Una commedia dolce-amara quella raccontata da Gabriele Salvatores. Tratto da un soggetto di Tullio Pinelli e Federico Fellini – ma sceneggiato dallo stesso regista – “Napoli – New York” è ambientato nel 1949, appena finita la guerra e subito dopo il rientro degli alleati nei loro territori di origine.
Così a Napoli nell’immediato dopoguerra i sopravvissuti morivano di fame, i giovani ragazzi vivevano con piccole vendite di contrabbando e con la “famosa arte di arrangiarsi”. Ma non bastava.
Celestina (una fantastica Dea Lanzaro) e Carmine (il bravissimo Antonio Guerra), due bambini amici cresciuti nei vecchi quartieri di Napoli, dopo lo scoppio di un ordigno bellico rimasto inesploso e che ha provocato il crollo di una palazzina e la morte di numerose persone, si ritrovano entrambi orfani.
Sarà così che i due piccoli protagonisti si imbarcano clandestinamente, un po’ per caso, in una nave che attraversa l’Atlantico, per andare a cercare Agnese (interpretata da Anna Lucia Pierro), la sorella di lei emigrata pochi mesi prima a New York per raggiungere il fidanzato yankee, senza dare più notizie.
Quindi si passa dalle rovine grigie e polverose di una città ancora in macerie ad una colorata e in piena espansione (l’American Dream). Al centro lunghe sequenze in nave dove i due ragazzini, una volta scoperti, riescono poco a poco a conquistare l’equipaggio con il loro modo di comportarsi ingenuo, ma industrioso. I bambini non vedono la cattiveria o la violenza, la differenza di classe li stupisce, ma non c’è alcun livore in loro. Ed è il viaggio che cambierà la loro vita con la solidarietà che diventa una caratteristica dell’umanità delle persone che incontrano: una “fiaba di formazione” senza pietismi o vittimismi.
Il cinefilo Salvatores, attraverso la parte sulla nave evoca volutamente tanti altri film che si svolgono sui transatlantici, da “Titanic” di James Cameron del 1997 a “La leggenda del pianista sull’oceano” di Giuseppe Tornatore del 1998. Poi, una volta a New York, dispiega un mondo visto con gli occhi dei bambini che mi ha ricordato un bel film di Todd Haynes, “La stanza delle meraviglie” del 2017 dove si intrecciano, anche temporalmente, le storie di due bambini a Manhattan.
“Napoli – New York” è ricco di inquadrature e notazioni significative: ad esempio le riprese in cui sono inquadrati i piedi delle persone che camminano a Manhattan, e quella dove Celestina, nel suo smarrimento urbano, finisce al cinema dove proiettano “Paisà”, il film a episodi del 1946 diretto da Roberto Rossellini, e dove lei riconoscerà la sua Napoli.
Senza mai scadere nel grottesco, Salvatores riesce a mostrare brani di mondo con ironia, e proporre diverse tipologie umane. E non solo, ma abbiamo anche modo di apprezzare frammenti variegati di New York, da Harlem a Little Italy.
Il regista ripercorre molte tracce narrative che sappiamo essere frequenti e centrali nel suo modo di fare cinema. Ad esempio, il tema del viaggio da “Marrakech Express” del 1989 a “Tutto il mio folle amore” del 2019, al concetto di appartenenza, rispetto a un luogo, una casa o un sentimento. E come sempre nei film di Salvatores le immagini della narrazione sono accompagnate da una intensa e nostalgica colonna sonora curata da Federico De Robertis, con brani che vanno da quelli di Jimmy Durante a quelli della Nuova Compagnia di canto popolare.
Commovente e sincero il film è interpretato da un cast vario e sorprendente: i due ragazzini sono una effettiva rivelazione, la bravura di Pierfrancesco Favino (il Commissario di Bordo Domenico Garofalo) non delude mai, ma anche i personaggi secondari come Agnese (Anna Lucia Pierro), ha spazio per un suo pezzo di bravura.
Regia di Gabriele Salvatores. Con Dea Lanzaro, Antonio Guerra, Pierfrancesco Favino, Omar Benson Miller, Anna Ammirati, Anna Lucia Pierro, Tomas Arana, Antonio Catania, Italia 2024. Musiche dirette da Federico De Robertis, fotografia di Diego Intraccolo.