Sabino Cassese è uno dei massimi giuristi italiani, già professore di diritto amministrativo e pubblico ed autore di una sterminata produzione scientifica, oltre ad essere stato Ministro della Funzione Pubblica nel governo Ciampi e giudice costituzionale ed aver ricoperto molti prestigiosi incarichi.
Tuttavia la straordinaria peculiarità di Cassese è di esprimersi come intellettuale impegnato a trecentosessanta gradi nel dibattito pubblico, conferenziere e saggista prolifico, in grado di coniugare – con acuto metodo interdisciplinare e comparatistico – l’analisi giuspubblicistica con elementi di geo-storia, economia, politologia, scienze statistiche e sociali.
Tra le sue più’ recenti pubblicazioni vi è un arguto e lucido saggio, dal titolo evocativo “Miseria e nobiltà d’Italia” (per i tipi di Ed. Solferino, 2024), che in trentuno “dialoghi sullo stato della nazione” analizza e tratteggia gli elementi di declino e decadenza ed al contempo le aree di eccellenza e positività del nostro Paese, in un intreccio sempre contraddittorio e prismatico.
Un primo aspetto di originalità risiede nell’impostazione dialogica del testo – richiamante un antico genere letterario, sviluppato dai greci agli illuministi francesi sino ad oggi – che si snoda attraverso una serie di immaginari dibattiti tra due o più voci (l’ottimista e il pessimista, l’italiano e l’antitaliano, il continuista e il discontinuista, il nazionalista e l’europeista ecc…), che sono naturalmente quelle dello stesso autore in discussione con se stesso.
I temi sono ricorrenti e tra essi strettamente concatenati: dall’attualità politico-costituzionale alla condizione ed alle prospettive della Repubblica; dalle tare strutturali – storiche ed odierne – di uno Stato onnipresente ma al tempo stesso introvabile, all’Italia in controversa transizione verso un nuovo regime a seguito della svolta politico-elettorale del 2022; dalla disaggregazione dell’amministrazione alla non condivisibile politicizzazione del sistema giudiziario e, soprattutto, della magistratura requirente; dalle ipotesi di premierato all’autonomia regionale differenziata.
La scelta del metodo dialettico non è casuale ma riflette l’impostazione argomentativa dell’autore, che con rigore e oggettività intellettuale preferisce ragionare e non limitarsi ad asserire, approfondire e non parteggiare, analizzare senza pregiudizio prima di valutare ed esprimere la propria opinione. E’ il metodo dell’intellettuale mediatore, alla Norberto Bobbio, che si attesta sul dialogo razionale fatto innanzitutto di aperture verso l’interlocutore, ascolto e messa in discussione della propria tesi.
Cassese documenta e quantifica frequentemente le sue analisi con il supporto obiettivo di dati, numeri, percentuali, statistiche anche in forma di rapporti comparati. Ad esempio, l’Italia ha pochi lettori di libri, solo il 39,3 % della popolazione di più di sei anni, e – soprattutto – pochi laureati, il 29,2% di chi ha dai 30 a 34 anni con proporzione ben inferiore all’obiettivo europeo del 40%, pur evidenziandosi che alcuni di questi – per la loro intelligenza e preparazione – sono tanto ricercati e valorizzati sul mercato estero da far temere un impoverimento del capitale intellettuale del Paese.
Ancora evidenzia che in Italia la spesa per la protezione sociale – 32,5% del PIL – è destinata in prevalenza alla funzione vecchiaia (47,3%) e malattia (23%), ma la spesa sanitaria per abitante è di 2.851 dollari contro quella di 5.905 della Germania.
Il giurista irpino sottolinea – tra gli aspetti negativi di ” miseria” – la fragilità dell’identità italiana e dei suoi governi segnati dalla loro scarsa durata media, gli indicatori di declino demografico, lo stato di continua transizione nel succedersi delle crisi che però divengono anche fattori di cambiamento, i deficit storici ed i ritardi nel processo di formazione dello Stato, la debole complessione del nostro sistema amministrativo, caratterizzato dalla pratica dello “spoyl sistem” e dai patronati politici nelle nomine delle alte cariche, la frequente mortificazione del criterio del merito e della competizione concorsuale a dispetto del principio costituzionale della valorizzazione dei capaci e meritevoli.
