i confronti tesi che si stanno generando in queste settimane, in Europa e non solo.
Isaia Sales: Quella che stiamo vivendo è la prima grande tragedia collettiva della nostra nazione, una tragedia che coinvolge contemporaneamente tutti i territori e che ha imposto decisioni, disposizioni eccezionali valide per tutti. Il Coronavirus ci ha obbligati a comportarci da unica nazione, una nazione al tempo stesso forte e debole, unità e divisa. Si è dato vita, singolarmente, durante la prima fase della pandemia, ad un vittimismo settentrionale inedito nella storia italiana. Il regionalismo sanitario si è mostrato non un punto di forza ma di fragilità. In qualche modo, il Coronavirus è l’occasione per ripensare all’Italia con una visione del tutto diversa dal passato. Bisognerà vedere se sapremo coglierla per davvero.