Giugliano in Campania, 27 febbraio. I finanzieri della locale Compagnia, nel corso di un controllo per accertare eventuali speculazioni finanziarie sui prodotti sanitari, quasi introvabili di questi tempi, sequestrano 10.000 mascherine in una parafarmacia di Varcaturo.
A seconda del tipo di mascherina, venivano vendute con un ricarico, rispetto al prezzo di acquisto, del 6.150% e del 300%. Avete letto bene: 6.150%.
Napoli, 16 marzo, ieri. Su disposizione della Procura della Repubblica di Napoli Nord, i finanzieri consegnano le mascherine sequestrate agli incaricati dell’Azienda Ospedaliera dei Colli per essere utilizzate dall’Ospedale Cotugno di Napoli.
La cessione al Cotugno avviene al reale valore di mercato, ossia 600 euro. Come ci ha detto il Capo della Procura, Francesco Greco, “Per un motivo tecnico non era possibile una donazione. Infatti, dobbiamo mantenere in sequestro la somma corrispondente al valore nella eventualità che, a seguito del processo, il giudice possa poi disporre la restituzione. Pertanto, abbiamo seguito la procedura della vendita anticipata, disposta dal PM assegnatario, al valore di acquisto o, comunque, al valore normale di mercato. Per cui tutte le mascherine, circa diecimila, sono state vendute a 600 euro”.
Fatti due conti, a sciabolate, perché non sappiamo quante mascherine sono di un tipo e quante dell’altro, la parafarmacia ci avrebbe guadagnato intorno ai 30.000 euro.
Grazie all’impegno e alla vigilanza della Procura di Napoli Nord e della Guardia d Finanza, questa storia incresciosa è finita bene. Ma abbandoniamo tutta la retorica sull’empatia dei Napoletani. Sul loro istintivo solidarismo. Sul loro stile di vita tutto baci e abbracci. Siamo come tutti gli altri, in ogni parte d’Italia e del mondo. Anzi.