Ed ancora, tra le criticità, l’autore sottolinea la partecipazione politica scarsa e nettamente declinante, sia in termini di elettorato attivo che di iscrizioni ai partiti politici; le continue incertezze sulla formula elettorale, frequentemente modificata (dal 1994 al 2017); la condizione dei partiti in forte declino nella società – non più associazioni ed organizzazioni di massa – che fanno per lo più politica “gladiatoria” ma sempre potenti nello Stato; la inadeguata preparazione dei parlamentari e della legislazione che essi producono ai limiti della incomprensibilità, ecc…
Ma non sono solo carenze e difetti quelli stigmatizzati dall’intellettuale atripaldese, ma anche profili di qualità ed eccellenza con pregi e virtualità, soprattutto nel pluralismo della partecipazione sociale ed associativa – che ha sopravanzato di gran lunga quella politica – e nei corpi intermedi che ne sono espressione di vitalità.
Emergono la ricchezza del tessuto sociale, la diffusione ed il consolidamento della democrazia ai livelli territoriali, le aspettative di vita degli italiani tra le più elevate in Europa, la dimensione della ricchezza privata ben superiore a quella del debito pubblico… solo per citare alcuni punti tra i più significativi.
Cassese osserva che le istituzioni italiane rappresentano oggi più che mai un cantiere aperto tra riforme realizzate e proposte. Ridotto dalla recente revisione costituzionale il numero dei parlamentari, ridisegnati i collegi elettorali, modificati parzialmente i regolamenti parlamentari, si discute oggi della possibile introduzione della cd. sfiducia costruttiva, certamente utile a stabilizzare i governi ma che ridimensionerebbe il ruolo del Presidente della Repubblica, di nuove modifiche alla formula elettorale ed alla base regionale del Senato e quindi al regime dei poteri istituzionali con i suoi delicati equilibri.
Molto interessante è la riflessione del post-pandemia sulle modificazioni sociali prodotte dal telelavoro (smart working), che ora riguarda circa il 40% dei lavoratori ma si distribuisce in modi diversi tra le funzioni medio-basse e quelle medio-alte, con l’emergente rischio di una divisione per classi lavorative, laddove bisogna gestire avvedutamente la transizione dalla tradizionale modalità di lavoro – definita dall’unità spazio/temporale – alle nuove forme che prescindono dall’orario di lavoro, con tutte le loro conseguenze gestionali ed organizzative.
Con riferimento al problema della corruzione, l’autore esprime una riserva sulla reale funzionalità dell’ANAC – un nuovo “organo custode della moralità pubblica” – da cui è stato tra l’altro attivato “un meccanismo che, mentre corre il rischio di acciuffare pochi corrotti, spaventa un’amministrazione già carica di adempimenti”.
Il giurista inquadra la sua trattazione dialettica in una dimensione comparatistica di livello sovranazionale ed ultra-statale, muovendo dalle controverse e incerte prospettive dell’Unione Europea (un gigante regolatorio e al contempo un nano finanziario) ai processi di globalizzazione, sino ad una riflessione conclusiva e preoccupata – ma non necessariamente pessimistica- sulle lezioni derivanti dalla guerra e sul presunto tramonto dell’Occidente nello scenario mondiale.
La disamina della situazione risulta severa e rigorosa seguendo intense coordinate concettuali e riporta un affresco dell’Italia realistico e disilluso, venato – pur nelle aperture dialettiche – da un razionale pessimismo intellettuale che viene però compensato da ampi e motivati slanci, facendo trasparire un necessario ottimismo della volontà e dell’impegno civico.
In definitiva Cassese interpreta magistralmente il ruolo dell’intellettuale engagé, cioè del saggio opinionista stimolatore del dibattito pubblico, figura da lui stesso tratteggiata in un bel saggio del 2021 (proprio dal titolo ” Intellettuali”), ruolo reso più difficile nell’epoca dell’eplosione dei social, del populismo antintellettualista e del demagogico “uno vale uno”.
In un momento di profondo svuotamento del pensiero e dello spazio pubblico – e soprattutto della cultura politica delle classi dirigenti e della loro capacità analitica e propositiva – lo studioso contemporaneo, con metodo interdisciplinare, deve saper esplorare la realtà complessa e contraddittoria del nostro tempo nei suoi aspetti prismatici, inquadrandola in una visione aperta e non localistica, comparare i fenomeni per meglio comprenderli nelle loro connessioni, fornendo così alla comunità ed al pubblico più adeguati e razionali strumenti di interpretazione e valutazione ermeneutica.
Ecco perché il libro di Sabino Cassese merita di essere letto e meditato come strumento di formazione e di accrescimento del capitale civico, oltre che per stimolare ulteriori spunti di approfondimento e ricerca su temi e problemi di vivissima e cangiante attualità, che richiedono confronti, analisi e soluzioni dialettiche e condivise.