“Là fuori, oltre a ciò che è giusto ed a ciò che è sbagliato, esiste un campo immenso. Ci incontreremo lì”. In queste parole di Gialal al-Din Rumi, il grande poeta mistico persiano e teologo sunnita, si misura la distanza tra gli orrori dell’attuale regime sanguinario degli Ayatollah iraniani e le profonde radici culturali dell’umanesimo presente nell’Islam tollerante, quello che ha perso politicamente la partita tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo.
Da settembre a questa parte, la lotta delle donne e dei cittadini iraniani contro la repressione si è acuita. Agli atti di ribellione ha corrisposto un innalzamento della sanguinaria repressione condotta senza pietà e senza quartiere dalla polizia morale. Già solo dare alla polizia questo aggettivo la dice lunga sulle caratteristiche dittatoriali del regime iraniano.
Aumentano le condanne a morte in processi farsa, crescono le esecuzioni talvolta mascherate da incidenti o suicidi. Proprio oggi, l’Iran ha annunciato l’esecuzione di altre due condanne a morte, due uomini accusati di aver ucciso un miliziano della formazione paramilitare Basij durante le proteste che da mesi sfidano il regime teocratico di Teheran. La magistratura iraniana ha identificato i due mandati oggi al patibolo come Mohammad Karami e Mohammad Hosseini e ha reso noto che quattro uomini sono stati giustiziati dall’inizio delle manifestazioni a settembre per la morte di Mahsa Amini.
Secondo l’agenzia di stampa Mizan i due giustiziati oggi sono stati condannati per aver ucciso Ruhollah Ajamian, un membro delle forze Basij, l’organizzazione fondata dopo la rivoluzione del 1979 da Khomeini per islamizzare la società iraniana, oggi pilastro della repressione delle proteste. In cella ci sono in Iran 71 giornalisti, che hanno scelto di non continuare a raccontare le bugie di regime.
In tutto il mondo cominciano a diffondersi manifestazioni di solidarietà.
Oggi è toccato a Napoli, con un flash mob promosso da Marisa Laurito e da un vasto gruppo di uomini e donne dello spettacolo. Un appello web ha raccolto oltre 85.000 firme e l’adesione di oltre settanta associazioni.
In piazza Calenda, davanti al teatro Trianon, erano presenti diverse centinaia di persone. Gente che ancora crede che valga la pena spendersi per ideali, senza un ritorno per sé, ma nel segno di una comune identità umana. Homo sum, humani nihil a me alienum puto, secondo quel grido di Terenzio che dall’antichità continua a gettare il suo eco in un presente sempre meno recettivo.
Tra il pubblico c’erano, in ordine rigorosamente alfabetico: Antonio Bassolino, Alessandra Clemente, Nino Daniele, Giovanni Sgambati, Luigi Vicinanza.
Marisa Laurito ha letto l’appello per la libertà delle donne e dei cittadini iraniani, mentre la scrittrice Valeria Parrella ha declamato le prime strofe del principale poema scritto da Gihal al-Din Rumi. Cerchiamo ancora questo campo immenso, per sfuggire dall’asfissia del terrore, della disumanità, della incultura. Molti artisti hanno condiviso la propria protesta con il linguaggio dell’arte.
Parte anche da Napoli un messaggio forte e chiaro: la nostra libertà non è tale, sino a quando altri non possono goderne. Il terrore si espande a macchia d’olio e, prima o poi, minaccerà anche noi. Combattere per le donne e per i cittadini dell’Iran significa anche combattere per noi. Chi sta fuori da questa lotta ha già deciso di arrendersi quando la nostra libertà sarà in discussione.