Erano presenti molti convitati di pietra nella votazione sull’emendamento leghista che intendeva superare il vincolo al terzo mandato e che è stato bocciato in Commissione Affari Costituzionali del Senato.
In prima battuta il promotore di questa iniziativa era Matteo Salvini, che intendeva mantenere Luca Zaia nella posizione di Presidente della Regione Veneto anche in prospettiva, per evitare di materializzare il rischio di un antagonista alla guida del partito. Ma in controluce, al fianco della iniziativa leghista era schierata la compatta pattuglia trasversale dei presidenti di regione che sono alla vigilia della scadenza del proprio terzo mandato.
Oltre a Luca Zaia, molto interessati a questo passaggio parlamentare erano Vincenzo De Luca, Michele Emiliano, Giovanni Toti e Stefano Bonaccini. Si tratta di autorevoli esponenti della vita politica nazionale che giocano un ruolo importante negli equilibri dei loro partiti. Ne escono tutti con le ossa rotte, soprattutto quelli PD che ha votato contro questa ipotesi.
Torniamo sulla notizia. È stato respinto l’emendamento della Lega per il superamento del vincolo al terzo mandato per i governatori delle regioni. In Commissione Affari costituzionali del Senato si sono espressi contro la proposta di modifica leghista Fratelli d’Italia e Forza Italia, sostenuti da PD, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra. A sostegno della Lega ha votato solo Italia Viva. Azione non ha partecipato al voto. In tutto ci sono stati 4 voti favorevoli, 16 contrari, un’astensione e un parlamentare non ha partecipato al voto.
“Non ci sarà alcun problema in maggioranza”, ha detto il segretario leghista Matteo Salvini parlando delle possibili ripercussioni sulla tenuta del governo nel caso in cui, dopo la bocciatura di ieri in commissione, il parlamento non modificasse la legge sul blocco al terzo mandato dei governatori come chiesto dalla Lega.
“Prendo atto del voto. La strada è ancora molto lunga (…) Natura non facit saltus”, ha commentato il Presidente del Veneto Luca Zaia.
Sul tema era intervenuto anche il governatore della Liguria Giovanni Toti che, intervistato a ‘Mattino Cinque’ su Canale 5, ha affermato: “Sento con grande faccia tosta parlamentari, che sono in Parlamento dagli anni Novanta del secolo scorso, una trentina d’anni mal contati, concionare contro il terzo mandato di sindaci e amministratori che sono sul territorio, il vincolo del terzo mandato non esiste in nessuno Stato d’Europa”. Peccato che il presidente della Regione Liguria abbia omesso di ricordare che negli Stati Uniti, ma anche in Francia, le cariche apicali sono soggette al vincolo del divieto del terzo mandato consecutivo. Toti ha aggiunto: “Il sindaco di Bordeaux è stato in carica per cinquant’anni, il sindaco di Hannover per trentaquattro anni, quello di Nizza lo è da molti anni, nessuno si è mai posto il problema (…) in un Paese come l’Italia dove ci sono ministri, parlamentari, presidenti del Consiglio che si sono avvicendati per decenni, addirittura il presidente della Repubblica sta facendo un secondo mandato e ne sono lieto (…) si sta creando uno scontro tra la periferia e il centro, tra un parlamento scelto perlopiù dalle segreterie dei partiti e quasi tutti i sindaci delle grandi città e i governatori dei territori, che dicono ‘lasciamo scegliere gli elettori’, a me sembra talmente semplice questa cosa, il terzo mandato fu un vincolo messo in un’altra epoca per inseguire un populismo un po’ come quello grillino”.
In effetti il conflitto tra centro e territori costituisce una delle caratteristiche più rilevanti nella storia istituzionale degli ultimi decenni nel nostro Paese, ma in direzione contraria rispetto alle dichiarazioni di Giovanni Toti. Sono le Regioni che hanno progressivamente sottratto competenze al potere centrale, sino a giungere alla prospettiva dell’autonomia differenziata, che sta avanzando a passi rapidi nella discussione parlamentare. Proprio da questo punto di vista sarebbe altamente incongruo non stabilire un limite all’esercizio dei mandati dei presidenti di regione, considerato il potere concentrato che questa carica si potrebbe trovare a dover esercitare. Anzi, una riflessione sui limiti dei mandati dovrebbe essere svolta anche nel corso della ormai prossima discussione parlamentare sulla riforma per il premierato: anche in questo caso la concentrazione dei poteri in una singola persona indurrebbe a limitare il numero dei mandati.
Cosa succederà ora, dopo la bocciatura dell’emendamento per il vincolo di mandato ai presidenti di Regione? La storia non si fermerà qui. I pezzi da novanta che intendono battersi per la prosecuzione della loro esperienza regionale non si daranno certo per vinti. C’è da attendersi una probabile fantasiosa fioritura di proposte tendenti ad assicurare una continuità del loro potere amministrativo.
Vincenzo De Luca ha cominciato una traversata nel deserto del terzo mandato praticamente un minuto dopo aver conquistato il secondo. Continuerà, con la sua consueta tenacia, anche contro il suo partito, contro il quale ha scritto il suo recente libro.