Carlo Calcagni, Colonnello del Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano, vittima del dovere, riformato per cause e fatti di servizio, sta per pubblicare una nuova opera di cui ha divulgato solo un incipit, insieme ad una canzone da lui composta.
Di seguito il testo del brano, con uno stralcio della nuova opera autobiografica in uscita nei prossimi mesi, dal titolo “Mai Arrendersi”.
Ricordiamo che il Colonnello Calcagni è affetto da anni, come tantissimi militari, da numerose patologie provocate dalla contaminazione di polveri sottili tossiche, metalli pesanti, tra cui Uranio Impoverito, Cesio e Torio, radioattivi, a cui fu esposto durante la missione internazionale di pace nei Balcani tristemente nota per i danni subiti dai militari italiani, tanti di loro deceduti, proprio a causa di quelle negligenze di cui mai completamente sono state chiarite le responsabilità.
Della vicenda si narra magistralmente nella pellicola del 2010 “Le ultime 56 ore”” film del 2010 diretto da Claudio Fragasso.
La pellicola, con protagonisti Gianmarco Tognazzi, Luca Lionello e Barbora Bobuľová, sceneggiata da Rossella Drudi, tratta l’argomento della cosiddetta sindrome dei Balcani, ovvero la lunga serie di malattie – per lo più linfomi di Hodgkin e altre forme di cancro – imputabili all’uso dell’uranio impoverito, che hanno colpito i soldati dell’Esercito Italiano al ritorno dalle missioni di pace internazionali.
Questo film è stato dichiarato di interesse culturale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e, nonostante la tematica trattata, ha ricevuto il sostegno del Ministero della Difesa. È uscito nelle sale italiane il 7 maggio 2010.
“Io, soldato
Mi chiamavano eroe,
ma io ero solo un uomo,
con il cuore in marcia e lo sguardo fisso,
lontano da casa, oltre i confini del sole.
Non ho portato armi per distruggere,
ho portato speranza, ordine, pace.
Era il mio dovere, mi dicevano,
ed io l’ho fatto, con dignità e silenzio.
Non sapevo che il nemico fosse invisibile,
che respiravo morte,
che la polvere si sarebbe infilata
nelle vene, nel fegato, nelle ossa,
fino a spegnere il battito.
Ora porto addosso una guerra diversa,
che combatte dentro di me, ogni giorno,
e io perdo, lentamente,
perché la giustizia non cura
e la memoria non consola.
Morire così,
non per un colpo nemico,
ma per aver fatto il mio dovere,
mi lascia un sapore amaro,
di rabbia e solitudine.
Eppure, non rinnego nulla:
sono stato un soldato,
un uomo che ha creduto,
che ha dato tutto,
anche quando tutto gli è stato tolto.
Se queste parole resteranno,
allora non sarà invano,
e in questo morire
ci sarà ancora un frammento di me,
a raccontare una verità che non si deve dimenticare.”
Carlo Calcagni
“Mai Arrendersi.
Le prime luci dell’alba illuminavano il cielo sopra la base militare. Carlo Calcagni si trovava al centro del cortile, indossando la sua uniforme impeccabile, simbolo di una vita dedicata al servizio. Era il 1996, e la sua missione in Bosnia non era solo un dovere: era una chiamata.
La guerra aveva lasciato cicatrici profonde su quella terra, ma Carlo, colonnello dell’Esercito Italiano, sapeva che il suo compito andava oltre l’ordine del giorno. Ogni giorno incontrava volti segnati dalla paura, mani tremanti che cercavano aiuto, e occhi di bambini che imploravano un futuro migliore. La sua missione non era fatta di battaglie, ma di pace.
Quello che Carlo non poteva sapere era che quella terra, già devastata dalla violenza, nascondeva un nemico silenzioso. Mentre lui si muoveva tra polveri e detriti, una minaccia invisibile cominciava ad annidarsi nel suo corpo: metalli pesanti, uranio impoverito, tossine che penetravano lentamente e inesorabilmente.
I primi sintomi arrivarono come un sussurro. Tornato in Italia, si accorse che qualcosa non andava. I dolori erano persistenti, il respiro sempre più corto. Iniziò un pellegrinaggio tra medici e ospedali, mentre il suo corpo si ribellava. Gli esami confermarono la terribile realtà: il suo organismo era compromesso, colpito da una serie di patologie multiorgano che avrebbero piegato chiunque.
Ma Carlo Calcagni non era chiunque.
Ogni giorno diventava una battaglia. Le terapie erano estenuanti, ma non sufficienti a placare il dolore. Ogni respiro era una sfida, ogni mattina un interrogativo. Eppure, Carlo non si arrese. Si impose un motto: Mai Arrendersi.”
Carlo Calcagni
Attendiamo la pubblicazione dell’opera.
Anna Di Vito. Free lance, conosciuta con lo pseudonimo di Ripley Free Giornalista, studi classici, comunicazione e cronaca di Inchiesta, scrittrice, addetta alla Comunicazione, esperta in giornalismo Investigativo. Autrice di opere di cronaca romanzata noir e thriller. Organizzatrice di eventi culturali. Attenta alle questioni sociali, alle minoranze, ai dimenticati delle istituzioni.