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Dove nascono gli ingegneri del futuro

by Maurizio Giugni
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Inizio queste brevi riflessioni presentando il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (DICEA) dell’Università di Napoli Federico II, di cui faccio parte. Il DICEA è stato costituito il 01.01.2013, nell’ambito delle norme per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario (L. 240/2010), con la fusione di tre dipartimenti “storici” della Facoltà di Ingegneria (Ingegneria Idraulica, Geotecnica ed Ambientale, Ingegneria dei Trasporti, Pianificazione e Scienza del Territorio), e con un significativo apporto numerico e culturale di docenti dell’area di Architettura della Facoltà. Il DICEA, quindi, sin dalla sua costituzione, si è caratterizzato per una composita matrice culturale, in cui si possono distinguere quattro grandi aree tematiche: l’ingegneria idraulica e ambientale (l’acqua e l’ambiente), la geologia e l’ingegneria geotecnica (il suolo), l’ingegneria delle infrastrutture stradali e dei sistemi di trasporto (la mobilità), l’ingegneria edile e la pianificazione urbanistica (l’edificio, la città, il governo del territorio).

Sono passati cinque anni e oggi il DICEA, costituito da oltre sessanta docenti e ricercatori strutturati e da un centinaio di dottori e dottorandi di ricerca, assegnisti e contrattisti, si è consolidato e sviluppato, nella didattica, nella ricerca, nei rapporti con il territorio e il mondo del lavoro. Risultati molto brillanti sono stati conseguiti nella ricerca, in particolare nell’ambito della VQR 2011-2014 (progetto di Valutazione della Qualità della Ricerca, curato dall’Anvur, Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) e della valutazione preliminare sui Dipartimenti di eccellenza. Sono orgoglioso di precisare che, con riferimento all’area 08B-Ingegneria Civile, l’Università Federico II, rappresentata dal DICEA e dal Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura (DIST), si è classificata al primo posto nella VQR. L’impegno del DICEA nella ricerca è testimoniato anche dal notevole numero di progetti di ricerca nazionali e internazionali finanziati negli ultimi anni, che hanno consentito al dipartimento di disporre di risorse finanziarie significative e di avviare attività sperimentali di grande respiro in settori fortemente innovativi e di grande impatto sociale. Cito solo alcuni tra i temi di ricerca sviluppati: la gestione del ciclo integrato delle acque come una Smart Water Network, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti, l’inquinamento idrico, dell’aria, dei suoli e delle falde, i rischi naturali e la difesa, tutela e gestione del territorio, i problemi geotecnici connessi alle grandi opere civili nel sottosuolo urbano (la metropolitana di Napoli!), la mobilità stradale, ferroviaria e delle vie d’acqua, le strategie e best practices per l’incremento dell’efficienza energetica e l’energy saving a scala sia urbana che di unità abitativa, le tecniche tradizionali di conservazione edilizia e i materiali innovativi nell’edilizia urbana… e l’elenco potrebbe proseguire a lungo.

Molto stretto è anche il rapporto del DICEA con il territorio, nel cui ambito sono state messe in essere numerose convenzioni con enti territoriali, industrie, imprese. Vorrei sottolineare anche come la sinergia tra tali attività e quelle di ricerca abbia consentito la costituzione di diverse spin off che stanno muovendo con successo i loro primi passi nel mondo esterno.

Con particolare riguardo alla didattica, senza procedere ad una noiosa elencazione dei Corsi di studio incardinati nel Dipartimento, sono attualmente gestite dal DICEA le filiere (Laurea e Laurea Magistrale) dell’Ingegneria Civile (quest’ultima insieme al Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura), dell’Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e dell’Ingegneria Edile, oltre alla Laurea quinquennale a ciclo unico di Ingegneria Edile-Architettura. Il DICEA, cioè, segue l’intero percorso dei nostri giovani, dall’immatricolazione sino alla laurea magistrale e all’eventuale tirocinio, in settori “classici” che hanno fatto la storia dell’ingegneria (Civile ed Edile) e di più recente attivazione (Ambiente e Territorio ed Edile-Architettura). Si tratta di un impegno molto gravoso, sia dal punto di vista didattico che gestionale, che richiede non soltanto attenzione e dedizione continue, ma anche un’attenta riflessione sulle dinamiche e le esigenze del mondo del lavoro e del territorio.

