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Naples Shipping Week: lo stato dei sistemi portuali

by Pietro Spirito
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In questa settimana si sta svolgendo la Naples Shipping Week, un evento biennale che si svolge in alternanza con Genova, che ormai costituisce l’appuntamento più rilevante di discussione sull’economia marittima e portuale. Stamane si è tenuto un dibattito su “Il sistema portuale, più della somma dei singoli scali”.

Dario Ruggiero, ricercatore di SRM, l’ufficio studi di Intesa San Paolo, ha presentato i risultati di una ricerca su un campione di 400 aziende manifatturiere di tre regioni settentrionali (Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto), effettuata per svalutare gli snodi della logistica nel settore industriale del nostro Paese.

Emerge che il 53% delle aziende intervistate opera con il modello di vendita franco fabbrica (ex works): si conferma ancora una volta che prevale una delega completa del ciclo logistico distributivo, sottraendo in tal modo controllo sul ciclo logistico e sul valore aggiunto legato a tale attività.

Il 34% delle aziende si è riorganizzata assegnando centralità alla sostenibilità in tutto il ciclo della produzione e della distribuzione, compreso quindi anche l’aspetto logistico. Per l’82% delle aziende la digitalizzazione è un fattore cruciale di successo competitivo rispetto alla concorrenza, mentre il 90% del campione intervistato ritiene che gli investimenti previsti dal PNRR siano uno stimolo adeguato alla modernizzazione del sistema industriale.

Per Uniport è intervenuto il Vicepresidente, Pasquale Legora De Feo, il quale ha sottolineato che dopo decenni è ormai divenuto senso comune che se riparte il Sud riparte il Paese, e se si realizzano le infrastrutture migliora la competitività della Nazione. Tuttavia, questa consapevolezza non basta: occorre ora passare a realizzare le riforma che mancano.

Le autorità portuali debbono diventare società per azioni in mano pubblica: su questo punto vale la pena di sottolineare che quando quattro anni fa lo diceva l’estensore di questo articolo le parole cadevano nel vuoto, salvo che da parte dell’allora viceministro ai trasporti Edoardo Rixi.

Occorre poi prendere consapevolezza che i porti non possono svolgere competitivamente tutte le attività, ma debbono specializzarsi per vocazione. Su questo punto andrebbe osservato che sarebbe interessante capire se debbano essere i privati a decidere, oppure le pubbliche istituzioni: a mio avviso è questione che riguarda l’interesse pubblico.

Infine, vanno riviste, secondo Legora, le regole di organizzazione del lavoro portuale, per fare in modo che siano assicurate condizioni di competitività che debbono valere per tutti gli scali nazionali: dovrebbero essere i principi di mercato a guidare un adeguamento nei sistemi di funzionamento del lavoro portuale.

Alessandro Ferrari, direttore generale di Assiterminal, ha richiamato l’attenzione sugli adeguamenti primari che dovrebbero essere apportati agli strumenti con i quali si lavora in ambito portuale: interventi chiari in questi ambiti consentirebbero efficaci e rapidi miglioramenti di efficienza.

Uniformità nel lavoro portuale tra tutti gli scali e forte governance dovrebbero essere elementi centrali per una riforma efficace del sistema portuale italiano. Questo profilo può essere raggiunto se si forma una visione che deve essere capace di incorporare anche gli elementi di novità che si stanno determinando a seguito della pandemia e della guerra ucraina, due forti discontinuità nello scenario economico mondiale.

Per Confetra è intervenuto il Presidente di Confetra Mezzogiorno, Domenico De Crescenzo, che innanzitutto ha evidenziato che la riforma portuale ha consentito di eliminare i conflitti di interessi e di ridurre i fattori di cannibalizzazione tra porti limitrofi.

Proprio perché la logistica non si esaurisce nei porti, è indispensabile migliorare le connessioni con la rete ferroviaria, stradale ed autostradale: la competitività degli scali marittimi dipende anche dalla capacità di ridurre il grado di congestione e di favorire un alto tasso di rotazione delle merci. Da questo di vista va posta costante attenzione sulla velocità dei controlli, che sono molteplici e spesso non contestuali, contribuendo all’indebolimento competitivo del ciclo logistico.

Sulla visione strategica, siamo più orientati ad analizzare il passato invece di prevedere e governare il futuro. Manca una politica logistica per il Mediterraneo, che costituisce l’elemento centrale per dare respiro competitivo agli scali portuali, soprattutto a quelli del Mezzogiorno del nostro Paese.