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Ma il Meridione guarda a sinistra

by Luigi Gravagnuolo
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Man mano che passano i giorni e si deposita la polvere, si comincia a vedere meglio cosa hanno infilato nelle urne gli Italiani che si sono recati a votare gli scorsi 8 e 9 giugno. E si ha la sensazione di uno scarto tra la percezione degli esiti del voto tra i cittadini ed i numeri reali. Il gran trionfo delle destre, o se si vuole, delle forze che sostengono il governo Meloni percepito tra la gente e sbandierato da tanta stampa, non si vede. Beninteso, nessuno può accomunare il dato italiano a quelli francese e tedesco, che hanno segnato una vera e propria débâcle delle forze di governo, ma i segni di una qualche difficoltà della maggioranza di governo, di un inizio di logoramento, ci sono stati anche da noi.

Confrontiamo i numeri attuali con quelli delle europee del ‘19. Sul piano nazionale i rapporti di forza tra le formazioni oggi in maggioranza nel Parlamento italiano e l’attuale opposizione sono restati pressoché inalterati. Più che altro si è verificata la consueta transumanza di voti all’interno degli schieramenti.

Ma vediamo. Evitiamo di conteggiare i voti assoluti, a causa del notevole scarto in negativo dell’affluenza al voto. Che di per sé è un problema a parte. È infatti ovvio che, se rispetto al 2019 si sono recati alle urne oltre quattro milioni di elettori in meno, come difatti è stato, in valori assoluti tutti i partiti, chi più chi meno, hanno perso voti. Atteniamoci perciò ai valori percentuali.

Estrapoleremo dai nostri calcoli alcune formazioni che pure hanno ottenuto un piccolo, ma non insignificante consenso, ma non sono assimilabili ad uno dei due schieramenti in competizione e presenti nelle istituzioni; o dei tre schieramenti, se si vuole considerare il Centro un’aggregazione a parte. Ad esempio, non abbiamo preso in considerazione la lista Pace, Terra, Dignità, pur se dichiaratamente di sinistra. Essa, infatti, per un verso non è presente nelle istituzioni, quindi non può essere considerata parte delle attuali opposizioni parlamentari; per altro verso, a nostro avviso, non è neanche aggregabile ad un potenziale campo largo che vada da Italia Viva al M5S. Il quale già di per sé sarebbe un campo a dir poco problematico.

Dunque, FdI+FI+Lega nel 2019 insieme ottennero il 49,5% dei voti validi. Le stesse forze in questa tornata hanno raccolto il 47,9%. Meno 1,6%.

Dall’altra parte, operando per comodità delle forzature – discutibili, ne siamo ben consci – ad esempio aggregando il M5S del 2019 al campo del Centrosinistra, o SUE ed Azione oggi allo stesso schieramento, all’opposizione è andata leggermente meglio: più uno per cento (dal 47% al 48%).

Ma stiamo lì, i rapporti di forza tra maggioranza ed opposizione non risultano sostanzialmente modificati dal 2019 ad oggi. Lo sono viceversa quelli interni agli schieramenti.

Tra le forze di governo FdI ha confermato l’exploit delle politiche di due anni or sono, quasi quintuplicando su scala nazionale la percentuale delle europee del 2019 (dal 6,5% del ‘19 al 28,8% attuale). Ne ha fatto le spese la Lega di Salvini, che ha perso i tre quarti della sua percentuale (dal 34,3% al 9%). Leggeri miglioramenti per FI, ma niente di che.

Nel Centro-sinistra il M5S ha quasi dimezzato la sua percentuale (dal 17,1% del ‘19 all’attuale 10%), a vantaggio del Pd (dal 22,7% al 24,1%) e dell’Alleanza Verdi e Sinistra (dal 4% al 6,8%). È appena il caso di spendere due parole su AVS: sono loro i veri mattatori di questa tornata, gli unici che hanno guadagnato sia in percentuale che in valori assoluti (+2,8% e + 500mila voti).

Avrebbe potuto essere analogo l’incremento del centro liberal-europeista, se i due galletti autonominatisi leader non si fossero beccati tra loro vanificando le speranze di tanti riformisti.

Dunque, sul piano nazionale dal ‘19 ad oggi poco è cambiato.

Non così nel Collegio meridionale, dove le cose sono invece variate non di poco. E in peggio per la maggioranza che governa l’Italia. Non tanto per la sua perdita percentuale nel collegio, del tutto analoga al dato nazionale, meno 2%, ma per la distanza dall’opposizione, che nel ‘19 nel Mezzogiorno era di dieci punti percentuali – 53,9% alle attuali opposizioni, 43.3% alla maggioranza in questa legislatura – ora è di quattordici punti: 55,1% contro il 41,1%.

Chiudiamo con la Campania. Il Centrosinistra o, meglio, le opposizioni al Governo Meloni hanno chiuso col 61% dei voti validi contro il centrodestra al 31%. Trenta punti percentuali di distacco.

Eppure c’è in Italia chi già annuncia trionfi del centrodestra alle prossime regionali. Bah!