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Lo shopping secondo Fontana

by Luca Rampazzo
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Premessa: il 18 dovrebbero riaprire i negozi non alimentari. Non tutti, ovviamente: barbieri ed estetisti attenderanno il 1° giugno insieme ai ristoratori (non per asporto). Però una serie di negozi alzeranno le saracinesche. E si pone il problema di gestire i flussi in entrata, in uscita ed evitare la ressa. Il Governatore Fontana ha, avuto, quindi un’intuizione: si apre tutti dopo le 11, quando la gente è andata a lavorare. La sua motivazione è lineare: si consente alla clientela di entrare “dopo l’ultima fascia oraria d’ingresso dei lavoratori”. Il tutto per “disincentivare gli spostamenti per motivi diversi dallo spostamento casa-lavoro, nelle fasce orarie di punta” oltre che “lo scaglionamento degli orari di lavoro dei 410 mila dipendenti pubblici e privati, a partire da una prima fascia oraria dalle 7 alle 8 con finestre di ingresso flessibili su quattro ore”.

Questa idea non ha, in realtà, scaldato molto i cuori.

“In città grandi come Milano o in altri centri urbani medi e grandi la maggior parte degli orari di lavoro del commercio è già diversificata. – commenta Elena Lattuada, segretaria generale di Cgil Lombardia – Alla Rinascente o al Coin c’è l’orario continuato che dura fino alle 20. Tutt’altra cosa è pensare di applicare gli stessi orari nei negozi di piccole dimensioni con un dipendente o magari in altre zone del territorio lombardo”.

“Il commerciante è in imprenditore e ha interesse a tenere aperta la propria attività negli orari in cui c’è la clientela.” Sottolinea Barbieri, segretario generale dell’Unione del Commercio: “I flussi orari dei negozi non si cambiano con uno schioccare delle dita. La rimodulazione è solo uno degli anelli di un piano organizzazione, ma non è il primo da cui partire. Prima dobbiamo prima sapere quale sarà la situazione tra qualche mese. Quali saranno i nuovi orari degli uffici. Saranno questi fattori a incidere sui flussi nei negozi e sugli orari e non il contrario. Se l’orario del pranzo si sposterà dalle 13 alle 15 i ristoranti si adegueranno. Ma non si può non tenere conto che il costo del lavoro di una cassiera è diverso alle 10 di mattino rispetto alle 22”.

Al di là delle corrette considerazioni esposte qui sopra, la vostra redazione di Milano ha un punto di vista un po’ diverso. Non lavorando o possedendo un negozio io sono solo un umile cliente. Che, per ragioni varie, ha una finestra utile di spesa concentrata tra le 10 e le 12, una volta la settimana. Quindi alle 11 ho potuto assistere all’allungarsi allucinante delle file al supermercato. Chi ha avuto la bontà di leggermi sa che di giovani, giovani adulti o in genere persone sotto i 65 anni ce n’erano davvero poche in giro. Chi affolla le strade, a quell’ora, sono gli anziani.

Anche perché i lavoratori non hanno grandissime disponibilità economiche, con la Cassa Integrazione in ritardo, i 600 euro solo a pochi ed i buoni spesa mai realmente partiti a Milano. Chi, invece, è messo più o meno come due mesi fa sono i pensionati. Per cui aprire alle 11 non risolverebbe, secondo i miei dati empirici, minimamente il problema degli affollamenti. Anzi, se possibile lo peggiorerebbe. Perché gli anziani andrebbero tutti alla medesima ora, prima di pranzo, poi ci sarebbe la folla di quelli che fanno part time. Ed infine il rientro dei lavoratori. Sempre, sia chiaro, che ci sia questa ansia di consumare.

Ed è forse il dubbio più grande: quante persone sognano ancora quel vestito provato a febbraio, che oggi non si sa se sia ancora sugli scaffali? Qualcuno, di certo, lo fa. Ma quanti siano è un mistero. C’è un altro dubbio, forse esagerato e forse cavalcato da qualcuno ad arte: quanti negozi si potranno permettere di riaprire, con sanificazione e tutto? E quanti vorranno rischiare la roulette russa della responsabilità civile e penale dei clienti che si ammalano di Covid? Milano è l’ultimo focolaio attivo d’Italia. Probabilmente, numeri alla mano, si spegnerà entro il 22 maggio. Ma questo solo se non cambierà nulla. E le folle che si muovono su e giù per i parchi non fanno ben sperare.

Insomma, i problemi ci sono e sono seri. Ma siamo veramente sicuri che, tra di essi, si possano davvero contare gli orari di apertura per regolare gli accessi? E se sì, spostarli in avanti, di fatto favorendone l’uso agli anziani non va contro tutto quello che sappiamo di questa malattia? Le mie domande, non sono certezze. Spero che il Governatore risponda. E dia un razionale diverso e più forte per l’ora di riapertura. Sempre voglia insistere su questa strada, sia chiaro.