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Marx è vivo o morto? Il convegno a Villa Mirafiori.

by Bruno Gravagnuolo
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Venerdì 26 gennaio, Villa Mirafiori a Roma, giornata di studi a Roma ormai inusuale su Marx: “I marxismi del Pci“, sotto l’egida della Sapienza e dell’associazione Futura Umanità. Una giornata di studi dedicata al marxismo del Pci con le sue scuole. Oggi pare archeologia, benché sia assurdo – grazie Pd! – stante che Marx resta uno strumento chiave in tutto il mondo, in economia e in storia. Ma anche in altre scienze umane. Marx che ha avuto altissime quotazioni negli ultimi anni come risulta dai media e sondaggi e che la ripresa in Germania dell’Opera Omnia, con inediti cruciali, rilancia.

Marx dicevamo, per la nostra Sinistra è poco più che un rudere. Se ne occupa la Destra con la Fondazione Colletti di Brunetta e se ne occuperà ancor di più. Garantito! E già se ne vedono i segnali. A Villa Mirafiori però c’era tutta gente dell’ex Pci e dintorni. Studiosi, uomini e donne seri e di valore, coordinati da Alessandro Hoebel per l’associazione Futura Umanità.

Trascegliamo due temi di fondo: dialettica ed economia. E cioè Marx/Hegel e la scienza critica marxiana. Intrecciatissimi. Per il nesso intrinseco di Marx con la più grande sintesi della cultura e civiltà borghesi – Hegel – e per il tema della scientificità economica di Marx. Il tutto connesso con la politica del Pci. A prima vista roba teologica e invece prammatica. Perché in ballo c’era il dilemma continuità-rottura con il capitalismo e l’idea stessa dell’economia a venire. Tanti contributi e forbite relazioni. Da Vittoria Franco a Francesca Izzo, a Stefano Petrucciani e Michele Prospero, Marcello Mustè, Corrado Morgia, Giorgio Mele, e Guido Liguori, studioso gramsciano.

Ecco allora il nostro nucleo: dialettica ed economia, su cui si consumò il clamoroso ripudio di Marx da parte di Colletti nel 1974. Che anticipa uno smottamento generale, mentre il Pci dal canto suo si disinteressa del tema, con il pretesto della neutralità in materia, a favore del concreto agire politico. Grave errore di pragmatismo, mentre così si consuma una crisi di egemonia che gli apparati culturali fronteggiano a fatica.

E allora: la sociologia critica marxiana è compatibile con la dialettica? Se intesa come contraddizione logica e dunque mistica e volta al finalismo risolutivo messianico? La risposta del convegno ci è parsa affermativa. E in due sensi. Primo: la dialettica di Marx è altra da Hegel e materialistica. Oppositiva, quindi circolare ed espositiva della totalità organica del capitale con le sue diverse categorie: merce, lavoro, denaro, capitale, rendita, profitto, capitale fisso e variabile, etc. Ciascuna con l’una dentro l’altra, e coimplicantesi.

Ogni paradigma scientifico è fatto così: una totalità strutturata. Anche la relatività, o la meccanica newtoniana. E tuttavia, a differenza dell’economia borghese, quei concetti non sono cose magiche o formule naturali. Dentro di esse c’è il conflitto intra umani e tra umani e natura. E anche tra sessi.

La merce nasconde il lavoro e la subordinazione del lavoro. Il lavoro non è neutro ingrediente: è lavoro umano espropriato e diviso tra tempo di lavoro per il capitale e tempo di lavoro per la propria auto riproduzione. E così il Capitale a sua volta include come cosa sua il Lavoro, che a sua volta introietta come cosa non sua il Capitale, a cui per contratto appartiene.

O ancora: il saggio di profitto cade tendenzialmente, perché la tecnica riduce il lavoro e dunque anche la massa salariale. Con la miseria del precariato flessibile. Ma con essa riduce anche la capacità di realizzare sul mercato globale il valore prodotto a minor costo.

Poi ovviamente vi sono i correttivi politici, previsti e non previsti da Marx, a correggere l’economia di mercato. Che nel frattempo si è allargata al mondo, arricchendosi di nuovi segmenti e nuove figure che creano ricchezza nella catena del valore. Tutte cose nettamente intraviste già da Gramsci nei Quaderni del Carcere negli anni Trenta. A partire dal consumo e dalla distribuzione. Quanto valore crea la produzione di immagini? Che avvolge e veicola la merce? Che è essa stessa merce? Che nell’interazione stessa col fruitore crea valore? Il prosumer: consumatore produttore. Da Ikea a Fb!

E quanto valore crea l’innovazione di prodotto e la stessa organizzazione del lavoro? Le macchine stesse ben usate? Bene, il convegno si è chiuso su queste domande. Chiarendo che la dialettica di Marx era esposizione di opposizioni reali, racchiuse in concetti sperimentali (Prospero). Profetico lo sviluppo del capitalismo nel suo contrario?

Ad avviso di chi scrive no. Solo possibile e sottoposto a varianti già in Marx. Diverso il parere di Petrucciani: la struttura del concetti marxisti è ‘teleologica’, similmente a quelli di Hegel.

In conclusione: Marx è vivo o morto? Vivissimo! Attuale. E tuttavia fu proprio la crisi del Pci ad accorciarne la vita in Italia. Lasciando che il tema restasse una mera disputa tra studiosi, senza stimolare alcuna ricaduta sulla sua cultura politica e sulla revisione di Marx stesso. Al Pci bastava il primato della politica di Gramsci e Togliatti. Ma così il Pci mandò in malo modo al macero Marx e se stesso. Tenendo Marx nel salotto buono delle dispute accademiche. E senza revisionare se stesso e Marx, per affrontare le sfide degli anni ‘90. Ora con questo Pd il tutto resta ancora un ‘come eravamo’. O al massimo un deludente ciò che non siamo e un ciò che non vogliamo…