Per il docente universitario oggi insegnare è più difficile che in passato. Da un lato il sistema didattico del 3 + 2 (laurea triennale e magistrale) e la divisione dell’anno accademico in due semestri hanno ridotto notevolmente il contatto con gli studenti e di conseguenza la possibilità di conoscerli e instaurare un reale dialogo con loro. Dall’altro la continua evoluzione delle conoscenze e delle tecnologie e la possibilità quasi illimitata di attingere informazioni dal web costringe il docente a rinnovare continuamente la sua offerta didattica, scegliendo cosa trasferire agli studenti nel tempo limitato a sua disposizione.

Non è facile per un docente rivedere criticamente i contenuti del suo corso, spesso consolidati nel tempo, e aggiornarli ogni anno, confrontandoli con gli obiettivi formativi del corso di studio e il profilo professionale che si intende costruire. Da questo punto di vista sono preziosi gli incontri di consultazione che ogni anno vengono tenuti a più riprese con il sistema socio-economico, cioè con i rappresentanti del mondo del lavoro. Da queste riunioni sono emerse una serie di considerazioni significative, a cominciare dalla conferma della crisi ormai più che decennale del settore delle costruzioni – che solo quest’anno ha mostrato una sia pur modesta ripresa – e dei suoi riflessi sul placement delle figure professionali connesse al settore civile, il cui mercato è stato non solo ridimensionato ma anche profondamente modificato dalla crisi. E’ stata anche sottolineata l’importanza delle aree della difesa del suolo e della tutela delle acque e più in generale dell’ambiente, e la necessità di una maggiore attenzione dei corsi di studio alle problematiche della obsolescenza del patrimonio edilizio e dei manufatti civili, all’efficientamento energetico, alla progettazione integrata e assistita, agli aspetti manutentivi delle opere e dei sistemi.

Ma soprattutto, a mio modo di vedere, è stata messa in evidenza la necessità di formare ingegneri non solo “delle opere” ma anche “dei sistemi”, in grado di intervenire nei processi di innovazione con una visione più ampia, legata non solo alla progettazione ma anche alla gestione e all’esercizio. Occorre, cioè, curare maggiormente la formazione degli ingegneri del futuro con riferimento alla loro collocazione nel mondo del lavoro, sia all’interno delle imprese (in qualità di datori di lavoro, dirigenti, o comunque in ruoli di responsabilità tecnica ed amministrativa nella gestione delle attività lavorative) che nell’ambito della classiche attività professionali (progettisti, responsabili dei lavori, direttori dei lavori e collaudatori). Tutto ciò senza trascurare l’importanza delle cosiddette soft skills, prevedendo cioè nei percorsi formativi la possibilità di sviluppare anche capacità di collaborazione in team e responsabilità decisionali negli studenti.

Si comprende, quindi (almeno spero…), che il ruolo del docente oggi è complesso. Dobbiamo essere in grado di travasare efficacemente nella didattica i temi sollecitati dal mondo del lavoro e le eccellenze della nostra ricerca. Dobbiamo decidere come articolare i nostri corsi: se utilizzare ancora gesso e lavagna, modalità formative tradizionali, o ricorrere al PowerPoint o al tablet. Dobbiamo riuscire a mettere in contatto lo studente prossimo alla laurea magistrale con il mondo delle imprese, offrendogli un adeguato orientamento e placement “in uscita”. In estrema sintesi, dobbiamo essere in grado di coniugare il “sapere” (pilastro dell’insegnamento) con il “saper fare” (la richiesta del mondo del lavoro). E, aggiungo, dobbiamo allineare una didattica moderna ed efficace con gli altri impegni (ricerca e terza missione), dedicando all’insegnamento la necessaria attenzione, anche se attualmente la didattica assume un valore oggettivamente minore nelle procedure di valutazione dei docenti.

Pur tra tante difficoltà, l’insegnamento è però un aspetto assolutamente affascinante del nostro lavoro: chi scrive è impegnato sia nella laurea triennale che in quella magistrale, ed ha quindi la possibilità di seguire i ragazzi nel loro percorso formativo, valutarne i progressi, vederli maturare, intravedendo in loro i tecnici, i professionisti, la classe dirigente di un domani non lontano. Con alcuni di loro il rapporto si prolunga anche dopo la laurea, ed è un piacere venire a sapere dei loro successi professionali, spesso anche importanti.

Per concludere: forse la didattica che facciamo non è perfetta, ma l’impegno che profondiamo nel proporla e nel migliorarla è veramente grande.

 

Maurizio Giugni

Ordinario di Costruzioni Idrauliche nella Federico II

Direttore del DICEA